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Guerra d’Ucraina, come si è arrivati al bilaterale Trump-Putin dopo tre anni di conflitto

A tre anni e mezzo dal suo inizio, la guerra in Ucraina potrebbe essere a un punto di svolta. Mentre ci si prepara al bilaterale Trump-Putin in Alaska, una retrospettiva sugli sviluppi del conflitto, dal 2022 a oggi, aiuta comprendere da quali posizioni negozieranno i due leader e quali sono gli attuali rapporti di forza sul campo

Il prossimo 15 agosto, Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno in Alaska per “discutere della fine della guerra in Ucraina”. Sarà il primo incontro tra gli inquilini di Cremlino e Casa Bianca dall’inizio dell’invasione russa di quasi quattro anni fa. Il luogo stesso dell’incontro è ricco di significati simbolici per i due Paesi: non solo si tratta del punto geograficamente più vicino tra Stati Uniti e Federazione Russa, ma ricorda anche la prima interazione diplomatica tra Mosca e Washington, quando quest’ultima acquistò dagli Zar il suo Stato più settentrionale. Benché non ci sia garanzia che l’incontro porterà a effettivi progressi diplomatici per la risoluzione del conflitto, la sua imminenza offre un’occasione per osservare in prospettiva lo sviluppo militare del conflitto, le sue fasi e i suoi punti critici. Nell’attesa di capire se il bilaterale nordico sarà l’inizio dell’ultimo capitolo della guerra d’Ucraina.

2022 – L’invasione e l’inizio delle ostilità

Negli ultimi mesi del 2021, la Russia inizia ad ammassare truppe lungo il confine ucraino, dal Donbass alla Bielorussia. Nonostante gli allarmi lanciati dall’intelligence statunitense, in questa fase si ritiene ancora che l’azione abbia un fine unicamente dimostrativo. Tuttavia, quando le cucine da campo mobili e le celle frigorifere che trasportano il sangue per le trasfusioni raggiungono i tactical battle group al confine, diventa chiaro che Mosca prevede un impiego al di fuori dei propri confini nazionali. La sera del 22 febbraio 2022, a seguito di un discorso in cui Putin riconosce le repubbliche autonome di Donetsk e Lugansk, le prime unità delle Forze armate russe fanno il loro ingresso nel territorio del Donbass per fornire supporto alle truppe separatiste. Entro due giorni, inizia l’avanzata generale in territorio ucraino. 

Febbraio 2022 – Una blitzkrieg fallita

Da un punto di vista operativo, l’avanzata generale da Nord, Est e Sud-Est avviata il 24 febbraio non costituisce il vettore principale dell’offensiva. In questa fase, l’obiettivo russo è quello di condurre un’intervento-lampo (un’operazione militare speciale, appunto) che paralizzi lo Stato e le Forze armate ucraine, apra una via diretta verso la capitale e permetta di chiudere la questione rapidamente, decapitando la leadership di Kyiv. Punta di diamante di questa operazione è la Vozdushno-desantnye voyska (Vdv), la divisione pesante aviotrasportata dell’esercito russo. L’obiettivo della Vdv è l’aeroporto di Hostomel, alle porte occidentali di Kyiv; la cattura di questa infrastruttura permetterebbe al resto delle truppe aviotrasportate (pronte al decollo dalle basi aeree in Russia) di giungere in massa e puntare sulla capitale da Ovest, mentre le truppe di terra da Est stringono l’altra morsa della tenaglia.

