L’Ufficio federale per la Protezione della Costituzione della Germania (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV) ha ufficialmente classificato il partito Alternative für Deutschland (AfD) come organizzazione di estrema destra. Abbiamo chiesto un commento al professr Pasquino, che ci ha inviato un estratto dal suo libro, “Parole della politica” (Il Mulino) in edicola in questi giorni
Nota quasi esclusivamente nel lessico medico l’espressione cordone sanitario si riferisce alle misure effettuate per circoscrivere e bloccare infezioni e contagi e i loro portatori. La sua comparsa nel linguaggio e nella pratica della politica internazionale avvenne negli anni Venti del secolo scorso. Un po’ in tutti gli Stati europei, a prescindere dal loro tipo di governo, democratico oppure, più spesso, non democratico, si diffuse la paura del bolscevismo la cui rivoluzione si era affermata in maniera violenta e eclatante in Russia nel 1917. Molti governanti europei decisero che bisognava proteggersi dalla possibilità, che era anche il progetto lanciato, sostenuto e, finché ne ebbe le forze, perseguito da Lev Davidovic Trotskij (1879-1940), che trasportato dalla rivoluzione permanente il virus bolscevico infettasse la politica dei loro stati e delle loro nazioni e contagiasse le loro popolazioni. Stendere un cordone di sicurezza e protezione che isolasse quel virus impedendone in qualsiasi forma la sua diffusione era proprio questione di vita o di morte.
Tranne qualche insorgenza in special modo in Italia e in Germania, rimanendo nel linguaggio medico, nessuno dei focolai di infezione si allargò in maniera epidemica. Anzi, forse, fu proprio per spegnere quei focolai che movimenti, partiti, governanti di destra, antirivoluzionari e reazionari cedettero a sperimentazioni autoritarie rapidamente trasformatesi in regimi in Italia e Portogallo, in Ungheria, Romania e Polonia, in Germania e Spagna. Le davvero poche democrazie allora esistenti presero in seria considerazione l’idea di stendere una qualche variante di cordone sanitario per difendersi dal virus potenzialmente mortale dell’autoritarismo. Incapaci di coordinarsi fallirono e nello spazio di pochi anni tutta l’Europa fu infettata dal nazismo. Il bolscevismo ripiegò e rimase confinato in un solo paese.
La ricomparsa attuale dell’espressione cordone sanitario e la sua diffusione in molti paesi europei sono soltanto parzialmente riconducibili a quanto avvenne in Europa negli Venti e Trenta, ma qualche elemento comune vi si ritrova, capovolto. Infatti, oggi il nuovo cordone sanitario appare costituito dalla più o meno esplicita decisione di non includere in nessuna coalizione di governo le variegate aggregazioni e partiti di estrema destra, anzi, di sbarrare loro la strada.
Esclusioni preventivamente dichiarate di alcuni partiti dalla sfera di governo, concordate e mantenute nel corso del tempo, sono a lungo esistite in alcune democrazie europee. Mi limito a tre casi particolarmente importanti: Italia, Francia e Germania del secondo dopoguerra. Il Movimento Sociale Italiano e il Partito Comunista Italiano sono stati sempre tenuti fuori dalle coalizioni di governo dal 1947 al 1994. Giustamente ritenuti da Giovanni Sartori partiti anti-sistema poiché, potendo, avrebbero cambiato il sistema politico e costituzionale italiano, anche se liberi di fare politica e di partecipare alle elezioni e alla vita parlamentare, MSI e PCI venivano fermati lì. Appropriatamente, Piero Ignazi a suo tempo definì il MSI “polo escluso”, in verità autoescluso non avendo votato la Costituzione repubblicana. Contro il PCI, sostennero non pochi giuristi, venne fatta valere una conventio ad excludendum senza particolari grida di denuncia della discriminazione e dell’iniquità. In estrema sintesi, il PCI non ebbe mai abbastanza voti né seggi da risultare indispensabile alla formazione di un qualsivoglia governo. Quando li conquistò, nel 1976, fece il suo, sostanzialmente inevitabile, ingresso nell’area di governo.
