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Tokyo guarda a Nuova Delhi per il Gcap e manda un messaggio a Pechino

Il Giappone ha avviato contatti con l’India per coinvolgerla nel Global Combat Air Programme (Gcap), il progetto trilaterale con Regno Unito e Italia per il futuro caccia di sesta generazione. La mossa di Tokyo va oltre l’industria e parla di sicurezza regionale e convergenze strategiche, con gli occhi fissi su Pechino

Tokyo allarga il perimetro del Gcap. Con il progetto ancora nelle sue fasi iniziali e una roadmap che guarda al 2035, il Giappone avrebbe aperto un canale con Nuova Delhi per esplorare un possibile ingresso dell’India nella cordata del caccia di sesta generazione. Il ragionamento è chiaro: condividere i costi, certo, ma anche rinsaldare una rete di cooperazione nella difesa che guarda alla crescente assertività cinese nella regione Indo-Pacifica.

Il Gcap nasce dalla fusione tra il progetto britannico Tempest e l’F-X giapponese, poi affiancati da Leonardo per l’Italia. Il programma rappresenta la risposta europea e giapponese alla transizione verso la sesta generazione di sistemi aerei, con focus su intelligenza artificiale, capacità multi-dominio, supremazia aerea e interoperabilità.

Ma il costo stimato – oltre i 40 miliardi di dollari – richiede razionalizzazione. Ecco spiegato il perché dell’apertura all’India (nonché ad altri). Nuova Delhi è già impegnata nello sviluppo dell’Advanced medium combat aircraft (Amca), un caccia nazionale di quinta generazione. Il problema? Ritardi e incertezza tecnologica per un’industria che, per quanto in rapida espansione e orientata verso un consolidamento delle capacità domestiche, ancora fatica ad elevare gli standard tecnologici ai livelli occidentali. Entrare nel Gcap darebbe all’India accesso a capacità industriali e tecnologiche avanzate, compresa l’expertise di BAE Systems, Leonardo e Mitsubishi Heavy Industries.

La variabile cinese e il segnale politico di Tokyo

L’invito rivolto a Nuova Delhi non si limita a una puntata unicamente tecnologica o industriale. Il coinvolgimento indiano invierebbe un messaggio chiaro a Pechino. L’Indo-Pacifico resta un teatro centrale per l’equilibrio globale, con la Cina sempre più attiva, dal mar Cinese Meridionale allo stretto di Taiwan. La costruzione di alleanze parallele – dal Quad al Gcap – riflette una strategia multilivello che unisce sicurezza e deterrenza.

Per il Giappone, storicamente prudente nel coinvolgere attori esterni nei propri progetti militari, si tratta di un salto significativo, rilevante anche sul piano interno. Testimonia infatti il cambiamento della postura strategica di Tokyo dopo la revisione delle linee guida difensive nazionali del 2022 e la crescente apertura a collaborazioni operative e industriali con altri partner.

Cosa c’è per l’India

L’ingresso nel Gcap avrebbe implicazioni rilevanti anche per Nuova Delhi. Potrebbe facilitare la standardizzazione dei motori – come il futuro propulsore sviluppato da Rolls-Royce – per entrambi i progetti (Gcap e Amca), riducendo i costi e accorciando i tempi. Inoltre, rappresenterebbe un’occasione per consolidare il proprio status come potenza regionale in grado di operare nei consessi tecnologici più avanzati.

L’India dovrà però misurare attentamente le condizioni di accesso. La condivisione di tecnologie sensibili, la governance del programma e l’equilibrio nei ritorni industriali saranno tutti elementi delicati, se non altro in virtù della storica collaborazione tra India e Russia in tema di armamenti (per quanto Nuova Delhi, su questo fronte, sia sempre più lontana da Mosca). Nel frattempo, secondo le indiscrezioni, le discussioni preliminari sono in corso, seppur non ancora in modo strutturato.

Chi altri fa la corte al Gcap

Oltre all’India, altri Paesi hanno manifestato interesse per il Gcap. Dal Canada all’Australia, passando per l’Arabia Saudita, sono diversi gli attori internazionali interessati a far parte della cordata anglo-italo-nipponica per la sesta generazione. Per il Canada, l’adesione al programma potrebbe rappresentare un’opportunità per rafforzare la propria industria aerospaziale e per diversificare le proprie collaborazioni nel settore della difesa. L’Australia, invece, potrebbe vedere nel Gcap un complemento al programma Aukus, in cui partecipa con Regno Unito e Stati Uniti, ma focalizzato principalmente sulla cooperazione navale.

Nonostante questi interessi, non è ancora chiaro in che modo tali Paesi potrebbero entrare a far parte del Gcap. Considerando che la struttura tripartita del programma tra i tre promotori principali è già stata definita, è plausibile che eventuali nuovi partner possano essere coinvolti come finanziatori o acquirenti privilegiati, contribuendo economicamente allo sviluppo del progetto e garantendosi un accesso preferenziale al velivolo una volta operativo. Un’altra ipotesi potrebbe essere anche la partecipazione attraverso accordi bilaterali con uno dei partner principali, focalizzandosi su specifici aspetti del programma, come la produzione di componenti o la condivisione di tecnologie.


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