A tre giorni dal vertice di Ferragosto tra Donald Trump e Vladimir Putin Bruxelles incassa 1,6 miliardi frutto degli interessi maturati sugli asset sequestrati al Cremlino. Ma i soldi da girare a Kyiv potrebbero essere anche di più
Lentamente, ma in modo inesorabile, l’Europa continua a finanziare la ricostruzione e lo sforzo bellico dell’Ucraina. In queste ore, infatti, Bruxelles ha ricevuto 1,6 miliardi di euro di cosiddetti profitti straordinari generati dagli interessi sui saldi di cassa derivanti da attività immobilizzate della Banca centrale russa, detenuti nelle finanziarie dell’Unione. Si tratta del terzo trasferimento all’Ue, dopo una prima tranche erogata a luglio 2024 e una seconda tranche erogata ad aprile 2025.
Come noto, questi profitti straordinari provengono da attività congelate in base alle sanzioni dell’Ue, imposte in risposta alla guerra di aggressione in corso della Russia contro l’Ucraina. Ora, sebbene le attività stesse rimangano bloccate, gli interessi sui saldi di cassa possono essere utilizzati per sostenere l’Ucraina. Andando nel dettaglio, il 90% delle prime due tranche è stato utilizzato per sostenere l’Ucraina tramite il Fondo europeo per la pace e il 10% tramite il Fondo per l’Ucraina. A partire da questa terza tranche, il 95% dei proventi sarà invece utilizzato per sostenere l’Ucraina tramite l’Ukraine Loan Cooperation Mechanism.
Strumento, quest’ultimo, che fornisce un sostegno a fondo perduto per assistere l’Ucraina nel rimborso del prestito di assistenza macro-finanziaria dell’Ue, nonché dei prestiti dei creditori bilaterali nell’ambito dello stesso meccanismo, il quale ammonta a 45 miliardi di euro. A monte di tutti questi flussi verso l’Ucraina, non bisogna mai dimenticarlo, c’è il maxi-prestito da 50 miliardi sbloccato dal G7 di Borgo Egnazia, nel giugno del 2024. Tuttavia, se si pensa che tutti gli asset messi sotto chiave ammontano a quasi 300 miliardi, i denari che Kyiv potrebbe ricevere sarebbero, in potenza, molti di più.
Il fatto è che, al netto degli 1,6 miliardi appena sbloccati, sono messi che sulla questione degli asset congelati della Russia è calata una cortina di nebbia. Quasi un oblìo. Dopo la fiammata del G7 di Borgo Egnazia, nel giugno del 2024, nel corso del quale, come detto, i Grandi della Terra avevano trovato l’intesa sul maxi-prestito da 50 miliardi all’Ucraina, da garantire proprio con gli asset di Mosca messi sotto chiave in Europa, poco o nulla si è mosso, dentro e fuori la Commissione europea. Troppa, forse, la paura di molti Paesi membri di creare un pericoloso precedente: confiscare e monetizzare beni altrui vorrebbe dire creare una pericolosa falla nel diritto internazionale, che tutela ricchezza e libero mercato. Forse, dopo il vertice di Ferragosto in Alaska, se ne saprà di più.