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Sì alle stablecoin, ma c’è un problema di regole. Ecco quale secondo Panetta

Intervenendo al meeting dell’Asian development bank, il governatore di Bankitalia ha sposato la causa delle criptovalute legali e sicure, bandendo al contempo quelle non garantite e nemiche del risparmio. Ma sulle prima manca una cornice normativa omogenea

Non è certo la prima volta che Bankitalia si muove contro le criptovalute. Però, dal palco del 58esimo meeting dell’Asian development bank, fa tutt’altro effetto. Il mondo, non è un mistero, sta entrando nell’era della regolamentazione dei criptoasset. L’ordine è ancora sparso e non tutti sono allo stesso punto. Però il trend c’è. Ma per Fabio Panetta bisogna fare attenzione, a non sacrificare il risparmio sull’altare delle valute sganciate dalle monete con corso legale.

“Le criptoattività non garantite comportano rischi significativi, tra cui la possibilità di perdite ingenti per gli utenti finali. Cosa ancora più importante, esse non assolvono le funzioni di pagamento, in quanto sono altamente volatili, prive di valore intrinseco e spesso scarsamente regolamentate o del tutto prive di regolamentazione”. Diverso, invece, il discorso per le stablecoin, monete sì virtuali, ma legate alle valute con corso legale e vigilate dalle banche centrali. “Se progettate e regolamentate correttamente le cosiddette stablecoin potrebbero invece svolgere alcune funzioni di pagamento. Tuttavia, la proliferazione di stablecoin basate su blockchain non interoperabili rischia di frammentare il panorama dei pagamenti e di comprometterne l’efficienza complessiva”, ha chiarito il governatore, che tra tre settimane terrà le sue seconde Considerazioni finali.

A rendere ancora più complessa, però, la strada per le stablecoin, è l’eccessiva eterogeneità delle regole. “I quadri normativi variano notevolmente tra le diverse giurisdizioni, e la mancanza di coordinamento, in particolare tra Europa e Stati Uniti, rende difficili da prevedere gli sviluppi futuri. Inoltre sebbene le stablecoin siano esposte al rischio di una corsa agli sportelli simile a quella delle banche, esse generalmente non dispongono di alcune tutele fondamentali, come l’accesso ai meccanismi di supporto delle banche centrali, l’assicurazione dei depositi e i quadri di risoluzione delle crisi. Tuttavia, la proibizione non è la risposta. L’unica reazione efficace all’emergere di alternative più rischiose è offrire soluzioni di pagamento al dettaglio altrettanto efficienti, ma più sicure e affidabili”.

Panetta ha poi allargato lo spettro del discorso alla situazione dei pagamenti internazionali. Che non è proprio rosea. “Il progresso tecnologico ha notevolmente migliorato l’efficienza delle infrastrutture di pagamento nazionali, riducendo i costi delle transazioni e accelerandone l’esecuzione. Tuttavia, questi benefici si sono manifestati solo in minima parte nei pagamenti transfrontalieri, che restano lenti, costosi e opachi. Il motivo è che la tecnologia da sola non basta. Su questo fronte sono essenziali regole e procedure armonizzate, e fare progressi in questi ambiti è più complesso. La posta in gioco è alta. Nel 2024, il mercato globale dei pagamenti transfrontalieri è stato stimato a oltre 190 trilioni di dollari, quasi il doppio del Pil mondiale, e si prevede che supererà i 300 trilioni di dollari nei prossimi 5-10 anni”.

E pensare che “i pagamenti sono la spina dorsale del sistema finanziario. Un sistema di pagamento efficiente è fondamentale per garantire la circolazione sicura e tempestiva di fondi tra privati, imprese e istituzioni, sia a livello nazionale che internazionale. L’efficienza e l’affidabilità dei sistemi di pagamento sono spesso date per scontate e passano in gran parte inosservate, finché qualcosa non va storto. Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito a una crescente consapevolezza del fatto che i pagamenti non sono solo una funzione tecnica, ma un pilastro vitale dell’inclusione finanziaria, della stabilità finanziaria, della sovranità monetaria e persino della geopolitica”.


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