La commemorazione del trentesimo anniversario del massacro di Srebrenica è utile anche per fare il punto sui progressi e sugli errori compiuti in quella macro regione, area da un lato interessata dalle politiche europee di allargamento e dall’altro dalle mire dei super players esterni. Prezioso il richiamo del capo dello stato alle legittime aspirazioni dei popoli balcanici. Visita in Bosnia dell’alto funzionario dell’Ufficio per gli Affari europei ed eurasiatici degli Stati Uniti, Brendan Hanrahan
Un genocidio, che richiama a morte e sofferenza. Accanto ad una prospettiva di nome Europa. Trent’anni fa il genocidio di Srebrenica, ricordato oggi dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, come una “tragedia che, a dispetto delle migliori speranze, fu emblematica degli orrori indicibili in cui poteva sprofondare nuovamente l’Europa”. Ma quell’episodio, riletto a distanza di tre decenni, può rappresentare preziosa occasione analitica per riflettere su quali e quanti progressi hanno compiuto i paesi dell’area balcanica, accanto agli errori evidentemente politici che non hanno permesso la soluzione di controversie e problematiche, da ultima quella tra Serbia e Kosovo con gli accordi di Ocrida inapplicati. Nel mezzo le iniziative di Usa e Ue per non perdere altro terreno.
Il genocidio e l’orizzonte Ue
La coscienza della comunità internazionale, ha scritto il Capo dello Stato nel suo ricordo sull’anniversario del genocidio, “non è uscita indenne da quegli eventi che hanno lasciato in eredità la consapevolezza che esiste una responsabilità collettiva, che invoca l’intervento e la condanna dei popoli”. Mattarella la definisce “una triste lezione che, al pari di altre, alimenta il dovere condiviso di prevenire e combattere simili atrocità e condannare con fermezza qualsiasi tentativo di riduzionismo o negazionismo”. E offre anche un punto di caduta che va oltre il ricordo quando sottolinea che “l’orizzonte europeo, in cui si iscrivono le aspirazioni dei popoli dei Balcani, rappresenta i valori di libertà, democrazia e uguaglianza di diritti che sono alla base del pacifico vivere comune tra i diversi popoli, nel rispetto delle loro specificità”.
Concetti che sono risuonati anche nella Camera dei Deputati che, in una cerimonia ufficiale, ha oggi ricordato le oltre 8 mila vittime dell’eccidio alla presenza dell’Ambasciatrice di Bosnia ed Erzegovina in Italia, Amira Arifovi Harms. Secondo Pier Ferdinando Casini, Presidente dell’Interparlamentare Italiana il genocidio di Srebrenica “rappresenta un monito potente e doloroso, una ferita aperta nella storia europea, che ci ricorda quanto sia importante vigilare con impegno contro l’odio, la discriminazione e l’intolleranza, e ricordare Srebrenica è un dovere morale, ma anche un riferimento per il presente e per il futuro. Significa non solo onorare le vittime, ma impegnarci per costruire un’Europa più giusta, più salda nei suoi valori e più capace di incidere. Perché l’Europa non sia solo un mercato o una moneta, ma sempre più una comunità di valori, di responsabilità e di storia condivisa”. Il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, il friulano Luca Ciriani, ha messo l’accento “sull’escalation militare, la paura e le preoccupazioni derivanti dalla dissoluzione dell’ex Jugoslavia, timori condivisi da tutti, percepiti anche dall’Onu, che avrebbe dovuto proteggere quella popolazione e territorio, ma non lo fece”.
Le prospettive di domani e il ruolo degli Usa
In Bosnia oggi si è recato il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, che propone al paese di percorrere insieme il cammino verso la riconciliazione: “Siamo impegnati a sostenere la Bosnia-Erzegovina nel superare l’eredità del passato e nel costruire un futuro come membro dell’Ue , dove prevalgano pace, giustizia, dignità umana e prosperità”. Ma i problemi non mancano, per questa ragione l’alto funzionario dell’Ufficio per gli Affari europei ed eurasiatici degli Stati Uniti, Brendan Hanrahan, ha incontrato oggi i vertici politici del paese, due membri della presidenza Zeljka Cvijanovic e Zeljko Komsic, la presidente del Consiglio dei ministri Borjana Kristo e il ministro degli Esteri Elmedin Konakovic. Il tema centrale è stato quello della stabilità regionale che passa verosomilmente dalla crescita economica sostenibile in settori chiave come l’energia e le infrastrutture.
Secondo Hanrahan gli Stati Uniti restano un partner fermo e impegnato della Bosnia e continuano a rafforzare le relazioni tra i due Paesi, ma restano forti le preoccupazioni sulle contrapposizioni locali come quella che vede protagonista il Presidente della Republika Srpska, il leader serbo-bosniaco Milorad Dodik a cui la Corte della Bosniia ha revocato la detenzione ma ha imposto misure interdittive. Una decisione che annulla di fatto il mandato di arresto precedentemente emesso contro Dodik e che aveva causato reazioni nella Republika Srpska, una delle due entità in cui è suddiviso il paese, abitata a grande maggioranza da serbi bosniaci. In passato Dodik ha sostenuto posizioni filorusse, agitando lo spettro della secessione dal resto del paese. Infine una nota giornalistica: dopo quasi 15 anni di attività chiude i battenti Al Jazeera Balkans, presente nella regione con sedi a Belgrado, Zagabria, Podgorica, Skopje, Lubiana e Pristina.