A Montecitorio gli Stati generali dell’energia con i manager delle grandi partecipate e il vicepremier Antonio Tajani. L’Italia è entrata in una nuova fase, fatta di importazioni e autosufficienza. La spinta di Terna sulla sicurezza della rete e il nucleare sempre più vicino
Questione di energia, questione di vita. L’Italia proiettata, almeno da un punto di vista politico, verso il nucleare, cerca nelle more un nuovo assetto. Consapevole che le forniture di gas dalla Russia sono ormai un lontano ricordo e che il futuro si giocherà, aspettando il ritorno dell’atomo, sul versante africano e americano. Nel primo caso, mentre la tela del Piano Mattei si rafforza sempre di più, lo Stivale punta ad assicurarsi robusti approvvigionamenti di metano, anche grazie al ruolo di Eni in veste di connettore. Nel secondo, oggi l’Italia compra Gnl dagli Stati Uniti, assicurandosi fino a 5 miliardi di metri cubi all’anno. Gas a parte, e sempre che alla fine il nucleare diventi realtà, l’altro baricentro del mix saranno le rinnovabili. Le quali però, vale sempre la pena ricordarlo, non bastano a coprire il fabbisogno e a raffreddare le bollette in caso di shock esterni.
L’ORA DI UN MERCATO UNICO DELL’ENERGIA
Il punto della situazione è stato fatto presso la Sala della Regina della Camera, dove Forza Italia ha riunito manager, imprenditori, rappresentanti del mondo dell’energia, parlamentari e ministri, in occasione degli “Stati generali dell’energia”. Una maratona di quasi 10 ore nel corso della quale si sono affrontati tutti i temi legati all’energia. Il là ai lavori lo ha dato il vicepremier Antonio Tajani, uno tra i ministri e membri del governo presenti. “Oggi è tempo di una politica energetica diversa, che punta sul nucleare ma anche sulle rinnovabili, sulle bioenergie, una visione complessiva che deve permettere al nostro Paese di essere competitivo”, ha subito messo in chiaro Tajani.
D’altronde, “la questione energetica è la chiave della crescita del sistema Italia. Abbiamo dei prezzi eccessivi, c’è troppa speculazione, ecco perché serve il nucleare, e poi bisogna arrivare a un mercato unico dell’energia a livello europeo”. Se non si fa questo, ha proseguito il vicepremier, “si conservano privilegi e posizioni dominanti che mettono piombo sulle ali di un sistema che potrebbe ottenere molto di più”. Di qui una prima conclusione, che è anche un po’ il senso dei lavori. “Oggi si parla certamente di energia, di quali sono i punti chiari e di cosa bisogna fare, sapendo bene che queste sono anche scelte di politica sociale, sono scelte che vanno nella direzione di sostenere i nostri concittadini. Quindi non è soltanto una giornata per addetti ai lavori, è una giornata di alto significato politico, perché per noi la politica energetica è fondamentale in un sistema come quello italiano”.
BASTA CERCARE ALIBI
La parola è poi passata ai manager delle più importanti società energetiche italiane, a cominciare da quelle attive nel campo della distribuzione. Tra questi, moderati dal deputato di Forza Italia, Alessandro Cattaneo, Agostino Scornajenchi, ceo di Snam. “Credo che sia arrivato il momento di smettere di giocare ai guelfi e i ghibellini o cercando un nemico a tutti i costi. Le bollette, lo sappiamo, le paghiamo tutti e le paghiamo tre volte tanto rispetto a qualche anno fa. Siamo sempre stati a caccia di un nemico da combattere per abbassare i costi e abbiamo sempre eletto le rinnovabili a ruolo di cavaliere bianco. Ma come si fa, per davvero, l’energia? Facciamo una panoramica: l’idroelettrico, che ha 100 anni, resiste, poi ci sono le energie pulite, che sono una quota e tutto il resto è importato: dalla Francia, dagli Stati Uniti”, ha spiegato il numero uno di Snam. “Credo che l’Italia oggi debba semplicemente provare a puntare alle proprie potenzialità, alle proprie risorse. Pensiamo solo ai rigassificatori.”
L’ITALIA DINNANZI AL BLACK OUT SPAGNOLO
Anche Giuseppina Di Foggia, amministratore delegato e direttore generale di Terna, ha detto la sua, spostando il baricentro sulla situazione della sicurezza energetica italiana, rispetto ad altri Paesi. “Si dà troppo spesso per scontato che la rete, una volta costruita, brilli di luce propria. Tutto ciò premesso, pensando a quanto successo in Spagna, settimane fa (un gigantesco black out energetico, il 1 maggio, ndr), c’è una differenza con il nostro Paese. Dal punto di vista tecnico, nel nostro piano industriale ci sono ingenti investimenti in digitalizzazione e sicurezza, al fine di prevenire eventuali vulnerabilità. In questo senso abbiamo installato sistemi di compensazione, per evitare sbalzi di tensioni”, ha spiegato Di Foggia.
“L’infrastruttura di Terna è coperta di sensori che permettono di intervenire prima che si verifichi un problema. Inoltre, abbiamo aumentato la spinta sulla cybersecurity, passando da 1,3 a 2 miliardi in termini di investimenti. Tradotto, fino al 2028 investiremo circa 2 miliardi di euro per garantire la sicurezza elettrica, fisica e cyber dei nostri asset presenti sul territorio nazionale. Inoltre, abbiamo creato una unità interna che è addetta alla sicurezza, sotto un unico cappello, alla sicurezza energetica”. C’è poi un tema di regolamentazione. “Le rinnovabili debbono sottostare a delle norme molto stringenti, per esempio è possibile limitare l’immissione delle stesse rinnovabili nell’infrastruttura di rete. Questo ci permette di evitare scostamenti di tensione, cosa che è successa in Spagna, per l’appunto.”
POTERE DELLA FILIERA
Anche un altro manager, Vincenzo Ranieri, ceo di Enel Distribuzione, è stato chiamato a condividere le riflessioni emerse durante gli Stati generali. Qui il discorso è caduto sui consumi. “In questo momento l’Italia è il Paese con il più alto numero di produttori sulle reti. Adesso abbiamo di fronte degli obiettivi sfidanti, il Paese ha deciso di alzare di molto l’asticella: come concertare l’accessibilità a basso costo alle fonti, con la sostenibilità. In questo senso, le reti sono essenziali. Oggi abbiamo bisogno di circa 6 miliardi all’anno per le reti di distribuzione. Però sono investimenti che hanno un impatto sul Pil ogni anno per 13 miliardi, dunque il ritorno c’è eccome. Inoltre c’è un impatto sul valore della produzione di 27 miliardi”, ha spiegato Ranieri. “La sfida è doppia, insomma: sostenere la filiera, con gli investimenti di cui abbiamo parlato e poi potenziarla.”