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ReArm Germany, Berlino sta tornando una potenza militare completa. Ecco come

La Germania sta silenziosamente conducendo il più poderoso programma di riarmo d’Europa. Centinaia di miliardi di euro, nuove regole sui reclutamenti e una macchina industriale pronta a essere messa sotto steroidi sono gli ingredienti con cui Friedrich Merz intende porre Berlino a capo della nuova difesa europea. Quello che fino a pochi anni fa era considerato un tabù sta rapidamente diventando realtà. E forse è il caso che se ne cominci a parlare

La Zeitenwende entra nel vivo, la Germania riarma. Se la Grande Svolta sulla difesa di Olaf Scholz del 2022 era fondamentalmente risultata più in un gesto simbolico che in un effettivo capovolgimento delle ambizioni difensive tedesche, la Germania di Friedrich Merz sta ponendo concretamente le basi per tornare a essere la potenza militare per eccellenza in Europa.

Non solo Berlino si sente ancora “tradita” da Mosca per via dell’invasione dell’Ucraina e del conseguente arresto dei rapporti economici — soprattutto quelli energetici — tra i due Paesi, ma l’imprevedibilità strategica degli Stati Uniti di Donald Trump ha ulteriormente contribuito a smuovere qualcosa nella coscienza strategica tedesca: la stagione dell’affidamento esterno esclusivo — energetico verso est, militare verso ovest — non può più proseguire. 

Il punto di partenza è stato fiscale, ma politicamente dirompente. La revisione del Schuldenbremse, il tetto costituzionale al deficit, ha liberato centinaia di miliardi di euro di capacità di spesa destinati alla sicurezza nazionale e alla difesa. Il fondo speciale da 500 miliardi di euro, formalmente dedicato alle infrastrutture strategiche, ha allocato almeno 77 miliardi direttamente alla Bundeswehr, con un’ulteriore proiezione di 130 miliardi in ordini di equipaggiamenti entro il 2030. Di questo passo, la spesa annuale per la difesa tedesca potrebbe toccare i 150 miliardi di euro (pari al 3,5% del Pil) già entro il 2029, con sei anni di anticipo rispetto al target Nato del 2035.

Con simili capacità di spesa, la Germania ha a disposizione tutto quello di cui ha bisogno per ricostruire le sue capacità industriali e rifornire di mezzi ed equipaggiamenti le proprie Forze armate. Sul fronte dei reclutamenti (questione spinosa per molti Paesi europei), i numeri sono già in crescita: nei primi sei mesi del 2025 la Bundeswehr ha registrato un +28% di nuovi arruolati rispetto all’anno precedente, mentre la nuova leva “digitale” (per ora su base volontaria), che entrerà in vigore dal 2026, prevederà l’obbligo di iscrizione per tutti i neodiciottenni nei registri del ministero della Difesa. In parallelo, si sta anche discutendo la costituzione di una legione straniera tedesca sul modello di quella francese. 

Sul piano numerico, l’obiettivo è quello di portare la Bundeswehr dai 183.000 effettivi attuali a circa 260.000 unità entro il decennio. Per farlo, oltre alla leva digitale e ai maggiori incentivi al reclutamento, Berlino sta valutando anche formule ibride di impiego, flessibili e in linea con i modelli più avanzati in uso nei Paesi scandinavi. Sul fronte capacitivo, i contratti già messi in moto bastano da soli a restituire la portata delle ambizioni teutoniche: decine di caccia di nuova generazione, migliaia di mezzi corazzati e oltre 600 sistemi di difesa aerea di varia tipologia. L’industria tedesca — da Rheinmetall a Krauss-Maffei Wegmann — è coinvolta pienamente nei piani di lungo termine, che comprendono un poderoso rafforzamento delle linee produttive e lo sviluppo di nuove piattaforme terrestri, tra cui il Main ground combat system, il progetto franco-tedesco per il carro europeo del futuro — che resta tecnicamente vivo, seppur politicamente fragile.

In parallelo, Berlino continua a spingere per una difesa aerea europea integrata sotto l’ombrello della European sky shield initiative (Essi), che coinvolge ormai 21 Paesi e prevede l’adozione su larga scala di sistemi IRIS-T, Patriot e, per la fascia balistica, il nuovo sistema Arrow 4 sviluppato in collaborazione con Israele.

Tutto ciò senza citare le voci, sempre più insistenti, circa la possibilità per Berlino di dotarsi di una sua capacità nucleare sovrana — ipotesi facilmente realizzabile sul piano tecnico, molto meno su quello politico.

La Germania non sarà forse il Paese che fa i proclami più altisonanti sul proprio riarmo, ma è sicuramente quello che lo sta prendendo più seriamente. La ciclopica disponibilità di spesa, unita al senso pragmatico proprio dei tedeschi, rende Berlino l’unico attore continentale veramente in grado di rendersi autonomo sul fronte della Difesa al momento. Eppure, in un’Europa ancora scossa dall’improvviso ritorno della Realpolitik e apparentemente incapace di parlare con una sola voce, il riarmo tedesco non può passare inosservato, non fosse altro per ragioni storiche. Una Germania militarmente autonoma ha rappresentato — e non solo per gli americani — un argomento tabù per il corso dell’intera Guerra Fredda. Un processo come quello attualmente in corso sarebbe stato inconcepibile all’epoca, soprattutto per gli altri Paesi europei. Oggi, invece, l’accelerazione tedesca sulla difesa viene accolta con favore, forse nella speranza che le casse di Berlino contribuiscano all’allocazione di nuovi fondi anche in ambito europeo. Ma, per quanto inserita nei framework strategici di Nato e Unione europea, una Germania riarmata e militarmente autonoma è inevitabilmente destinata ad alterare profondamente gli equilibri strategici del Vecchio continente. Quello che resta da chiedersi è se Berlino si limiterà a essere parte del riarmo europeo o se, forte della sua posizione, non si stia preparando a guidarlo come capofila. 


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