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Perché Leone XIV può ricucire i rapporti fra Usa e Vaticano. L’analisi di Faggioli 

Con il nuovo papato si apre una stagione del tutto nuova per la Chiesa. Dal primo discorso emergono elementi di continuità con il predecessore, ma anche di discontinuità. Il fatto che sia americano rappresenta una svolta importante, probabilmente anche una risposta all’attuale corso della politica statunitense. Leone XIV lavorerà per ricucire i rapporti fra Usa e Vaticano. Colloquio con Massimo Faggioli, docente di Teologia e Studi religiosi alla Villanova University in Pennsylvania

“Un riavvicinamento del Vaticano all’America, dopo anni di rapporti molto complessi durante il papato di Francesco. Leone XIV non è un trumpiano, cambierà il paradigma di approccio anche fra liberal e conservatori, si apre una stagione del tutto nuova”. All’indomani dell’elezione al Sacro Soglio del cardinale Robert Francis Prevost, ora papa Leone XIV, è Massimo Faggioli, docente di Teologia e Studi religiosi alla Villanova University in Pennsylvania a tracciare un primo quadro di cosa aspettarsi da questo nuovo pontificato.

Professore, dal primo discorso del pontefice ai fedeli ha colto più elementi di continuità o discontinuità con il papato di Francesco?

Per la verità sussistono entrambi i piani. Continuità e discontinuità. Ma il fatto in sé che sia stato, per la prima volta nella storia, eletto un papa nord americano, cambia il paradigma e apre scenari differenti da quelli a cui abbiamo assistito. Anche l’appartenenza all’Ordine di Sant’Agostino, rispetto alla compagnia di Gesù del predecessore marca una differenza significativa.

In premessa ha parlato di un avvicinamento del Vaticano agli Usa. In che cosa si tradurrà?

Già l’elezione al soglio petrino rappresenta un segnale importante in questa direzione. Certo, l’attuale papa non è un occidentalista però ha ben presenti i problemi che caratterizzano in questo momento storico la Chiesa americana, che è fra le più importanti al mondo. Probabilmente il segnale che il Conclave ha voluto dare rappresenta una risposta all’incertezza di direzione che sta assumendo l’America di Trump. Fra l’altro il pontefice ha più volte criticato il vicepresidente JD Vance.

Più volte ha fatto riferimento alla pace. Quale sarà la postura del pontificato sui due principali conflitti in atto: Medio Oriente e Ucraina?

Questi saranno due focus attraverso i quali sarà interessante “misurare” l’orientamento del nuovo papa. Avrà presumibilmente un approccio diverso rispetto a quello di Francesco, se non altro sul piano dialettico. Il linguaggio rientra in canoni più tradizionali, più meditati. Resta il fatto che molte delle azioni del papato, in particolare sulle dinamiche relative ai conflitti, dipenderanno da ciò che fa la Casa Bianca. Così come bisognerà capire se, pur non essendo un occidentalista, il fatto di essere statunitense inciderà sulle proiezioni vaticane in Cina e in Russia e nei rapporti con questi due Paesi.

A proposito di Casa Bianca, come prevede saranno i rapporti?

La variabile è tutta a Washington. Da come la Casa Bianca approccerà al nuovo pontefice cambierà il rapporto fra gli Stati. Bisogna anche dire che il Papa è stato eletto da due giorni. Queste considerazioni sui rapporti hanno bisogno di una sedimentazione. È probabile che con un papa americano non assisteremo più ad alcune uscite fatte in precedenza durante il regno di Francesco.

Dopo oltre un secolo, un nuovo Leone. Sarà un papato che si muoverà nel solco della Rerum Novarum?

Leone XIII si ricorda per la Rerum Novarum ma non fu il solo elemento caratterizzante di quel papato. Sicuramente l’attuale pontefice si rifà alla Dottrina Sociale. Il suo è un cattolicesimo sociale, non liberal.

Quali i primi impegni sul piano degli affari interni?

Ci sono tantissimi dossier aperti. Senz’atro, al di là dell’aspetto geopolitico e dei confitti in atto, le casse vaticane hanno diversi problemi. E, la piaga delle accuse di abusi, è tutt’altro che risolta.


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