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Pressione popolare su Tripoli. Il governo perde ministri e consenso

Dopo la morte del comandante miliziano al-Kikli e nuovi scontri armati a Tripoli, migliaia di libici scendono in piazza contro il governo Dbeibah. Le dimissioni di tre ministri aprono una crisi politica che rilancia la necessità di un nuovo esecutivo unitario

Il fragile equilibrio della Libia è nuovamente crollato. Dopo settimane di tensione tra le milizie, con la capitale Tripoli scossa da un nuovo ciclo di scontri armati (culminati nell’uccisione di Abdel Ghani al-Kikli, uno dei più potenti comandanti locali), il clima è tornato tesissimo. L’eliminazione del leader miliziano ha riaperto le ostilità tra gruppi rivali, trasformando le strade della capitale in un campo di battaglia e facendo emergere, ancora una volta, la natura armata e frammentata del potere nella Tripolitania. Solo un cessate il fuoco temporaneo ha riportato una calma apparente, mentre sul terreno permangono tensioni irrisolte.

In questo contesto, le proteste popolari esplose negli ultimi giorni rappresentano il passaggio dalla guerra tra milizie alla rottura tra cittadini e istituzioni. Migliaia di manifestanti sono scesi in piazza contro il governo guidato da Abdulhamid Dbeibah, accusato di aver fallito nel garantire sicurezza, riforme e soprattutto elezioni. “Il popolo vuole far cadere il governo”, si è gridato a Martyrs’ Square, mentre cortei si dirigevano verso la sede dell’esecutivo.

A rendere ancora più evidente la crisi di legittimità, almeno tre ministri – responsabili di Economia, Governo Locale e Edilizia – hanno presentato le dimissioni, rompendo il fronte dell’esecutivo e segnalando una possibile frattura interna al blocco istituzionale. Altri starebbero sul punto di lasciare e con loro diverse figure di sotto-governo. L’esecutivo onusiano, nato nel 2021 per traghettare la Libia verso il voto e mai riuscito nel suo intento, appare ora privo di slancio, di consenso e sempre più vulnerabile alla pressione combinata delle piazze e delle armi.

Il ritorno della violenza urbana e l’emergere di un dissenso politico trasversale confermano che il modello di cooptazione delle milizie, finora adottato per mantenere una parvenza di ordine, è arrivato al capolinea. La paralisi istituzionale di Tripoli, osservata con attenzione anche dalle forze orientali di Khalifa Haftar, rischia di trasformarsi in un nuovo vuoto di potere.

“Serve ora un’iniziativa multilaterale credibile per la creazione di un esecutivo rinnovato, inclusivo e realmente rappresentativo, capace di ricomporre l’asse libico e guidare il Paese verso una stabilizzazione sostenibile”, chiosa un osservatore diplomatico europeo. Senza un cambio di rotta politico, la Libia rischia di ripiombare in una frammentazione incontrollabile, con conseguenze dirette per l’intera regione mediterranea.


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