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The China track, come funziona l’ultimo stratagemma di Cina e Russia sui pagamenti

Dopo anni di tentativi andati a vuoto, la Federazione e il Dragone provano ancora una volta ad aggirare le sanzioni. Con le grandi banche della prima che chiedono l’aiuto degli istituti del secondo

Il trucco, stavolta, potrebbe anche essere riuscito. Cina e Russia hanno trovato l’ennesimo escamotage per passare attraverso le maglie delle sanzioni e garantirsi un minimo di flusso finanziario. Breve riassunto. Da quanto gli Stati Uniti hanno aumentato la gittata delle misure contro Mosca, prevedendo la possibilità di colpire le istituzioni finanziarie che mantengono legami con l’ex Urss, in Cina ha cominciato a diffondersi una certa preoccupazione, specialmente tra le banche. E questo per un motivo molto semplice: permettere transazioni e pagamenti da e per la Russia, avrebbe significato essere passibili di sanzioni, in quanto accusati di collaborare e sostenere l’economia del Cremlino.

L’irrigidimento cinese ha creato non pochi problemi alla Russia. Come vendere petrolio e gas ai vicini di casa, Cina in testa, se poi non era possibile essere pagati? Nei quasi tre anni di estromissione dal circuito Swift, il principale network di pagamenti occidentali, gli istituti russi hanno dovuto ingegnarsi, ricorrendo a pericolose triangolazioni, anche con l’Iran. Il gioco non sempre è riuscito, altrimenti non si spiegherebbe l’ultimo stratagemma messo in campo da Cina e Russia. Il nome è tutto un programma, The China track. Ma, giurano non poche fonti consultate da Reuters, potrebbe funzionare.

Bisogna partire dal presupposto che in questi ultimi anni il commercio della Russia con la Cina ha raggiunto un record di 245 miliardi, nonostante i citati problemi di pagamento e le commissioni fino al 12%. Ora, il nuovo sistema è stato concepito e messo a terra da importanti banche sanzionate, specialmente russe, e coinvolge una rete di intermediari registrati in Paesi che la Russia considera amichevoli. Ora, tutto avviene lungo un asse che collega le prime 20 banche russe con alcune, più piccole, cinesi. Quest’ultimo non è un dettaglio, dal momento che tradizionalmente più piccolo è un istituto, maggiori possibilità ha di sfuggire alle sanzioni.

E così, i grandi lavorano con i piccoli. Questo garantisce, almeno per quanto concerne la Russia, di essere pagata per le forniture di idrocarburi. E anche a un costo minore. The China track, infatti, calcola commissioni di circa l’1% per le importazioni e dello 0,5% per le esportazioni, rispetto al 2-4% al di fuori del sistema. “Questo schema consente il lavoro diretto con 11 province cinesi, che producono la maggior parte delle merci che vengono esportate in Russia e che a loro volta ricevono forniture da Mosca. Il costo è calcolato in base al tasso di cambio ufficiale, senza spread in cima”, ha detto un banchiere, rimasto anonimo.

In passato, come detto, il Cremlino aveva tentato la sponda iraniana. Con le prime le carte di credito emesse da Teheran che hanno cominciato a circolare in Russia, segnando il nuovo passo dell’ex Persia verso la Federazione, nell’ottica di contrastare le sanzioni occidentali attraverso una cooperazione finanziaria rafforzata. D’altronde, le stesse banche iraniane sono state tagliate fuori dal sistema di pagamento internazionale Swift e molto prima della Russia, ovvero dal 2018, in seguito al ritiro degli Stati Uniti dall’accordo nucleare del 2015. Analogamente, le banche russe hanno dovuto affrontare l’esclusione dallo Swift, dopo che Mosca ha invaso l’Ucraina nel 2022. Ma questa è un’altra storia.


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