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Come cambia il dossier Ucraina, con Trump, Putin, Meloni ed Erdogan. L’analisi di Checchia

Conversazione con l’esperto diplomatico, già ambasciatore in Libano, presso la Nato, Vice- Direttore dell’Unità Russia e Paesi dell’area ex-sovietica alla Direzione Generale Affari Politici e Consigliere di vari ministri: “Il Nord Stream 2 nella partita diplomatica? In questo momento così fluido e confuso non mi sentirei di escludere che i giudici che hanno preso questa delibera abbiano fatto anche dei ragionamenti politici. L’Italia di Meloni sempre centrale, come hub di pace”

E se fosse la spinta vaticana a favorire una fase nuova del dialogo fra diplomazie sulla guerra in Ucraina? È una delle ipotesi sul campo, a poche ore dal vertice di Istanbul tra le delegazioni russe, americane e ucraina con il grande punto interrogativo circa la presenza di Vladimir Putin, proprio mentre una pronuncia giudiziaria rimette in posta il gasdotto Nord Stream 2. Sullo sfondo il ruolo italiano sia di ponte con la Turchia per altre partite interconnesse, su tutte Libia e Siria, sia come polo centrale dove si terrà la conferenza della ricostruzione in Ucraina. Formiche.net ha interpellato l’esperto diplomatico Gabriele Checchia, già ambasciatore in Libano, presso la Nato, Vice- Direttore dell’Unità Russia e Paesi dell’area ex-sovietica alla Direzione Generale Affari Politici e Consigliere Diplomatico di vari ministri.

Il tavolo diplomatico in Turchia scoprirà le reali intenzioni russe?

Domanda cui non è facile rispondere. La mia sensazione è che ci aiuterà a capirle. Non dico che le scoprirà in toto, ma io penso che ci siano ben poche intenzioni diplomatiche da parte russa. Quindi la mia sensazione è che Putin non andrà, salvo sorprese dell’ultim’ora. E questo, come ha detto anche la presidente del consiglio Giorgia Meloni, ci farà capire chi veramente vuole la pace e chi invece continua a nicchiare e a utilizzare queste iniziative diplomatiche lodevoli solo per prendere tempo.

I nemici si guardino negli occhi, il Vaticano è a disposizione”, ha detto Leone XIV. Potrebbe esserci una scossa dopo l’elezione del nuovo papa?

Mi ha colpito l’affermazione del papa, è un invito dunque anche a Putin a partecipare e quindi abbiamo la percezione di una Santa Sede più attiva che chiede una pace giusta e durevole. Tutto questo ci fa sperare che anche l’autorità morale della Santa Sede possa pesare nelle scelte che faranno i leader che dovranno sedersi intorno al tavolo. Non mi faccio illusioni però su Putin che, ripeto, credo che continui soltanto a cercare di guadagnare tempo, forte anche della sua prevalenza sul terreno. Ma i miracoli esistono. Bisogna sempre lasciare aperta la porta alla speranza e, come diceva San Paolo di Tarso, bisogna sperare contro la speranza. Spes contra spem. Domani vedremo, certo tutto questo è legato ovviamente anche alla presenza di Trump: sono tutti fattori interconnessi sui quali è bene attendere per capire che piega prenderanno gli eventi.

Come cresce dunque il peso specifico di Erdogan, in questa come in altre partite?

Credo che con tutte le critiche che si possono rivolgere al presidente turco sul piano interno delle violazioni dei diritti umani, sull’incarcerazione di intellettuali e dei suoi oppositori, da ultimo il sindaco di Istanbul, popolarissimo peraltro tra la popolazione, il peso specifico della Turchia stia crescendo con relazione alla crisi ucraina e non solo, anche favorita dalla posizione geografica straordinaria della Turchia a cavallo tra il Caucaso il Medio Oriente mediterraneo. Si tratta di dati oggettivi di cui chiunque sia alla guida del Paese può effettivamente avvalersene. Erdogan sta giocando bene questa carta, in maniera cinica per alcuni, ma sicuramente lucida. Ricordiamo che la Turchia fu parte decisiva dell’accordo sul grano e ora potrebbe ritagliarsi il ruolo di mediatore per l’avvio del primo contatto diretto ad alto livello tra Russia e Ucraina. Una Turchia che, altresì, sembra determinata a svolgere un ruolo anche come potenza Nato di deterrenza militare, ma che controlla gli stretti in base alla Convenzione di Montreal. E questa ovviamente è un’altra carta che può giocare utilmente nei confronti della Russia che non può accedere con navi militari differenti senza l’avallo turco. Tutto questo ne fa una potenza di prim’ordine.

L’Italia ha appena aperto una fase nuova proprio con la Turchia, dopo il vertice tra Meloni ed Erdogan: mostrando di aver compreso questi passaggi?

