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Meno tasse per chi spende. La mossa anti-dazi della Cina

La guerra commerciale sta facendo sentire i suoi effetti sul Dragone. Ora l’imperativo è rilanciare la spesa e per farlo non resta che tagliare le imposte per gli acquisti oltre i 200 yuan

Il Dragone sta pagando sulla propria pelle la prova di muscoli e nervi con gli Stati Uniti, a cominciare dal sistema bancario, i cui margini hanno cominciato a ridursi e a comprimersi. Un compromesso, almeno per il momento, appare ancora lontano, nonostante qualche timido, ma di certo non ancora risolutivo, approccio. E allora, per fare un po’ di cassa e prepararsi a una eventuale guerra di trincea formato dazi, Pechino ha deciso di giocare la carta della spesa e del turismo.

Premessa, da anni il Dragone sconta un serio problema di consumi. I cinesi hanno smesso di comprare, persino le case, con il risultato che i prezzi del mattone sono precipitati, dando origine alla grande crisi immobiliare. L’ultimo Congresso del Popolo ha però finalmente smosso le acque. Se non altro prendendo coscienza del fatto che senza consumi, senza spesa, nessuna economia va da nessuna parte, inclusa quella cinese. E allora ecco la mossa del Dragone: tagliare le tasse a chi spende almeno 200 yuan, circa 27 dollari, in un negozio. Le imposte in questione sono quelle che gravano sugli acquisti, al pari dell’Iva. Ed è vero che Pechino ci potrebbe rimettere in gettito fiscale. Ma ne guadagnerebbe in consumi e afflussi turistici, con il risultato che i volumi di scambio supererebbero i mancati incassi fiscali.

Una decisione, racconta Bloomberg, destinata soprattutto agli stranieri che hanno intenzione di andare per qualche giorno in Cina. Il governo, nel medesimo provvedimento, ha predisposto anche uno snellimento delle procedure per rendere più facile per i turisti richiedere lo sconto. La spesa da parte dei turisti stranieri ha rappresentato circa lo 0,5% del prodotto interno lordo della Cina lo scorso anno, un rapporto più basso di quello visto in molte delle principali economie, ha detto Sheng Qiuping, vice ministro del Ministero del Commercio, durante un briefing a Pechino domenica. E ora bisogna spingere.

Sul fronte dazi, nel frattempo, Pechino ha ribadito la smentita delle affermazioni del presidente degli Stati Uniti Donald Trump secondo il quale avrebbe ricevuto una telefonata dal leader cinese Xi Jinping. Xi “ha chiamato. E non credo che questo sia un segno di debolezza da parte sua”, aveva detto Trump in un’intervista a Time Magazine la settimana scorsa in riferimento alla questione dei dazi. Ma, rispondendo a una domanda durante la conferenza stampa quotidiana a Pechino, il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Guo Jiakun, ha dichiarato: “Per quanto ne so, non c’è stata alcuna telefonata recente tra i due capi di stato”.


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