Skip to main content

Vi spiego perché per Meloni le regionali saranno in salita. Parla Valbruzzi

Nodi e contraddizioni di una coalizione costretta a stare insieme, tra giustizialismo di facciata e pragmatismo di potere. Ma nel frattempo anche il centrodestra deve fare i conti con le tensioni interne. Intervista al professor Marco Valbruzzi, docente di Scienza politica all’Università Federico II

Il “campo largo” scricchiola, ma nessuno può permettersi di uscirne. Mentre si avvicinano le regionali, Pd e M5S si misurano tra tattiche, veti e ambizioni locali, con l’ombra lunga delle Politiche sullo sfondo. In questo equilibrio precario, il professor Marco Valbruzzi, docente di Scienza politica all’Università Federico II, su Formiche.net analizza nodi e contraddizioni di una coalizione costretta a stare insieme, tra giustizialismo di facciata e pragmatismo di potere. E nel frattempo, anche il centrodestra deve fare i conti con le tensioni interne.

Professor Valbruzzi, c’è più di un’incognita che attraversa il campo largo. Come si districheranno le alleanze fra Movimento 5 Stelle e Pd in vista delle regionali?

È una fase di trattative e negoziazioni, dove ciascun alleato sta provando a massimizzare i propri guadagni, talvolta a discapito di quelli della coalizione in via di formazione. Anche la questione delle Marche, con l’avviso di garanzia a Matteo Ricci, va letta in questa luce. Il M5S si farà pregare prima di cedere nel sostegno al candidato di centro-sinistra: vorrà leggere le carte, ascoltare le dichiarazioni di Ricci e, in questo modo, alzerà la posta della propria disponibilità. Tutto nella norma. Le incognite maggiori derivano dai “governatori” uscenti, tutti portatori di sacche di consenso rilevanti che verranno fatte pesare nel tavolo delle trattative. Questo potente notabilato locale è una vera spina nel fianco per i coltivatori del “campo largo”.

Quale sarà lo schema di gioco considerando che, in Toscana, una delle regioni roccaforte della sinistra, un nutrito gruppo di pentastellati si è apertamente schierato contro Giani?

Lo schema è sempre il solito, non c’è grande fantasia nel centro-sinistra, e si chiama “campo largo”, cioè dentro tutti gli oppositori del governo Meloni, a partire dalle due componenti irrinunciabili: Pd e M5S. Questa tornata autunnale di elezioni Regionali è anche l’ultima importante sfida elettorale prima delle prossime Politiche. Quindi, si tratta di una prova decisiva per la costruzione di una credibile alternativa nazionale al centro-destra. Ed è un motivo in più, per tutti i leader nazionali del centro-sinistra, per non fare passi falsi e uscire dal perimetro della futura, probabile coalizione. Quindi, anche i mugugni dei gruppi locali, come quelli dei pentastellati toscani, saranno sacrificati sull’altare del costituendo “campo largo”.

Tra giustizialismo e pragmatismo elettorale cosa prevarrà considerando che i pentastellati dell’onestà-onestà hanno fatto della difesa delle toghe un vessillo irrinunciabile?

Conte è il re del pragmatismo, ne abbiamo avute prove infinite negli anni scorsi e anche nel corso degli ultimi mesi (con le modifiche alle regole interne del M5S). Certo, proverà ad ammantare il suo pragmatismo di una patina giustizialista, ma alla fine prevarranno motivazioni meno nobili, come la conquista della tanto agognata candidatura di Roberto Fico in Campania, qualche promessa sui futuri assessorati regionali e, magari, l’inserimento di alcuni temi sociali e green nei programmi comuni. La carta della difesa delle toghe verrà giocata poi in chiave nazionale, in compagnia del Pd, quando fra qualche mese la riforma costituzionale sulla cosiddetta separazione delle carriere arriverà a compimento.

Quale si aspetta possa essere l’atteggiamento dei centristi in questo contesto?

Dipende da chi sono questi “centristi”. Se si parla di Renzi e della sua Italia Viva, non vedo grossi problemi a incardinarsi dentro i binari del nuovo centro-sinistra, anche a livello regionale. Questa è la nuova tattica renziana, e non credo cambierà da qui alle prossime elezioni Politiche. Invece, le altre anime sparse del centro (Calenda, Marattin & Co.) non toccano palla su questa tornata regionale: faranno un po’ di melina, con qualche sparata social, ma il loro peso elettorale li riporterà coi piedi per terra.

Anche nel centrodestra le frizioni non mancano: FI boccia la lista di Zaia, anche se lui non molla. Che partita giocherà in autunno la coalizione di governo?

Per il governo Meloni la partita delle regionali è quella più complessa, anche se – credo – non avrà ripercussioni fatali sulla sua sopravvivenza fino al termine naturale della legislatura. Da questo punto di vista, l’alleato più problematico è la Lega per due diverse ragioni. Da un lato, perché Salvini potrebbe non essere più in grado di tenere sotto controllo le spinte locali-federali finora abbastanza latenti nel suo partito. Dall’altro lato, perché, con l’avvicinarsi della scadenza elettorale nel 2027, la Lega tenterà l’assalto al consenso stabile di cui gode Meloni e il suo partito. L’esito di queste due pressioni potrebbe produrre inedite turbolenze nel centro-destra. Molto dipenderà da come verrà risolta la “grana” Zaia in Veneto (facendolo correre con una sua lista oppure offrendogli un paracadute nazionale) e dal destino della già moribonda autonomia differenziata. Insomma, Meloni dovrà fare più attenzione a Salvini che non a Schlein.


×

Iscriviti alla newsletter