In occasione delle comunicazioni alla Camera in vista della riunione del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno, la presidente del Consiglio ha esposto la traccia italiana non solo nella crisi mediorientale ma anche rispetto a tutti i temi sul tavolo internazionale che si intrecciano geopoliticamente all’Iran: ovvero Libia, Nato, Balcani, Ue. Punto di partenza il binomio tra dialogo e autorevolezza. “La nostra nazione potrebbe porsi come mediatore tra il Sahel e l’Occidente avviando un processo virtuoso e coordinato”
Il momento è complesso, dato dal periodo di grande tensione globale, “nel quale è necessario mantenere il timone saldo e la rotta tracciata coerente”. Palazzo Chigi ha chiara in mente la rotta: un’Italia protagonista in tutti i tavoli, costruttrice di ponti e di dialogo con tutti i partner, chiara nel suo posizionamento euroatlantico e mediterraneo.
C’è un dato strutturale che spicca, più di altri, nel ragionamento che Giorgia Meloni affida alla Camera dei Deputati, alla vigilia del Consiglio europeo del 26 e 27 giugno. Gli enormi rischi dettati dalla destabilizzazione dell’area devono rappresentare il primo paniere di elementi da tenere d’occhio, con anche una precisa consapevolezza politica: è importante il dialogo del governo con Parlamento e opposizioni, “farò di tutto per ampliare questo dialogo”. Da qui è utile partire per analizzare il discorso della premier, che ha toccato tutti gli aspetti della crisi mediorientale intrecciati geopoliticamente all’Iran: ovvero Libia, Nato, Balcani, Ue.
L’impegno di Roma si concretizza in un doppio banco di prova. Primo: “La nostra nazione potrebbe porsi come mediatore tra il Sahel e l’Occidente avviando un processo virtuoso e coordinato”, aggiungendo che l’Italia “sostiene il riavvio del dialogo politico e dello sviluppo con i tre Paesi dell’area del Sahel”. Secondo: “Non lasceremo l’Italia esposta e incapace di tutelare i suoi interessi”, dopo che si stanno moltiplicando caos e insicurezza. Per questa ragione servono “impegni chiari e sostenibili”, uno dei quali tocca le spese per la difesa.
L’impegno italiano per il 2% del Pil per le spese della difesa è un impegno preso dal 2014 che “tutti i governi italiani, di qualsiasi colore, hanno confermato senza mai raggiungerlo” ma “è un obiettivo che noi abbiamo raggiunto rispettando la parola che l’Italia aveva dato a livello internazionale”, perché “nessuna nazione può essere indipendente se affidata ad altri la propria sicurezza”, ha osservato, “se non ti sai difendere non decidi, se non decidi non puoi considerarti pienamente libero”.
Il principale tema connesso all’Iran è, evidentemente, quello del mare nostrum dove la Libia resta area ultrasensibile alle contaminazioni esterne. In questo senso Meloni osserva che l’Est e il Sud della Libia sono già le principali teste di ponte della proiezione militare russa in Africa: “C’è il rischio concreto che la Russia possa sfruttare l’instabilità attuale per rafforzarsi ulteriormente in Libia e quindi per rafforzarsi nel Mediterraneo e siamo intenzionati a portare il tema in Consiglio europeo per chiedere ai nostri partner all’Unione di prestare maggiore attenzione a questa brevemente dinamica”. Ecco perché la stabilità della Libia e dei Paesi confinanti, ha aggiunto, “rappresenta un elemento determinante anche per il contenimento dei flussi migratori irregolari per il contrasto dei traffici illeciti che attraversano il Mediterraneo centrale: è infatti nei vuoti di potere e nella Libia debolezza delle istituzioni che si radicano le reti criminali i trafficanti che sfruttano instabilità e fragilità per circuiti alimentari migratori fuori controllo, forme di economia illegale che minacciano direttamente la nostra sicurezza”.
Ma dopo l’analisi sui fronti aperti, occorre una proiezione che la premier indica alla voce regole: le convenzioni internazionali non rappresentano una fredda cornice: “Con il primo ministro danese e altri sette leader europei, che sono certa aumenteremo, vogliamo continuare a cercare soluzioni sempre più efficaci. Per questo il 22 maggio abbiamo firmato una lettera con cui chiediamo di aprire una riflessione di alto livello sul tema delle convenzioni internazionali a cui siamo legati e sulla capacità di quelle convenzioni, a distanza di decenni dalla loro adozione, di affrontare le questioni del nostro tempo a partire dal fenomeno migratorio”.
Su Gaza riprende la posizione più volte espressa dall’Italia, ovvero che la legittima reazione di Israele “sta assumendo forme inaccettabili”, mentre sulla complessiva programmazione della strategia per l’Africa la bussola non può che essere il Piano Mattei “non più strategia solo italiana grazie a collaborazione con Global Gateway”, e toccherà ora ai legislatori europei portare avanti i relativi negoziati sul concetto di Paesi sicuri. “L’Italia è all’avanguardia in questo dibattito”.