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Perché gli interessi strategici italiani incrociano l’Iniziativa dei Tre Mari

L’Italia, pur non essendo parte della Three Seas Initiative, ha margini strategici per integrarsi in un formato sempre più rilevante per la connettività europea. Trieste può diventare un nodo cruciale tra Mediterraneo e Baltico, anche grazie alla sinergia con Imec e InCE. “Un motivo importante per cui l’Italia dovrebbe aderire alla 3SI è evitare l’isolamento nel Mediterraneo”, spiega Coratella (Ecfr)

L’Italia non è attualmente parte dell’Iniziativa dei Tre Mari (nota internazionalmente come “Three Seas Initiative”, o 3SI), una piattaforma regionale che riunisce tredici Paesi dell’Unione europea compresi tra il Mar Baltico, il Mar Nero e il Mar Adriatico. Ma quest’assenza è recuperabile e gestibile, seguendo un’ottica di interesse nazionale di Roma che si proietta all’interno del quadro della connettività internazionale. Nata per rafforzare le infrastrutture, la sicurezza energetica e le connessioni digitali dell’Europa centro-orientale, la 3SI è sostenuta attivamente dagli Stati Uniti e ha raccolto finora oltre 110 miliardi di euro in progetti infrastrutturali.

Durante il decimo vertice dell’Iniziativa, tenutosi a Varsavia il 28-29 aprile 2025, è stato ribadito il ruolo crescente del formato, che continua ad attrarre nuovi partner e a rafforzarsi anche dal punto di vista della cooperazione geopolitica. In questo contesto, e alla luce della sua posizione strategica e il peso economico all’interno dell’Unione europea, l’Italia ha potenziali spazi per essere parte dell’iniziativa geostrategica.

Trieste e la dimensione nord-sud

Uno degli elementi centrali riguarda il ruolo di Trieste. Essendo uno dei principali porti italiani e un’infrastruttura strategica connessa alle reti Ten-T europee, Trieste può avere un ruolo di primo piano nei progetti 3SI – anche se finora hanno privilegiato Rijeka (Fiume) come principale sbocco adriatico.

Un’eventuale adesione italiana all’iniziativa potrebbe contribuire a riequilibrare questa dinamica, rilanciando Trieste come nodo naturale del Corridoio Baltico-Adriatico, uno dei principali assi nord-sud del continente – traiettoria lungo cui ormai si muove la connettività europea (e tutto ciò che ne consegue). Questo consentirebbe di integrare meglio il sistema logistico italiano nei flussi commerciali centro-orientali.

Un canale aggiuntivo, non sostitutivo

L’adesione alla 3SI non sostituirebbe i meccanismi di finanziamento e pianificazione già attivi nell’Ue, ma offrirebbe un canale aggiuntivo di cooperazione e investimento, utile per promuovere progetti specifici in ambiti coerenti con le priorità italiane: sviluppo di infrastrutture resilienti e intermodali; interconnessioni energetiche, anche in ottica di diversificazione dalle forniture instabili; rafforzamento delle reti digitali e delle capacità cibernetiche.

Un altro degli ambiti più interessanti per la convergenza tra l’Italia e i Paesi 3SI è poi quello energetico. L’iniziativa promuove da tempo progetti volti a ridurre la dipendenza dal gas russo e migliorare l’interconnessione tra i sistemi nazionali.

In questo contesto, l’Italia potrebbe rafforzare il proprio ruolo di piattaforma energetica mediterranea, connettendo i flussi dal Nord Africa e dall’Est Mediterraneo verso l’Europa centrale. Inoltre, partecipare a progetti comuni nel campo dell’LNG, delle rinnovabili e dell’idrogeno; promuovere investimenti congiunti in nuove dorsali di trasporto e stoccaggio.

Imec e la connettività euro-indo-pacifica

C’è poi un altro grande fattore sul tavolo: con il lancio del corridoio India–Medio Oriente–Europa (Imec), l’Italia ha l’opportunità di fungere da cerniera tra i flussi meridionali, indo-mediterranei, e le reti centro-orientali europee. Trieste, in particolare, potrebbe diventare uno snodo naturale tra: il punto d’ingresso mediterraneo dell’Imec e le dorsali continentali promosse dalla 3SI; una catena logistica e infrastrutturale che colleghi l’Indo-Pacifico al Baltico in modo resiliente e diversificato; i progetti europei per una maggiore autonomia strategica in ambito energetico e industriale.