Nonostante la disparità qualitativa (la guarnigione dell’aeroporto è composta principalmente di reclute), la rapidità decisionale ucraina nell’inviare rinforzi e la disponibilità di armamenti anti-aerei spalleggiabili permette di respingere gli elicotteri della Vdv e le unità che erano riuscite a toccare terra. Così facendo, la prima manovra per aggirare Kyiv fallisce. Ciononostante, il resto delle truppe russe — compresi i reparti ceceni guidati da Ramzan Kadyrov — penetra in profondità dal confine, continuando a puntare sulla capitale. La mancata conquista di Hostomel ha dato tempo alle forze ucraine, le quali lasciano che la penetrazione continui, salvo poi iniziare logorare ai fianchi le colonne e le linee logistiche russe che, vista la rapidità del movimento e l’estensione complessiva, non sono ancora consolidate. I carri e i trasporti di fanteria russi finiscono dunque il carburante che avevano in dotazione (altro indicatore del fatto che la Russia non prevedesse sostanziale resistenza) e rimangono impantanati tra i sobborghi della città e le pianure orientali. È in questo momento che vengono scattate le fotografie satellitari che ritraggono una coda di mezzi russi estesa per oltre 60 chilometri sulla strada per Kyiv. Gli ucraini, che già da tempo avevano integrato i droni nelle loro procedure operative, hanno gioco facile nell’infliggere gravi perdite a delle truppe bloccate e che contavano sul fatto di essere accolti da eroi a Maidan. A questo punto, la guerra lampo è già fallita. La leadership politico-militare ucraina ha retto, Zelensky (nonostante l’offerta americana di esfiltrazione) è rimasto al suo posto e il morale della popolazione è compatto nel voler resistere all’aggressione. Per chi mastica di Clausewitz, diventa chiaro che la partita rimane aperta.

Primavera 2022 – Kyiv resiste

Il fallimento dell’operazione-lampo non scoraggia Mosca, che continua a premere nel Nord del Paese per forzare l’accesso a Kyiv. Si arriva a combattere anche nella zona d’esclusione della centrale nucleare di Chernobyl, dove le truppe russe passate dal territorio della Bielorussia cercano di raggiungere i quartieri settentrionali di Kyiv. Tuttavia, le linee logistiche sono troppo estese e poco consolidate, mentre le forze ucraine, sfruttando la conoscenza del terreno e la flessibilità delle proprie unità leggere, iniziano a colpire sistematicamente i convogli e i punti di rifornimento più vulnerabili. Piccole squadre anticarro, armate di sistemi spalleggiabili (Manpads; principalmente Nlaw e Javelin), si muovono rapidamente tra villaggi e boschi per tendere imboscate alle colonne e ai plotoni isolati russi. Nel frattempo, nel Sud, le operazioni russe mirano a saldare un corridoio terrestre tra il Donbass e la Crimea — tutt’oggi principale obiettivo strategico di Mosca. La città portuale di Mariupol, sul mare d’Azov, diventa l’obiettivo primario del teatro meridionale: sin dai primi giorni è sottoposta a bombardamenti intensivi e a un assedio serrato. Gli ultimi difensori, composti da unità regolari e dal reggimento paramilitare Azov, si asserragliano nell’acciaieria Azovstal, trasformata in una cittadella sotterranea. Per settimane (fino al 20 maggio) i soldati ucraini resistono, impegnando le forze russe in una sanguinosa conquista metro per metro del complesso industriale. Alla fine, Mosca riesce a catturare Mariupol, ottenendo la continuità territoriale tra Russia e Crimea, seppur al prezzo di perdite ingenti. 

Nel frattempo, in aprile, un missile antinave ucraino riesce ad affondare l’incrociatore Moskva, ammiraglia della Flotta russa del mar Nero. Da questo momento in avanti, l’Ucraina darà il via a un vero e proprio tiro al bersaglio nei confronti delle forze navali russe nella regione, le quali si trovano impossibilitate a ruotare e ricevere rinforzi a causa della chiusura degli stretti di Bosforo e Dardanelli. La campagna di martellamento costante delle navi e dei comandi navali di Sebastopoli persuade definitivamente la Russia ad abbandonare l’idea di un’operazione anfibia per conquistare Odessa, sulla costa sud-occidentale dell’Ucraina.

