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Nuova ondata di tensione nel triangolo Tokyo-Pechino-Washington

Il contrasto tra una nave cinese e la guardia costiera giapponese nella zona delle Senkaku accende i riflettori sulle dispute territoriali nel Pacifico. Intanto, gli Stati Uniti aumentano la propria presenza militare, confermando il ruolo cruciale del Giappone nel contenimento della Cina

Le acque attorno al Giappone (e in particolare quelle della contesa area intorno alle isole Senkaku), tornano ad essere teatro di tensioni crescenti tra Tokyo e Pechino, mentre gli Stati Uniti rafforzano la loro presenza militare nel Pacifico per contenere le ambizioni cinesi nella regione.

Domenica mattina una nave da ricerca oceanografica cinese, la Hai Ke 001, è stata espulsa dalla zona economica esclusiva giapponese dopo essere stata sorpresa a operare circa 140 miglia a nord-est dell’isola Taisho, parte del già menzionato arcipelago delle isole Senkaku. La guardia costiera giapponese ha dichiarato di aver osservato la nave abbassare un oggetto “simile a un tubo” in acqua. Dopo un avvertimento via radio, il vascello cinese ha abbandonato l’area, superando la linea mediana tra le due nazioni intorno alle 13:20.

Questa “linea mediana”, proposta dal Giappone come confine marittimo equidistante tra le rispettive zone economiche esclusive, non è riconosciuta dalla Cina, che rivendica piena sovranità sull’intero arcipelago (che chiama col suo sinico nome Diaoyu).

Pechino ha confermato le attività del suo mezzo navale, definendole pienamente legittime. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian ha ribadito: “Le isole Diaoyu sono territorio intrinseco della Cina. Le attività delle navi da ricerca oceanografica cinesi rientrano nei diritti sovrani della Cina”. La disputa sulle isole Senkaku/Diaoyu, formalmente amministrate dal Giappone ma rivendicate dalla Cina, si inserisce in un contesto più ampio di rivalità geopolitica. Secondo studi, le acque circostanti potrebbero contenere riserve significative di gas e petrolio, accrescendo l’interesse strategico per il controllo dell’area.

Solo pochi giorni prima, la Cina aveva a sua volta affermato di aver allontanato un peschereccio giapponese che sarebbe entrato “illegalmente” nelle acque attorno alle isole. Nello stesso periodo, Tokyo ha denunciato incursioni di quattro navi della guardia costiera cinese nelle acque territoriali giapponesi e la violazione dello spazio aereo da parte di un elicottero decollato da una di esse. Pechino ha risposto alle accuse sostenendo che un aereo civile giapponese avrebbe a sua volta violato lo spazio aereo cinese.

Mentre le tensioni bilaterali tra Tokyo e Pechino aumentano, gli Stati Uniti hanno incrementato la loro presenza militare nella regione, con l’annuncio da parte della 1°Marine Aircraft Wing, (basata in Giappone) di avere ora quattro squadroni di caccia stealth F-35 in operazione.

In particolare, due nuovi squadroni F-35B provenienti dall’Arizona sono stati dispiegati presso la base di Iwakuni, già sede permanente di altri due reparti di F-35B. Questi velivoli, capaci di decollo corto e atterraggio verticale, sono progettati per operazioni da ambienti navali e aeroporti improvvisati. I jet operano all’interno del Unit Deployment Program, un programma che consente alle forze con base negli Stati Uniti continentali di acquisire esperienza operativa nella regione Indo-Pacifico.

Il generale dei Marines Marcus B. Annibale ha dichiarato: “Con l’arrivo di più squadroni F-35 nelle aree remote e contese dell’Indo-Pacifico, la prontezza dell’aviazione dei Marines crescerà e le nostre capacità come forza congiunta in questa regione diventeranno ancora più letali”.

Oltre ai Marines, anche l’Aeronautica e la Marina statunitensi mantengono una presenza significativa di F-35A e F-35C in Giappone, rispettivamente a Kadena e Iwakuni. Questo rafforzamento rientra nella strategia statunitense della First Island Chain, volta a contenere l’accesso cinese al Pacifico attraverso il presidio di territori alleati.


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