Il docente della Bologna Business School e autore offre il suo giudizio sulle questioni tecnologiche presenti nell’intesa commerciale tra Usa e Ue, il cui risultato è sbilanciato a sfavore di Bruxelles, criticando fortemente il modus operandi europeo che, con la troppa burocratizzazione, sta soffocando in primis il suo sviluppo
“Non è stato preso alcun impegno sulla regolamentazione del digitale, né sulla tassazione dei servizi digitali”, affermano fonti europee all’indomani dell’accordo sottoscritto con gli Stati Uniti. Si pensava che la contromisura di Bruxelles potesse essere l’introduzione della web tax per le Big Tech americane, come sventolato più volte. Ma così non è stato, pur “tutelando con fermezza il nostro diritto a regolamentare, uno degli obiettivi centrali del negoziato”. Dalla Commissione europea c’è chi esulta, mentre gli analisti sono scettici sull’esito dell’accordo. A parlare con Formiche.net dei risvolti tecnologici dell’intesa è Alec Ross, docente alla Bologna Business School ed autore, con un passato da consigliere nell’amministrazione di Barack Obama.
Qual è la sua opinione sull’accordo commerciale tra gli Stati Uniti e l’Unione europea, considerando gli aspetti tecnologici dell’intesa?
Donald Trump ha mangiato i negoziatori europei a pranzo. Le sue tattiche di intimidazione ed esagerazione hanno funzionato positivamente nel raggiungimento dei suoi obiettivi, mentre gli europei sono apparsi estremamente deboli al confronto. Penso che gli aspetti tecnologici dell’accordo siano abbastanza equilibrati. L’assenza di un settore tecnologico vitale in Europa ha creato una dipendenza quasi totale dagli Stati Uniti, e trasformare il settore tecnologico in un’arma nel contesto del commercio globale non fa altro che danneggiare gli interessi europei. In sostanza, l’Europa aveva pochissimo potere contrattuale a causa della sua mancanza di capacità nel settore tecnologico.
Pensa che l’Unione europea abbia fatto bene a non usare il tanto invocato bazooka?
Purtroppo, l’Ue non ha davvero un bazooka. L’incapacità di Bruxelles di fare altro che regolamentare ha creato una situazione di sostanziale asimmetria economica tra gli Stati Uniti e l’Europa. L’incapacità dell’Ue di prendere sul serio le minacce poste dalla stagnazione economica – e di ignorare sostanzialmente i manuali su come crescere e competere, come il rapporto Draghi – significa che si trova in una posizione in cui è costantemente vittima delle prepotenze di Donald Trump e degli americani. Avrei pensato che sei mesi fa le dichiarazioni di Trump e del suo vice presidente, J.D. Vance, avrebbero risvegliato von der Leyen, i suoi commissari e i suoi burocrati. Ma così non è stato. Senza forza economica, non c’è bazooka.
La web tax avrebbe potuto essere la risposta giusta?
Qualsiasi web tax verrebbe trasferita direttamente sui consumatori europei a causa della mancanza di offerte europee. La dipendenza dai sistemi operativi americani, dalle GPU, dai social media, dal cloud, dalle piattaforme SaaS e da altri livelli dello stack tecnologico significa che, se ad esempio venisse imposta una tassa digitale del 10%, le aziende trasferirebbero l’intero 10% ai propri clienti europei, quindi si tratterebbe di fatto di un’autotassazione. Si pensa di tassare le aziende tecnologiche americane, ma in realtà si tassa se stessi. Questo non sarebbe il caso se esistesse un settore tecnologico europeo più dinamico, in cui una tassa sui servizi americani consentirebbe ai concorrenti europei di essere più attraenti. Tuttavia, il fatto che non esistano veri concorrenti europei ai livelli più fondamentali riduce l’efficacia di una tassa. Ciò non fa altro che diminuire ulteriormente la competitività e rallentare ulteriormente la crescita europea. La mentalità europea deve passare dalle tasse e dalla regolamentazione agli investimenti e alla crescita. Altrimenti, continuerà a perdere nei negoziati.
Pensa che l’Ue sia troppo oppressiva nei confronti delle grandi aziende tecnologiche americane?
L’Ue è troppo oppressiva nei confronti delle aziende tecnologiche europee. Non ha un piano. Non investe. È troppo regolamentata. C’è una proliferazione di piccoli programmi e progetti pilota che sono irrilevanti se esaminati su scala globale. Le interazioni dell’Ue con le grandi aziende tecnologiche americane contribuiscono solo alla sua umiliazione. L’Ue dovrebbe occuparsi di creare le condizioni per la crescita della tecnologia locale in Europa.
Le norme eccessivamente rigide costituiscono quindi un ostacolo all’innovazione tecnologica europea?
L’America innova. La Cina replica. L’Europa regolamenta. L’Ue si sta regolamentando fino a diventare irrilevante nel campo della tecnologia. Ad esempio, la legge dell’Ue sull’intelligenza artificiale potrebbe essere una delle leggi più stupide mai scritte. Non fa nulla per preservare la privacy o promuovere i diritti umani o i valori europei. Produce solo burocrazia, conformità e scartoffie. È un atto di teatro politico. L’Europa ha ora più cose in comune con la Papua Nuova Guinea che con gli Stati Uniti o la Cina per quanto riguarda l’intelligenza artificiale. Per questo possiamo ringraziare i politici e i burocrati di Bruxelles che stanno scrivendo leggi che congelano gli investimenti e rendono impossibile la concorrenza alle aziende europee locali. Ci sono talenti europei eccezionali nell’innovazione tecnologica e nell’IA in particolare, ma li stiamo perdendo a favore degli americani a causa della regolamentazione europea.