L’Italia di Giorgia Meloni è in prima linea nel consolidare il rapporto con Ankara, come dimostrato dal buon esito, direi, del recente vertice italo turco che ha visto la finalizzazione di accordi importanti in settori strategici di alta tecnologia ed energetici. Quindi direi che da un lato la Turchia sta procedendo bene e dall’altro noi stiamo cercando di tenerla nella partita. Ho l’impressione che dovremo rapportarci con Ankara anche per quanto riguarda la crisi libica: sia Roma che Ankara, sostengono il governo Al Sarraj, quindi il governo di Tripoli, che è quello avallato dalle Nazioni Unite. Ma anche per quanto riguarda la situazione in Siria credo che ad ambedue i nostri Paesi stia a cuore una Siria nuovamente stabile, con un approccio inclusivo e rispettoso dei diritti delle minoranze. Quello per Erdogan sarà un banco di prova importante, perché a nessuno sfugge la sua simpatia prioritaria per il campo sunnita. Ma proprio lì si dovrà dimostrare invece che la Turchia è capace di andare oltre questa visione ideologica-confessionale per certi versi settaria della ricostruzione di una nuova Siria dalla quale Ankara trarrebbe poi comunque nel medio periodo benefici non secondari.

Non solo Roma stringe con Ankara, ma prepara la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Che Italia viene fuori da questi due passaggi?

Direi che viene fuori un’Italia che gioca in prima fascia, nonostante alcune voci dicano il contrario. Piuttosto, sul versante internazionale si sta muovendo con grande senso di responsabilità ma anche con spirito di iniziativa. Il fatto che noi ospiteremo a luglio la Conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina fa capire quanto la nostra voce sia autorevole ed ascoltata, non solo sul piano delle iniziative diplomatiche per porre fine alla guerra in Ucraina, ma anche su quella che guarda il futuro del Paese che deve essere un futuro di pace e di prosperità, ma un futuro per l’Ucraina agganciato all’Europa. E su tutti questi tavoli noi ci siamo e gli ucraini ci stimano. Il presidente Zelensku ha un buon rapporto con la nostra presidente del Consiglio e non mi farei un problema eccessivo dell’assenza di Giorgia Meloni dal cosiddetto vertice di Kyiv della settimana scorsa tra i volenterosi. Noi abbiamo espresso riserve sin dall’inizio sull’invio di truppe europee in territorio ucraino come forza di interposizione. Su questa scelta noi abbiamo sin dal primo giorno manifestato dubbi legittimi. Preferiamo invece una soluzione che guardi all’Onu come base giuridica: lo ritengo un segnale discreto ma efficace per far capire che noi siamo con l’Ucraina, siamo con l’Europa siamo con gli Stati Uniti ma non a qualsiasi condizione e abbiamo delle nostre posizioni che vogliamo far valere in maniera ragionevole e meditata nei fori opportuni, senza per questo rompere l’unità in ambito europeo. Meloni ha partecipato all’incontro di Istambul dei volenterosi con il presidente ucraino per via telefonica, come ha fatto il segretario generale della Nato Rutte, e senza rompere dunque la coesione europea e soprattutto guardando sempre alla necessità di preservare un buon rapporto con i nostri alleati di oltre Atlantico, cioè con gli Stati Uniti. Chi diceva che noi avremmo rotto l’unità europea, ci saremmo isolati appoggiando la presidenza Trump si sta rivelando errato nei suoi giudizi, perché direi che Trump sta svolgendo un’azione che porta dei risultati.

In che misura?

Ha una sua strategia che potrebbe nel medio periodo portare a risultati importanti, come dimostra il viaggio in Arabia Saudita. Si sta adoperando convintamente anche lui per una tregua di 30 giorni in Ucraina, come richiedono gli europei, è disponibile da quello che ci ha fatto capire a mutare la propria posizione nei confronti della Russia di Putin, da alcuni considerata troppo arrendevole. Ove si capisca chiaramente il domani, capiremo meglio che è Putin a bloccare l’avvio di un negoziato diretto con Kiev e di fatto l’avvio di un qualsiasi percorso di pace. Quindi l’Italia è promossa a pieni voti sul versante internazionale, e l’attivismo saggio di Meloni e Tajani ne è la plastica dimostrazione. Il nostro paese è hub di pace, anche su altri fronti come dimostrano i colloqui sull’Iran.

Nord Stream 2, un tribunale svizzero approva il piano di salvataggio per la ristrutturazione del debito ed evitando il fallimento: è la spia di un possibile coinvolgimento del gasdotto nel tavolo diplomatico sull’Ucraina o una coincidenza?

Essendo la scelta la pronunzia quella di un tribunale io mi asterrei dal dare giudizi politici e quindi indicare che si tratti di una di una spia di un possibile coinvolgimento anche del gasdotto nel percorso di pace. Però in questo momento così fluido e confuso in cui anche i confini della separazione dei poteri tra potere giudiziario e potere legislativo si stanno per certi versi attenuando, non mi sentirei di escludere che i giudici che hanno preso questa delibera abbiano fatto anche dei ragionamenti politici. Se così fosse non mi non mi scandalizzerei, i sono dei momenti in cui l’etica della responsabilità per riprendere l’espressione di Max Weber deve prevalere anche sull’etica del dovere: cioè se capiamo che c’è un interesse superiore che va tutelato, anche le categorie concettuali rigide, come quella appunto della separazione dei poteri ,possono in qualche modo essere adattate per potere poi raggiungere risultati che sono nell’interesse della pace mondiale.


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