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La nuova postura degli Stati Uniti in Libia è un’opportunità strategica per l’Italia? Risponde Fasanotti

L’Italia sta per trarre vantaggio dal rinnovato impegno degli Stati Uniti in Libia, che rafforza la sicurezza energetica, frena le minacce ibride come la migrazione e migliora il ruolo strategico di Roma nel Mediterraneo, nonostante la crescente influenza russa. Per Federica Saini Fasanotti (Ispi) questo è parte di un più ampio riposizionamento degli Stati Uniti per contrastare i giochi di potere di Russia e Cina in tutta l’Africa

Negli ultimi giorni, la presenza della nave da comando USS Mount Whitney nei porti libici di Tripoli e Bengasi ha rappresentato un segnale inequivocabile del rinnovato attivismo americano nel dossier libico. Una delegazione di alto livello – composta dal vice ammiraglio J.T. Anderson, comandante della Sesta Flotta, dall’inviato speciale per la Libia, Richard Norland, e dal capo missione ad interim Jeremy Berndt – ha incontrato figure politiche e militari di entrambe le aree del Paese, suggerendo l’intenzione di rilanciare un dialogo istituzionale che superi le attuali divisioni interne.

Secondo quanto comunicato ufficialmente, l’obiettivo è rafforzare la cooperazione in ambito militare e sostenere gli sforzi di reintegrazione delle forze armate libiche. L’ambasciata statunitense in Libia ha ribadito l’impegno di Washington a “collaborare con i leader libici su tutto il territorio nazionale e in ambito politico, economico e della sicurezza, al fine di raggiungere una pace e un’unità durature”. Il significato politico e strategico dell’iniziativa va tuttavia ben oltre la dimensione bilaterale.

Per l’Italia, tradizionalmente attenta alla stabilità del proprio “vicinato allargato”, il nuovo attivismo americano può rappresentare un punto di svolta. La Libia costituisce infatti un elemento cardine del perimetro di sicurezza nazionale italiano, per almeno tre motivi. Primo, in ambito energetico, la presenza di Eni nei principali giacimenti del Paese rappresenta un asset rilevante la cui operatività dipende direttamente dalla stabilità politica e dalla sicurezza delle infrastrutture. Secondo, sul piano migratorio, le dinamiche libiche incidono fortemente sui flussi irregolari diretti verso l’Italia e l’Europa. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha più volte sottolineato come tali flussi possano essere parte di strategie di destabilizzazione ibrida sostenute da attori ostili, inclusa la Russia. Terzo, la postura italiana nel Mediterraneo e in Africa trova nella Libia un banco di prova per una più incisiva proiezione geopolitica.

In questo contesto, è rilevante osservare il mutamento di approccio dell’amministrazione Trump, che sembra adottare una logica pragmatica. Nonostante il passato controverso del generale Khalifa Haftar – implicato in episodi documentati di violazione dei diritti umani nonché nell’attacco al governo onusiano di Tripoli tra l’aprile 2019 e ottobre 2020 – l’attuale leadership statunitense lo considera un potenziale argine tanto al terrorismo quanto all’espansionismo russo. Tale linea trova riscontro in una riflessione strategica più ampia: un documento pubblicato nel maggio 2024 sul sito della Nato, redatto da un gruppo di esperti nell’ambito del “Southern Neighbourhood”, suggerisce infatti che in contesti fragili la cooperazione con attori “non accountable” possa rivelarsi necessaria per perseguire obiettivi di sicurezza condivisa. Quello con Haftar è un processo molto complicato, considerando che tutte le strutture russe si trovano sul territorio da lui controllato per un accordo che ha stipulato circa otto anni fa con il Cremlino. Ma è altrettanto vero che senza lavorare con Haftar è semplicemente impossibile cacciare la Russia dalla Libia.

Secondo Federica Saini Fasanotti, senior associate fellow dell’ISPI, la recente visita della USS Mount Whitneyrappresenta “la più chiara presenza militare americana in porti libici in tempo di pace da oltre cinquant’anni”. L’attracco della nave, e in particolare la presenza del comandante della Sesta Flotta, conferiscono all’operazione un significato simbolico e strategico di rilievo. L’esperta interpreta questa mossa come parte di un più ampio riposizionamento statunitense, che riflette le preoccupazioni emerse all’interno dell’intelligence americana circa la crescente influenza di attori esterni in Africa. “L’attenzione non è rivolta solo alla Cina, la cui presenza si espande in tutto il continente”, commenta con Formiche.net, “ma anche alla postura sempre più assertiva della Russia, in particolare nel Nord Africa”.

Alla luce delle recenti difficoltà strategiche russe, soprattutto dopo la perdita di alcune basi in Medio Oriente, Mosca guarda con rinnovato interesse ai porti e alle infrastrutture militari in Libia. “È evidente – spiega – che si voglia contenere questa espansione. La Russia è ancora molto attiva in Libia e punta a consolidare una presenza duratura”. Tuttavia, secondo Saini Fasanotti, l’attenzione americana non può limitarsi alla Russia. “Anche la Cina sta rafforzando la propria presenza, anche in Libia, anche attraverso forme di sicurezza privata”. In questo senso, il riposizionamento statunitense va letto come parte di una strategia più ampia di contenimento delle influenze esterne.

Infine, l’esperta colloca l’attivismo americano in Libia all’interno di un riallineamento geopolitico più vasto. “Dopo la perdita della base di Agadez in Niger – una battuta d’arresto significativa per il Pentagono – gli Stati Uniti stanno cercando nuovi punti d’appoggio. Oltre alla Libia, sono attivi in Ciad, e seguono con attenzione ciò che accade in Senegal, Nigeria e Kenya”. La conclusione è netta: “L’Africa – e la Libia in particolare, affacciata sul Mediterraneo e di fronte all’Italia – è troppo strategica per essere lasciata scoperta. Gli Stati Uniti devono esserci, e ci stanno tornando”.

Alla luce di questo scenario, l’Italia è chiamata a cogliere l’occasione di una rinnovata attenzione americana per rilanciare un ruolo attivo nel dossier libico. Ciò è tanto più urgente in quanto Roma sta già cercando di sostenere la ripresa economica del Paese. Un esempio recente è l’inaugurazione della 51ª Fiera Internazionale di Tripoli, evento che ambisce a promuovere lo scambio commerciale e culturale con partner regionali e internazionali. Tuttavia, se le condizioni generali di sicurezza continuano a deteriorarsi – anche a causa di tattiche di destabilizzazione a bassa intensità attribuibili alla Russia – ogni iniziativa economica rischia di diventare non solo inefficace, ma controproducente.

In definitiva, come riflette una fonte diplomatica, questo che sembra un ritorno degli Stati Uniti in Libia rappresenta un’opportunità che l’Italia non può permettersi di ignorare. In un contesto di crescente competizione geostrategica nel Mediterraneo stretto e nell’Indo-Mediterraneo, il rafforzamento della cooperazione euro-atlantica su certi scacchieri può costituire un fattore determinante per contenere minacce esterne, rilanciare la stabilizzazione libica e consolidare l’interesse nazionale italiano


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