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Così Twitter strizza l’occhio ai terroristi

C’è un legame sempre più forte tra il terrorismo di matrice islamica e i social media. Un allarme rosso che si è riacceso durante l’assalto della frangia di al-Shabab al Westgate Mall di Nairobi, in Kenya, a causa dell’uso sfacciato di Twitter che il gruppo affiliato ad al Qaeda ha fatto per promuovere il suo attentato e spaventare la popolazione civile.

Nei confronti del gruppo somalo, la piattaforma di microblogging ha dimostrato di reagire più duramente che in passato ad altri abusi compiuti da fazioni terroristiche attraverso i loro profili pubblici, primo fra tutti @HSMPress.

REAZIONE DEBOLE
Tuttavia – rileva John M. Berger in un’analisi pubblicata su Foreign Policy – questi sforzi sono ancora molto al di sotto la risposta ideale che ci si attenderebbe dalla compagnia, che nel mezzo delle crisi kenyota ha mantenuto una indifferenza calcolata rispetto ai contenuti postati dai suoi utenti, comprese le minacce di al Shabab.

Flusso di tweet dal profilo del gruppo terroristico al-Shabab
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UNA QUESTIONE DI IMMAGINE
Secondo Berger, fondatore del sito di intelligence Intelwire, Twitter ha sospeso quattro account riconducibili al gruppo terrorista somalo, ma nessuno per sua iniziativa. Ha aspettato che ci fossero dei reclami degli utenti, a volte più di uno per decidersi a procedere. Un modo di agire inspiegabile dati i numerosi strumenti a disposizione del social network per impedire il proliferare di informazioni non bene accette, già utilizzati con successo per combattere lo spam di contenuti a sfondo sessuale.

L’INCOGNITA DEGLI AZIONISTI
Questo, aggiunge Berger, autore del libro di successo “Jihad Joe: Americans Who Go to War in the Name of Islam“,suggerisce che Twitter sia più preoccupato per la cattiva pubblicità che della creazione di un ambiente online sicuro e coerente. Una volta che il clamore si affievolisce, si ferma anche la sua attenzione. Ma se questo pigro e “stonato” approccio potrebbe valere per una società privata, potrebbe non andare a genio ai futuri azionisti di Twitter, che ha recentemente annunciato che sarà quotata in borsa con un offerta al pubblico dei titoli di circa 1 miliardo di dollari.

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LUOGO DI CONTRADDIZIONI
L’analisi pubblicata su FP è in parte condivisa dall’antropologa, scrittrice ed editorialista di Al-Jazeera, Sarah Kendzior, che addebita a Twitter una “politica ambigua” ma spiega come, a suo modo di vedere, “la presenza di terroristi sul social network sollevi interrogativi circa la libertà di parola, la sicurezza nazionale, il diritto internazionale, e il potere delle aziende. Chi decide se una persona è un terrorista? Se un account viene sospeso, la sospensione deve che essere basata sui contenuti o sull’affiliazione? Qual è la politica nei confronti degli account ufficiali di stati autoritari – come la Corea del Nord – che fanno propaganda diffusa e ammazzano civili? Che dire di quei Paesi come gli Stati Uniti, impegnati in guerre che molti trovano inumane e ingiuste?” E infine, conclude la commentatrice, “come dovrebbero i governi conciliare il ruolo di Twitter di luogo di minacce terroristiche con la sua utilità per la raccolta di informazioni di intelligence?“.

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