La biotecnologia si afferma come settore strategico al centro della competizione globale. Una Commissione del Congresso Usa lancia un piano articolato su sei pilastri per difendere la leadership nel settore. Fondamentale un’azione coordinata con gli alleati per mantenere la leadership e competere con la Cina
La biotecnologia non è più solo questione di salute, è diventata un dossier strategico globale. E oggi, secondo la National security commission on emerging biotechnology (Nsceb) statunitense, è urgente che Usa e Paesi alleati stringano una cooperazione più stretta per difendere la leadership in un settore che sta rapidamente trasformando le basi stesse della sicurezza nazionale.
Con il rapporto di aprile 2025, la Commissione bipartisan istituita dal Congresso americano ha lanciato un messaggio chiaro. “Questo è ciò di cui abbiamo bisogno per mantenere – e in certi casi riprendere – la leadership dalla Cina”, ha sintetizzato Joe Buccina, policy and research director della Commissione, durante una fireside chat, organizzata dal tavolo di lavoro per l’Internazionalizzazione delle imprese nel settore delle biotecnologie, istituito in seno al ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
Sei i pilastri su cui si fonda la strategia raccomandata al Congresso, con 49 azioni concrete per rafforzare l’ecosistema biotech americano: dare priorità alla biotecnologia a livello nazionale; coinvolgere il settore privato per portare i prodotti su scala globale; massimizzare i benefici della biotecnologia per la difesa; superare l’innovazione dei competitor strategici; costruire la forza lavoro biotech del futuro; attivare le sinergie con alleati e partner internazionali.
UN SETTORE A CRESCITA ESPONENZIALE
Il contesto economico parla da sé. Nel 2023 il mercato globale del biotech è stato valutato 1.550 miliardi di dollari. Entro il 2030, potrebbe raggiungere i 3.880 miliardi, toccando agricoltura, energia, difesa, salute. Ma un dato preoccupa Washington: secondo la Biotechnology innovation organization, il 79% delle aziende biotech statunitensi si affida a imprese cinesi per le attività di produzione. Un’esposizione industriale che, in un contesto geopolitico sempre più competitivo e instabile, può tradursi in vulnerabilità sistemiche.
A BREVE IL “MOMENTO CHATGPT”
Come sottolineato da Michelle Rozo, vicepresidente della Nsceb, in un recente paper pubblicato dal National bureau of asian research, “il momento ChatGpt” del biotech – a voler indicare la soglia oltre la quale l’innovazione tecnologica accelera e diventa inarrestabile – non è ancora arrivato. Ma è vicino. “Ci troviamo a un punto di svolta, un inflection point, per la biotecnologia emergente. È dove si trovava l’intelligenza artificiale cinque-dieci anni fa”, ha spiegato ancora Buccina. “Abbiamo una lunga tradizione di leadership in questo settore. Ma la Cina negli ultimi vent’anni ha investito strategicamente nella biotecnologia”, ha avvertito Buccina, sottolineando il vantaggio strutturale di Pechino.
IL VALORE DELLE POLICY
Perché, dunque, una commissione per il biotech? Lo dice a chiare lettere Keeley Mui, senior policy advisor della commissione: “Policy efficaci possono essere catalizzatori di competitività”, permettendo dunque di competere con il Paese asiatico, in un momento in cui a livello globale cresce l’impulso per l’innovazione e collaborazione biotech. Il pericolo, avverte Zeena Nisar – lead policy advisor della Commissione – è duplice: “La biotecnologia emergente negli Usa manca di clienti nelle prime fasi”, mentre in Cina lo Stato ha consolidato da tempo, già in altri settori, una strategia in cui “sovvenziona e inonda il mercato con i propri prodotti”. Un approccio strutturato per cui serve, dunque, una risposta che coinvolga politiche industriali, attrazione di capitali privati, semplificazione normativa, protezione delle infrastrutture critiche e strategie difensive contro “l’economia di forza bruta” del Dragone.
UNA QUESTIONE DI SICUREZZA
Ma il punto più delicato riguarda la sicurezza. “La biotecnologia sarà la prossima ondata di innovazione nei teatri di battaglia – come lo è stata l’aviazione nel secolo scorso”, ha dichiarato Nisar. Il potenziale di applicazione nei contesti di difesa è immenso. Non a caso, la commissione raccomanda al dipartimento della Difesa Usa di definire principi etici per l’uso di queste tecnologie, dispiegarle su larga scala e impedirne l’uso da parte di attori ostili per destabilizzare la sicurezza americana e dei suoi alleati.
CORRERE INSIEME
Ecco perché la vera sfida non sarà solo quella di correre più veloce, ma di correre insieme: Stati Uniti, Europa e altri partner devono attivare meccanismi coordinati per l’accesso ai capitali, per la condivisione di dati e tecnologie, e per la tutela degli standard etici e regolatori. Perché la leadership biotech non si gioca solo nei laboratori, ma con alleanze solide e visione strategica. In questo quadro, anche l’Italia sta rafforzando il proprio impegno a sostegno del settore, attraverso il tavolo istituito presso il Maeci in collaborazione con Mimit, Mur, Ice e altri attori pubblici e privati. Il rapporto strategico elaborato da questo gruppo punta a migliorare la competitività del biotech nazionale sostenendo le imprese emergenti nei processi di ricerca, sviluppo e internazionalizzazione, con particolare attenzione alle biotecnologie terapeutiche e industriali emergenti. Tra le iniziative chiave, la creazione dell’Elenco speciale delle imprese biotecnologiche emergenti e il lancio del programma “Montalcini global biotech tour” per favorire il networking internazionale in hub strategici come New York, Basilea e Doha. Parallelamente, si lavora a una rifocalizzazione del venture capital italiano per evitare la fuga di tecnologie e trattenere gli asset innovativi nel Paese.
THE ROAD AHEAD
Nei prossimi 18 mesi, invece, lo sforzo statunitense entrerà in una fase cruciale. Il mandato della Commissione Usa scade infatti a dicembre 2026, e fino ad allora il gruppo di lavoro collaborerà a stretto contatto con il Congresso per tradurre le raccomandazioni in misure legislative concrete. Si tratta di un’occasione decisiva per dotare gli Stati Uniti – e i suoi alleati – degli strumenti normativi, industriali e diplomatici necessari a competere nel cuore tecnologico del XXI secolo.