Skip to main content

È Laudato sì il lascito testamentario di papa Francesco. Scrive Illomei

Pubblicata il 24 maggio 2015 Laudato sì aprì un anno fondamentale nell’affrontare le grandi sfide ambientali, che vide l’adozione, a settembre, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e si chiuse, a dicembre, con la firma dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Un’agenda che fu un grande programma d’azione per combattere la povertà e la fame, per proteggere il pianeta dal degrado

Tra le tante testimonianze che hanno contraddistinto il pontificato e l’insegnamento pastorale di Papa Francesco, merita certamente un posto di primo piano l’attenzione e il costante richiamo alla cura del creato e alla salvaguardia del Pianeta, rilanciando quel messaggio francescano profetizzato già nella scelta del nome, Francesco, nell’enciclica Laudato sì del 2015 e nell’esortazione apostolica Laudate Deum del 2023. E nei suoi numerosi viaggi apostolici e nelle tante occasioni pubbliche di fronte alle istituzioni internazionali.

Pubblicata il 24 maggio 2015, solennità della Pentecoste, Laudato sì aprì un anno fondamentale nell’affrontare le grandi sfide ambientali, che vide l’adozione, a settembre, dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite e si chiuse, a dicembre, con la firma dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. L’Agenda, sottoscritta dai governi dei 193 Paesi membri dell’Onu, è un grande programma d’azione per combattere la povertà e la fame, per proteggere il pianeta dal degrado e gestire le sue risorse in maniera sostenibile, adottare misure urgenti per contrastare il cambiamento climatico. Quelle misure che trovarono riscontro immediato alla Conferenza delle parti sui Cambiamenti climatici di Parigi con la decisione di mantenere l’aumento della temperatura media globale al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali.

Come precisò lo stesso Papa Francesco, “la Laudato sì è un’enciclica sociale, non un’enciclica verde”, sottolineando che “lo sviluppo di un’ecologia integrale diventi sempre più una priorità a livello internazionale, nazionale e individuale”. Quando si parla di ambiente, si legge nell’enciclica, “facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati”. Proprio per questo “è fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemo sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura”.

Richiamandosi alla “Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo” del 1992 viene ricordata la necessità di “un’ecologia economica, capace di indurre a considerare la realtà in maniera più ampia” e così “la protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo e non potrà considerarsi in maniera isolata”. Quell’”ecologia umana” inseparabile dal “bene comune”, ossia, secondo la costituzione pastorale Gaudium et spes, promulgata durante il Consilio Vaticano II, “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente”. E allora tutta la società “e in essa specialmente lo Stato ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune”.

E il bene comune coinvolge anche le generazioni future. E non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Viene inevitabilmente alla memoria la lettera che il capo indiano Sealth scrisse nel 1855 all’allora presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce che aveva espresso l’intenzione di acquistare il territorio della tribù Duwamish. “Come potete comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Noi non siamo padroni della purezza dell’aria o dello splendore dell’acqua”. E sottolinea il profondo legame del suo popolo con l’ambiente, considerato sacro, e critica l’approccio distruttivo dell’uomo bianco che sfrutta la terra senza comprenderne il valore: “causare danno alla terra significa dimostrare disprezzo al suo Creatore”. E chiude con un monito per il futuro, invitando a preservare la terra per le generazioni future e a riconoscere che Dio, “Dio dell’umanità intera”, ama la terra e i suoi figli senza distinzione.

E allora che tipo di mondo, si domanda l’enciclica, desideriamo lasciare a coloro che verranno dopo di noi, “ai bambini che stanno crescendo”? E’ una questione essenziale di giustizia sociale, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene a coloro che verranno dopo di noi. Lo ricordava anche la lettera pastorale della Conferenza Episcopale Portoghese già nel 2003: “l’ambiente si situa nella logica del ricevere. E’ un prestito che ogni generazione riceve e deve trasmettere alla generazione successiva”.

Per uscire dalla “spirale di autodistruzione in cui stiamo affondando”, occorre capire che “le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti” e quindi occorre fare in modo che “le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune”. Riprendendo alcuni contenuti della Dichiarazione di Stoccolma del 1972, il Vertice della Terra di Rio de Janeiro aveva dichiarato che “gli esseri viventi sono al centro delle preoccupazioni relative allo sviluppo sostenibile”. Quel vertice “innovativo e profetico”, sosteneva, inoltre, che “laddove vi sono minacce di danni gravi o irreversibili, la mancanza di piene certezze scientifiche non potrà costituire un motivo per ritardare l’adozione di misure efficaci” che impediscano il degrado ambientale.

La politica, ammonisce Papa Francesco, “non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana”. E ancora “la protezione ambientale non può essere assicurata solo sulla base del calcolo finanziario di costi e benefici. L’ambiente è uno di quei beni che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere o di promuovere adeguatamente”. E conclude:” gli sforzi per un uso sostenibile delle risorse naturali non sono una spesa inutile, bensì un investimento che potrà offrire altri benefici economici a medio termine”.

A ricordare e ribadire l’insegnamento e il lascito pastorale di Papa Francesco, l’esortazione apostolica “Laudate Deum”, pubblicata il 4 ottobre 2023, festività di San Francesco, che completa l’enciclica “Laudato sì”. “Con il passare del tempo, scrive il Pontefice, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura e non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico distruggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie”. E’ questa “una della principali sfide che la società e la comunità globale devono affrontare e gli effetti di questo cambiamento sono subiti dalle persone più vulnerabili”.

Francesco critica i negazionisti del cambiamento climatico, sottolineando l’origine antropica del riscaldamento globale e gli effetti devastanti sulle popolazioni più vulnerabili. Richiama l’attenzione sulla decadenza etica del potere, il marketing ingannevole e la debolezza delle politiche internazionali. Richiama tutti all’urgenza di intervenire sulla questione ambientale, considerata un problema umano e sociale. Sottolinea l’importanza di cambiamenti culturali per creare una nuova cultura ecologica. Conclude, infine, con un appello ad uno stile di vita più responsabile, soprattutto nei Paesi occidentali, per promuovere la cura del Creato e della sostenibilità.


×

Iscriviti alla newsletter