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Seul riparte da Lee Jae-myung. La svolta pragmatica dei progressisti sudcoreani

Seul ritrova ordine istituzionale. Le elezioni consegnano alla presidenza un leader progressista, Lee Jae-myung, su cui la popolazione ripone speranze. Ora, spiega Milani (UniBo), servirà rilanciare il Paese partendo innanzitutto dall’economia, definendo anche le relazioni con Washington e Pyongyang, Tokyo e Pechino

L’arrivo di Lee Jae-myung alla presidenza della Corea del Sud segna la fine di una lunga crisi politica, ma apre interrogativi sulla tenuta del sistema istituzionale, sull’agenda economica e sull’orientamento della politica estera di Seul. Riuscirà il vincitore delle elezioni di ieri a liberare il Paese da quella che ha definito “una rete aggrovigliata di crisi sovrapposte”? È l’argomento di cui ci occupiamo questa settimana su “Indo-Pacific Salad”, anche grazie alla guida di Marco Milani, professore all’Università di Bologna e specialista di storia coreana contemporanea, secondo cui “sicuramente esiste una forte spaccatura ancora oggi in Corea del Sud, ma credo che questo potrebbe essere un buon punto di partenza per ricostruire”.

Lee ha vinto con un ampio margine e può contare su una maggioranza parlamentare, condizione che gli consente di avviare riforme di rilievo. Tra le priorità indicate da Milani c’è la stabilizzazione istituzionale: “Sarà importante iniziare a ragionare, in maniera bipartisan, su aggiustamenti costituzionali che possono essere utili per rafforzare il sistema”, perché “al momento la preoccupazione maggiore per l’opinione pubblica sudcoreana, e la sfida principale per Lee, è quella economica”.

Sul piano economico, Lee sembra essersi spostato da posizioni redistributive verso un approccio orientato alla crescita. Secondo il docente di UniBo, “al momento sembra che l’orientamento sia quello di unire il sistema-paese, inclusi i grandi gruppi industriali”, come dimostra la creazione immediata di una task force economica per affrontare la crisi e i dazi imposti dagli Stati Uniti.

In politica estera, il nuovo presidente mostra discontinuità selettiva rispetto al suo predecessore, soprattutto nella gestione del dossier nordcoreano. Per Milani, “su alcune questioni Lee cercherà di cambiare rotta in maniera piuttosto netta rispetto a Yoon Suk-yeol, come nel caso delle relazioni con la Corea del Nord con cui si tenterà di riaprire il dialogo”, sebbene in modo più pragmatico. Un approccio simile a quello che dovrebbe essere tenuto con la Cina. “In campagna elettorale, Lee aveva parlato della necessità di migliorare i rapporti con la Cina, soprattutto in chiave crescita economica, ma credo che questo verrà fatto in maniera piuttosto graduale, senza inimicarsi in alcun modo gli Stati Uniti”, ricorda Milani.

Il ritorno dei progressisti al governo coincide con un’evoluzione più ampia della loro postura internazionale. Come indicato anche in una recente analisi del Carnegie Endowment for International Peace, il Partito Democratico sta passando da un approccio idealista a una strategia più pragmatica, calibrata sulle nuove dinamiche di sicurezza nella regione dell’Indo-Pacifico. Yoon, con la scellerata mossa della legge marziale, nel dicembre scorso, ha messo i conservatori in una posizione di debolezza. Ora sta a Lee soddisfare le speranze della popolazione.

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(Foto: X, @Jaemyung_Lee)


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