Non a caso, l’inviato speciale per Imec della Farnesina, l’ambasciatore Francesco Maria Talò, ha partecipato ad alcuni incontro a latere del vertice di Varsavia.

InCE e 3SI: complementarietà possibile

L’Italia è già membro fondatore della Iniziativa Centro Europea (InCE), organizzazione di cooperazione politica, economica e culturale con sede proprio a Trieste. La InCE comprende 17 Paesi, molti dei quali anche membri della 3SI.

Le due piattaforme non sono in concorrenza, ma possono anzi rafforzarsi a vicenda. La InCE agisce su un piano più diplomatico e normativo, mentre la 3SI ha una vocazione operativa e infrastrutturale. Una presenza italiana attiva in entrambe permetterebbe di valorizzare la Penisola, non solo come hub logistico, ma anche come piattaforma multilivello di governance regionale – vostro tra l’altro il ruolo centrale (da potenza regionale) che l’Italia ha nelle dinamiche dell’Adriatico.

Un contesto di sicurezza profondamente mutato

Dal 2022 in poi, l’invasione russa dell’Ucraina ha trasformato le priorità di sicurezza in Europa, portando al rafforzamento del fianco orientale della Nato e all’emergere di nuovi formati regionali di cooperazione. La 3SI ha acquisito anche una dimensione strategica securitaria.

Allo stesso tempo, in un contesto europeo in cui le dinamiche tra Stati membri sono in continua evoluzione, la 3SI potrebbe costituire anche un canale di dialogo multilaterale con Paesi chiave come Polonia e Germania.

Varsavia è un membro fondatore della 3SI e uno dei suoi principali promotori politici, mentre Berlino è partner ufficiale dell’iniziativa, sebbene come osservatore esterno. L’inserimento in un formato regionale comunque condiviso potrebbe riattivare forme di cooperazione concrete e complementari a quelle Ue con due nazioni che stanno segnando un nuovo loro corso storico e le nuove dinamiche intra-europee.

Una piattaforma per l’autonomia strategica mediterranea

Secondo Teresa Coratella, vicedirettrice dell’ufficio di Roma dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr), “Un motivo importante per cui l’Italia dovrebbe esplorare forme di coinvolgimento nella 3SI è evitare l’isolamento nel Mediterraneo”. Coratella ricorda che al summit di quest’anno è stato annunciato che due nuovi Paesi mediterranei – Spagna e Turchia – entreranno come partner strategici, “lasciando l’Italia come l’unica grande voce del Sud fuori dal formato”.

“Considerando il ruolo che l’Italia ambisce a svolgere verso il Nord Africa, e oltre, attraverso il Piano Mattei, partecipare a un’iniziativa in espansione come la 3SI sarebbe certamente utile a questo scopo”.

Va poi ricordato che, dopo aver formalmente lasciato l’Iniziativa Belt and Road nel 2024, l’Italia ha iniziato a riorientare le proprie politiche infrastrutturali verso modelli più trasparenti, multilaterali e compatibili con gli standard europei.

In questo quadro, la 3SI può rappresentare un ulteriore strumento per promuovere catene di approvvigionamento più sicure e meno esposte a pressioni esterne; ma anche per rafforzare la presenza italiana in progetti infrastrutturali con partner europei e transatlantici; e pure per sviluppare alternative credibili a modelli di investimento esterni al perimetro euro-atlantico.

Un’opzione strategica, non ideologica

L’ingresso dell’Italia nella 3SI non deve essere letto come un atto politico a forte carica simbolica, ma come una valutazione strategica pragmatica, da ponderare in base a costi, benefici e allineamenti. Nell’attuale contesto di competizione tra modelli di connettività e di crescente attenzione alla sicurezza delle infrastrutture, la 3SI può offrire all’Italia uno spazio operativo utile, senza sovrapporsi ad altri strumenti già in uso.

Una decisione in tal senso dovrebbe partire da un’analisi approfondita dei vantaggi territoriali (Trieste in primis), delle sinergie con InCE e Imec, e della possibilità di usare la piattaforma per rafforzare il ruolo dell’Italia nelle reti strategiche europee. Il dossier resta aperto. E, in una fase di riequilibrio dei centri decisionali nel continente, Roma ha ancora le sue carte per decidere se – e soprattutto come – entrare in gioco.


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