Durante il dibattito organizzato dall’European Council on Foreign Relations (Ecfr), Olivier Bringer, head of unit policy outreach and international affairs della Commissione europea, e Anne Marie Engtoft Meldgaard, ambasciatrice digitale per il ministero degli Esteri danese, hanno sottolineato in che modo l’Europa intende essere competitiva e attraente mantenendo saldi i suoi valori e la sua visione umanocentrica della tecnologia. Perché regole e sviluppo possono convivere
Competitività, sicurezza, partnership. Sono le tre parole guida che indirizzano l’International Digital Strategy dell’Unione europea, il piano pensato da Bruxelles per promuovere la propria visione tecnologica nel mondo. Presentata lo scorso 5 giugno, la strategia sottolinea l’importanza di dotarsi di capacità proprie, in modo tale da riequilibrare la dipendenza dai Paesi terzi sulle tecnologie critiche come i sistemi satellitari e i servizi cloud. Per farlo serve però puntare sulle proprie eccellenze e far crescere quelle più piccole. Esattamente quello che è emerso durante il dibattito virtuale organizzato dall’European Council on Foreign Relations (Ecfr), a cui hanno preso parte Olivier Bringer, head of unit policy outreach and international affairs della Commissione europea, e Anne Marie Engtoft Meldgaard, ambasciatrice digitale per il ministero degli Esteri danese, che ha dato un’idea di quello su cui punterà la Danimarca durante i prossimi 6 mesi in cui Copenaghen sarà presidente di turno.
Proprio in questo senso, ha spiegato Engtoft Meldgaard, “se vogliamo essere una superpotenza digitale dobbiamo ragionare su dove stanno andando le tecnologie” e, soprattutto, “la strategia digitale internazionale deve rispondere alle nostre visioni” riflettendo “l’approccio umanocentrico della tecnologia. Dobbiamo pensare a cosa può fare l’Ue per il mondo, parlare con una voce sola. Per me è l’affermazione dei nostri valori”. C’è da farlo comprendere anche agli alleati, specialmente gli Stati Uniti che hanno un modo differente di intendere la trasformazione digitale.
Su questo, ha affermato Bringer, “dobbiamo mostrare che il nostro approccio funziona”. Un esempio arriva dai Paesi dei sud-est asiatico, interessati a inglobare l’intelligenza artificiale nella propria infrastruttura pubblica guardando al modello europeo. “Anche perché gli standard non sono scritti da un funzionario dell’Ue come me, ma dall’industria. Dobbiamo insistere su questo, credo che sia molo importante la dicotomia tra regolare e innovare. Non sono collegate, questa è una cosa importante” da evidenziare.
Per esportare il modello europeo, non si può che fare affidamento sui talenti interni. “Stiamo ingaggiando il settore privato per mobilizzare le nostre aziende per cercare di capire quali siano i loro bisogni”, ha aggiunto Bringer. “Vogliamo vedere insieme a loro in che modo possiamo supportarle. Non siamo qui solamente per legiferare, ma anche per supportare. Abbiamo potenzialità, dobbiamo cercare di comprendere quali siano le esigenze delle nostre aziende per essere più appetibili sui mercati terzi. Dobbiamo supportarle come parte dell’offerta tecnologica dell’Ue. Abbiamo la base, ma dobbiamo mobilizzare le compagnie e accompagnare in questo percorso”.
Allo stesso tempo, bisogna attrarre. I discorsi sulle gigafactory per immagazzinare dati vanno avanti, sebbene siamo ancora in una fase primordiale. L’interesse c’è, ha confermato Bringer, resta da “capire con gli Stati dove c’è più bisogno” di un data center. Perché adesso “è il momento di investire. Siamo solo all’inizio del viaggio”.