La Chiesa di Leone prosegue nel solco di Francesco con il suo stile e la sua ricerca di un’armonia tra le diversità, non di uniformità, con le differenze che l’identità di papa Prevost già indicano, come è ovvio, in obiettiva novità. Ponendosi nel solco del suo predecessore, come ha chiaramente detto, lo farà con la sua storia, la sua visione, le sue diversità
Con un testo tanto accurato quanto intenso papa Leone XIV ha indicato alcune direttrici del suo pontificato nell’omelia che sempre si ritiene o definisce “programmatica”, quella della messa d’apertura del suo pontificato. Il primo passo sul quale soffermarsi per la sua rilevanza e chiarezza muove dal compito affidato da Gesù a Pietro, quello di pascolare le sue pecore: “Se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo”.
Qui si colgono molti punti utili per collocare Leone nell’odierno contesto ecclesiale. La richiesta di maggiore collegialità è accolta, il successore di Pietro non è un capo solitario. Subito dopo, entrando nella riforma sinodale avviata da Francesco, che comporta un ruolo tutto nuovo per il laicato cattolico, non più sottoposto a quello gerarchicamente superiore ed esclusivo nel governo della Chiesa del clero (clericalismo), Leone scandisce l’espressione “comminando insieme”, che poi equivale a sinodo (camminare insieme), che l’unzione è quella che viene del battesimo e questa unzione indica che costruisce la Chiesa (quindi tutti i battezzati, non soltanto gli ordinati) per concludere con la cruciale citazione di Sant’Agostino, “la Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo”.
Se sembra dunque confermato l’orizzonte della Chiesa sinodale, oggetto di accese discussioni, l’obiettivo è l’unità: “Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato”. Unità, più avanti ci si tornerà, non vuole dire uniformità. Si parte però dalla riconciliazione oggi essenziale al mondo: “In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità”.
Servitrice della riconciliazione, la Chiesa di Leone XIV vive nella storia per offrire a tutti la sua parola: nell’unico Cristo, ripete ricordando il suo motto pontificale, siamo uno. “E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”. I temi di fondo della novità conciliare, del Concilio Vaticano II, tutti al centro dell’iniziativa ecclesiale da Francesco, sono questi. E per perseguirli, nella forma sinodale alla quale si lavorerà per definirla, occorre una Chiesa missionaria, cioè “Chiesa in uscita”, una Chiesa non solo per chi va in chiesa: infatti subito dopo le parole appena citate Leone ha aggiunto: “Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo”.
Dunque la Chiesa è nel mondo, cioè nella Storia, non è al di là o al di sopra di essa. La Chiesa missionaria, ha aggiunto Leone, è una Chiesa “che apre le braccia al mondo, che si lascia inquietare dalla storia e che diventa lievito di concordia per l’umanità”. È qui che, senza citarla come enciclica, Leone ha detto “fratelli tutti”.
Dunque la Chiesa di Leone prosegue nel solco di Francesco con il suo stile e la sua ricerca di un’armonia tra le diversità, non di uniformità, con le differenze che l’identità di papa Prevost già indicano, come è ovvio, in obiettiva novità. Ponendosi nel solco del suo predecessore, come ha chiaramente detto, lo farà con la sua storia, la sua visione, le sue diversità.
Poi a conclusione della celebrazione, dopo aver affermato di sentire la vicinanza spirituale di Francesco, papa Prevost ha ricordato i civili di Gaza, “ridotti alla fame”, il popolo della Birmania ferito da nuove violenze, la “martoriata” Ucraina.