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Tecnologia, etica e governance. A Roma si discute il futuro dell’AI

Dai principi dell’umanesimo al potenziamento umano: l’AI non deve sostituire l’uomo ma amplificarlo. A Roma, tra avvocati, teologi e big tech, si discute il futuro di una tecnologia che solleva domande fondamentali per il genere umano

“La vostra presenza testimonia l’urgente necessità di riflessioni e discussioni serie sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale”. Con queste parole Papa Leone XIV apre il suo messaggio, letto da Monsignor Cristopher Washington, indirizzato alla platea della “Rome Conference on AI, Ethics, and the Future of Corporate Governance”. La kermesse, organizzata da Wilson Sonsini Goodrich & Rosati e Libra Legal Partners, si è posta l’obiettivo di affrontare le grandi questioni relative allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, una tecnologia che, come affermato dallo stesso Santo Padre nel suo messaggio, “è una speranza per il futuro, ma anche una fonte di dubbi profondi”. Ad animare il dibattito una tavola rotonda con panelist delle più diverse estrazioni moderata da Pierluigi Matera, Founding Partner di Libra Legal Partners and Professore di Legge alla Boston University, Lcu e Luis, e David J. Berger, Partner presso Wilson Sonsini e President of the American College of Governance Counsel.

Ad aprire i lavori è stato l’Arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente Emerito della Pontificia Accademia per la Vita, che ha fatto eco alle parole di Leone, affermando che stiamo attraversando un “un momento di profonda trasformazione storica” in cui lo sviluppo di tecnologie disruptive come l’AI (ma non solo) si combinano con una “policrisi che mette in discussione i principi stessi della democrazia”. In un mondo in cui l’umanità si trova a confrontarsi con la crescita del potere delle macchine, è fondamentale riprendere i valori dell’umanesimo su cui costruire un “nuovo Rinascimento”, sottolineando che “la tecnologia non è neutrale, ma riflette i valori e gli scopi di chi la sviluppa e di chi la usa. Dobbiamo essere coscienti di ciò”.

Una linea, quella di Paglia, su cui si attesta anche la direttrice degli affari legali di Google Marilù Capparelli, secondo cui “l’IA non sta rimpiazzando l’umanità, la sta soltanto amplificando, e l’umanità deve rimanere sempre al centro”. Rifacendosi agli affreschi rinascimentali della stanza, riprende a sua volta il concetto di umanesimo invitando la platea ad adottare un approccio basato sugli stessi principi.  “La parola chiave adesso è ‘trasformazione’. Dovremmo focalizzarsi su questa piuttosto che su ‘automazione’. Potenziare gli umani, non sostituirli”.

Approccio simile quello di Kosta Starostin, General Counsel di Cohere, il quale stressa il fatto che in questa sfida “Non dobbiamo perdere di vista l’umanità. Queste tecnologie sono strumenti, e vanno utilizzati da parte degli esseri umani in quanto tali. L’IA è una manifestazione tecnologica dell’umanità, un modo con cui essa può esplorare il mondo”. Starostin afferma anche che, se da una parte l’IA “servirà l’umanità intera”, dall’altra “impatterà su ogni singola industria”, indicando anche una dinamica economica che si imporrà con forza nel futuro più o meno prossimo.

“C’è un sacco di soldi da guadagnare con tutto questo. Siamo in una corsa all’oro, e molte persone cercheranno di guadagnare il più possibile” avverte il Segretario del Dicastero della Cultura e dell’Educazione, l’arcivescovo Carlo Maria Polvani, “Non sempre sappiamo nemmeno con precisione come funzionano queste macchine, perfino chi crea gli algoritmi a volte non riesce a spiegare esattamente come prendano certe decisioni. E le cose peggioreranno sempre di più con il miglioramento dei computer. Basti pensare all’arrivo del quantum computing”.

Per questo è necessario agire con prudenza, talvolta anche rinunciando al profitto commerciale in nome di valori superiori. Come fatto ad esempio da Anthropic: l’Assistant General Counsel della società Patrick Ekeruo ha dichiarato che, nonostante avessero già ultimato da qualche anno un prodotto simile al chatbot di ChatGPT, hanno deciso di ritardarne volutamente il lancio sul mercato per poter garantire una maggiore safety, secondo un comportamento che ci si dovrebbe aspettare da un’azienda leader del settore. Anche la Senior Vice President & Chief Legal Officer di Ibm Anne E. Robinson si schiera a favore della sicurezza raggiungibile attraverso la regulation, per portare avanti la quale bisogna guardare l’esempio virtuoso di quanto già fatto fino ad ora. Su quanto affermato da Robinson ragiona Jeffrey Saviano, Partner-in-Charge of Emerging Technology and Governance Practice presso Ey e Center Associate presso l’Edmond & Lily Safra Center for Ethics di Harvard, che ricorda come esistano altre forme di regualtion possibili oltre a quella governativa.

Ma c’è anche un’aspetto profondamente umano da considerare. “Homo sum humani nihil a me alienum puto” è la frase del commediografo latino Terenzio scelta da Andrea Appella, Associate General Counsel di OpenAI e Visiting Professor presso il King’s College London, per rimettere al centro il carattere “umano” dell’Intelligenza Artificiale.

“L’offuscarsi del confine tra ciò che è umano e ciò che non lo è sarà sempre più seducente. Questo porterà probabilmente alla creazione di tecnologie per il potenziamento umano. Un beneficio non solo per l’economia e la società, ma anche un’occasione per affrontare alcune domande fondamentali, come: ‘Cosa significa essere umani?’” è la riflessione suggerita da Nathaniel Persily, McClatchy Professor of Law presso la Stanford Law School e Codirector Stanford Cyber Policy Center. Una prima risposta arriva da Capparelli, che afferma come “Le aziende hanno la responsabilità di sviluppare modelli che siano consapevoli di essere macchine e abbiano la responsabilità di comportarsi come tali, e non come qualcos’altro. Sarà necessario insegnare, sia alle macchine che agli utenti, quali siano i rispettivi ruoli e cosa siano, esattamente, gli “attori” in questione”. Anche Monsignor Paglia rileva come la nostra società si trovi già di fronte a termini come transumano, postumano, e umano aumentato, avvertendo che la debolezza dei limiti implicita in queste parole è un rischio. “Non deve essere l’umanità a diventare tecnologica, ma la tecnica a diventare umana. Non ci deve essere un’egemonia su, ma piuttosto un servizio all’umanità”.


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