In Germania, è giusto considerare una specie di peculiare cordone sanitario le sentenze della Corte Costituzionale che tra il 1953 e il 1956 misero fuori legge il Partito Comunista tedesco e tutte le organizzazioni di estrema destra che si richiamassero al nazionalsocialismo. Che il Parti Communiste Français, alquanto stalinista e di stretta osservanza sovietica, dovesse essere tenuto ai margini della politica francese non fu mai messo in dubbio. Che anche la destra reazionaria e filofascista meritasse di essere permanentemente esclusa dall’area di governo venne solennemente stabilito e coerentemente mantenuto da Charles de Gaulle. Più che un cordone sanitario, la discipline républicaine nelle parole del Generale è una discriminante non soltanto politica, ma anche etica. Seppur parecchio malandate, le sue propaggini ovvero quel che resta di quella disciplina continuano regolarmente a essere fatte valere dalla grande maggioranza degli elettori francesi nei confronti di Marine Le Pen e del suo veicolo partitico, oggi Rassemblement National. Qui, stanno i molti aspetti ritenuti, in maniera talvolta capziosa e pelosa, problematici.
Sostenere, in maniera più o meno mascherata, che l’accesso all’area di governo deve essere sempre concesso a qualsivoglia partito che abbia ottenuto una certa, impossibile da specificare, percentuale di voti, significa non conoscere i principi e i criteri che stanno alla base della formazione delle coalizioni di governo. L’aritmetica non può mai avere il ruolo decisivo nei processi di formazione dei governi nelle democrazie né contemporanee né del passato. I numeri contano, possono anche essere determinanti, ma senza vicinanza, programmatica, e compatibilità ideologica, di visioni del paese e del mondo e, senza reciproca fiducia, neanche, giustamente, si può cominciare a discutere. Come e, soprattutto, perché discutere con partiti che si sono dichiarati fuori dal e contro il “sistema”, che hanno fatto campagna elettorale attaccando e denigrando tutti quelli che il sistema sostengono e fanno funzionare?
Due considerazioni riassuntive e conclusive si impongono. La prima riguarda il passato dal quale dovremmo avere imparato che consentire l’ingresso al governo, anche in maniera inizialmente subordinata, dei nemici della democrazia non “addomestica” affatto quei nemici, ma offre loro l’opportunità di erodere dall’interno il sistema democratico fino a sovvertirlo. Le volpi nei pollai democratici hanno già variamente dimostrato di sapere come comportarsi. Inoltre, non è assolutamente vero, come talvolta sostenuto dai benpensanti moderati e opportunisti, che deplorevoli prestazioni di governo degli antidemocratici finirebbero per costituire una sorta di vaccino per gli elettori che li immunizzerebbe dal continuare a votarli.
La seconda considerazione è politicamente più importante, ma anche più facile da formulare. Infatti, è da ritenersi inaccettabile la posizione di coloro che stigmatizzano e condannano in nome della democrazia la liceità dei comportamenti definiti discriminatori dei democratici, di chiusura netta e insormontabile nei confronti dei nemici della democrazia. Nella misura in cui discriminazioni e chiusure vengono praticate secondo le regole costituzionali senza violare nessuna legge esistente, sono argomentate in pubblico e difendibili, siamo e rimaniamo con tutt’e due i piedi nel quadro democratico. Comunque, in tutte le situazioni nelle quali esistono partiti e dirigenti che hanno annunciato apertamente che non intendono fare coalizioni di governo con movimenti, partiti, personalità estremiste e antidemocratiche, l’esito elettorale farà testo. Se agli estremisti mancheranno i voti e i seggi per imporsi matematicamente come indispensabili partner di governo, i democratici saranno giustamente confortati e legittimati a stendere anche il più spesso dei cordoni sanitari.
Poiché coloro che criticano tanto il ricorso stesso al cordone sanitario quanto la sua legittimità democratica lo fanno spesso in nome di una loro presunta superiore democraticità, intesa come apertura, accettazione, accoglienza agli sfidanti antidemocratici, è imperativo bollare questa presunzione affermando che nessun democratico agirebbe mai per agevolare chi si propone in nome di criteri antidemocratici di sovvertire la democrazia. Pertanto, il cordone sanitario è uno degli strumenti che i democratici possono legittimamente usare se necessario per proteggere valori e strutture delle loro democrazie e di quelle degli altri. Anzi, sono costituzionalmente tenuti a usarlo proprio in nome e per conto delle democrazie.