La presa di posizione ellenica contro Ankara si inserisce in un momento in cui aumentano i flussi migratori da Tripoli a Creta, con Atene pronta ad inviare le sue fregate. L’elemento della possibile strumentalizzazione dei flussi come braccio di guerra ibrida è stato sollevato da Meloni all’Aja, quando ha messo l’accento sulle intenzioni russe in Libia, dopo il ritiro dalla Siria. È l’Italia in questa fase, forte del sostegno sull’immigrazione da parte di moltissimi Paesi, a provare a rialzare l’attenzione europea sul dossier
Energia e migranti. Da un lato l’accordo tra Libia e Turchia per un corridoio di zona economica esclusiva (Zee) alla voce gas è stata la risposta alla mancata costruzione del gasdotto Eastmed, fatti passati in secondo piano dopo l’esplosione delle guerre a Gaza e in Iran. Dall’altro, cresce a dismisura la pressione su Atene (che tra gas e petrolio prosegue nelle indagini nella propria Zee a Creta) per via dei flussi inviati dalla Libia. Nel mezzo la composizione di un quadro che deve “intendersi” con il Nato summit, con il consiglio europeo e con gli indirizzi di altri paesi come l’Italia che, sul fronte dell’immigrazione clandestina, è riuscita a coagulare attorno a sé numerosi consensi.
Qui Atene
La posizione del governo greco è che il memorandum turco-libico è illegale, “useremo tutte le misure a nostra disposizione, direi come Grecia ma anche come Europa, sia la carota che il bastone, per dirla in modo più popolare, per garantire che questo nuovo percorso non si consolidi”. Kyriakos Mkitsotakis non usa giri di parole e mette i paletti sull’annosa questione: dice che una parte significativa di coloro che utilizzano questa rotta, cittadini egiziani, dovrebbero essere rimpatriati immediatamente con un preciso messaggio da recapitare al Cairo: accettare il rimpatrio dei suoi cittadini, che alla fine finiscono in Europa senza diritto d’asilo, poiché l’Egitto è considerato un Paese sicuro.
Sulla difesa europea ha osservato che si tratta di un fatto positivo che anche Paesi che in passato rientravano nella categoria dei frugali, come Danimarca e Finlandia, riconoscano la necessità di maggiori spese per la difesa e concordino sul fatto che anche queste spese potrebbero dover essere finanziate da qualche strumento europeo. Libia e Turchia, inoltre, vogliono condurre indagini nella regione: è lì che Mitsotakis attacca a testa bassa. “Il memorandum turco-libico è inesistente e illegale: non accettiamo, né come Grecia, né come Europa, un simile fatto compiuto. Invito la Libia, e qualsiasi autorità libica, a condurre un simile negoziato, dubito che ciò possa essere fatto finché la Libia avrà un governo unitario, per delimitare le zone marittime”.
Il caso flussi
Inoltre il primo ministro ha sollevato la questione dell’aumento dei flussi migratori dalla Libia a Creta, con la possibilità che Atene mandi le proprie navi da guerra al di fuori delle acque territoriali libiche per costringere le imbarcazioni dei trafficanti a tornare nel Paese africano. In questo senso ha chiesto di rafforzare la cooperazione europea con la Libia in materia di gestione dei flussi migratori, passaggio che già era stato sottolineato dal Consiglio europeo. Che la situazione flussi stia cambiando nell’Egeo lo dimostra anche la lettera della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen a tutti i leader europei, in cui si mette nero su bianco l’ aumento del 173% degli arrivi dalla Libia orientale in Grecia. Per questa ragione il prossimo 8 luglio il Commissario europeo all’immigrazione Magnus Brunner visiterà la Libia assieme ai Ministri delle Migrazioni di Grecia, Italia e Malta. La Commissione parla di “possibile strumentalizzazione dei flussi migratori dalla Libia”.
Qui Roma
L’elemento della possibile strumentalizzazione dei flussi migratori come braccio di guerra ibrida è stato sollevato dalla presidente del consiglio Giorgia Meloni all’Aja, quando ha messo l’accento sulle intenzioni russe in Libia, dopo il ritiro dalla Siria. E l’Italia in questa fase, forte del sostegno sull’immigrazione da parte di moltissimi paesi, a provare a rialzare l’attenzione europea sul dossier. Ma proprio a causa della difficilissima politica in Libia, la Commissione europea non può siglare un memorandum di cooperazione con Tripoli così come fatto nei mesi precedenti con Cairo e Tunisi, dove la spinta italiana si era materializzata nel viaggio strutturato nei due paesi con Meloni, von der Leyen e Rutte, che aveva poi portato alla sigla degli accordi. Ufficialmente il Consiglio europeo rafforza il sostegno alla Libia e alla missione delle Nazioni Unite, ma le problematiche connesse alla messa a terra del progetto non mancano.