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Terre rare, così la Cina si muove in Myanmar (guardando l’Europa)

L’instabilità del Myanmar diventa occasione per Pechino, che sfrutta i legami con le milizie locali per garantirsi l’estrazione e il trasporto di terre rare. Risorse che la Cina usa come leva commerciale e strumento di pressione sulle industrie (e i governi) occidentali

Nel Myanmar dilaniato dalla guerra civile, Pechino muove le proprie pedine per tutelare i propri interessi. Secondo un’inchiesta di Reuters, nuove miniere di terre rare stanno sorgendo nella regione dello Shan (sita nel Myanmar orientale) sotto la protezione dell’United Wa State Army (Uwsa), una potente milizia locale strettamente legata alla Cina. L’Uwsa dispone di una capacità militare tra i 30.000 e i 35.000 effettivi equipaggiati con armi moderne provenienti principalmente dalla Cina, secondo quanto afferma Ye Myo Hein, senior fellow presso il Southeast Asia Peace Institute, che definisce la milizia “come uno strumento chiave per la Cina per mantenere un’influenza strategica lungo il confine tra Myanmar e Cina e per esercitare un’influenza su altri gruppi armati etnici”.

Le attività di estrazione in questione, spesso condotte in condizioni rudimentali e con l’uso di sostanze chimiche, avvengono in un’area montuosa tra Mong Hsat e Mong Yun, da cui il materiale estratto viene trasportato verso il confine cinese. Queste miniere rappresentano, secondo alcuni esperti, i primi siti di rilievo al di fuori della regione di Kachin. Il controllo su questi nuovi giacimenti arriva in un momento delicato: Pechino ha infatti recentemente perso l’accesso a importanti riserve nel nord del Myanmar dopo che una zona mineraria strategica è finita sotto il controllo di un gruppo armato ostile alla giunta militare birmana, sostenuta proprio dalla Cina.

Questi sviluppi hanno un peso specifico molto alto, che si estende ben oltre i confini del Paese asiatico. Che le terre rare siano uno dei settori dove Pechino detiene un forte vantaggio, non è certo una novità. E neanche che Pechino intenda sfruttare tale vantaggio per i propri fini. L’ultimo fenomeno collegato a questa dinamica è stato portato all’attenzione da una recente inchiesta del Financial Times, la quale ha rivelato come le autorità cinesi stiano imponendo alle aziende occidentali di condividere informazioni riservate, dai dettagli dei processi produttivi ai nomi dei clienti fino a fotografie e video delle proprie linee di montaggio, per ottenere le licenze di esportazione di metalli rari e magneti. In alcuni casi il ministero del Commercio cinese ha anche richiesto informazioni sulle applicazioni finali, sulla forza lavoro impiegata e sulle relazioni commerciali precedenti. Frank Eckard, ceo della tedesca Magnosphere, ha suggerito che la Cina sta usando queste pratiche per ottenere “ufficialmente” informazioni sensibili che un tempo si temeva potessero essere sottratte tramite spionaggio industriale.

Questo approccio sembra essere comparso piuttosto di recente, e in particolare in seguito all’introduzione di nuovi controlli sulle esportazioni ad aprile, in risposta alle politiche dell’amministrazione Trump. Anche se Stati Uniti e Cina hanno recentemente raggiunto un’intesa preliminare per facilitare il commercio di terre rare, non è chiaro se questo porterà ad un allentamento delle attuali restrizioni. Intanto, molte aziende occidentali sembrano disposte a conformarsi alle richieste di Pechino pur di garantirsi la continuità della fornitura. D’altronde, “le imprese sono pronte a fare tutto ciò che la Cina vuole pur di ottenere le forniture”, come ha detto un imprenditore europeo, che ha scelto di rimanere anonimo, ai giornalisti del Ft.


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