Estate/inverno 2022 – Le controffensive ucraine

Tramontata ogni possibilità di un intervento-lampo, la Russia si risolve ad avanzare alla vecchia maniera, metro per metro. I mesi estivi vedono l’arrivo delle prime forniture pesanti occidentali, in particolare l’artiglieria semovente Himars. Questi assetti ad alta mobilità, uniti al precision targeting fornito dall’intelligence satellitare americana, permettono a Kyiv di colpire con precisione linee logistiche e unità isolate, riducendo la profondità operativa delle manovre russe. In questa fase, gli ucraini sfruttano al meglio la lentezza e la farraginosità dei processi decisionali russi, riconquistando ampie fette di territorio e consolidando diverse linee difensive con operazioni rapide. A settembre, una manovra-lampo che coinvolge 4 brigate meccanizzate (circa 20.000 unità) riesce a riconquistare migliaia di chilometri quadrati nella regione di Kharkiv in pochi giorni. A novembre è la volta di Kherson, nel Sud: la pressione costante sul fronte meridionale e l’uso mirato di artiglieria e sabotaggi costringono i russi a ritirarsi dalla capitale dell’omonimo Oblast. È la prima grande città liberata dall’inizio della guerra. Tuttavia, gli ucraini non riescono a sfruttare pienamente questo successo e a stabilire una testa di ponte sulla sponda occidentale. I russi controllano ancora delle posizioni oltre il fiume e, quando si ritireranno anche da lì sette mesi dopo, l’inondazione causata dal sabotaggio alla diga di Kakhovka renderà impossibile la conduzione di ulteriori operazioni da parte ucraina e permetterà a Mosca di iniziare a trincerarsi.

2023/2024 – Il fronte si stabilizza

A un anno dall’inizio dell’invasione, le posizioni sul campo iniziano a consolidarsi e le manovre di entrambi gli schieramenti subiscono rallentamenti importanti. L’inverno tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 vede russi e ucraini fortificare le rispettive linee difensive e impegnarsi in sanguinose battaglie di logoramento. Simbolo di questa fase del conflitto è la battaglia di Bakhmut, in Donbass, dove l’esercito ucraino tiene impegnate le truppe regolari russe e i contractor del Wagner Group per nove mesi. Alla fine la città cade, ma a un costo esorbitante per Mosca in termini umani e materiali — a poca distanza seguirà infatti il tentato golpe di Yevgeny Prigozhin. Nel frattempo, l’Ucraina ha ricevuto diversi carri armati di produzione occidentale che le permettono di tenere testa alle formazioni corazzate russe, ma la sempre maggiore scarsità di manpower le impedisce di capitalizzare il vantaggio qualitativo e avanzare ulteriormente. La prima metà del 2024 vede la lenta ripresa dell’iniziativa da parte russa, ormai interamente concentrata sulla conquista del Donbass. Nell’estate dello stesso anno, l’Ucraina inizia a colpire direttamente il territorio russo e sfonda nell’Oblast di Kursk. L’operazione riesce nel suo intento di distrarre le forze russe dal fronte orientale e alleggerire la pressione sul Donbass, ma si tratterà dell’ultimo avanzamento tattico per Kyiv. 

Prima metà 2025 – Dove siamo adesso

Dal colpo di coda di Kursk, la Russia ha ripreso slancio e — complice anche la sempre maggior fatica ucraina nel rinfoltire i propri ranghi — ha ricominciato ad avanzare verso Ovest, registrando più conquiste territoriali nei primi mesi di quest’anno che nell’arco dei due precedenti. La costante fornitura di armamenti e rifornimenti occidentali continua a garantire la tenuta del fronte, ma la scarsità di organico rende difficile ipotizzare che Kyiv abbia forze sufficienti per un’ulteriore controffensiva. Non a caso, negli ultimi mesi le operazioni ucraine si sono concentrate su sabotaggi di infrastrutture energetico-logistiche (scali ferroviari e depositi di munizioni e carburanti) e su attacchi mirati in profondità in territorio russo (vedasi l’operazione Spiderweb). Notizia odierna sarebbe un nuovo sfondamento russo nella regione di Donetsk, lungo l’asse di Kramatorsk. Le prime notizie dal campo riportano un impiego massiccio di assetti aerei da parte di entrambi gli schieramenti. Se confermato, questo elemento costituirebbe una novità nel conflitto. Sin dagli inizi della guerra, infatti, il potere aereo è stato sfruttato in modo relativamente limitato. Un simile sforzo da parte russa, specialmente subito prima dell’incontro in Alaska, punta senza dubbio a mettere Mosca in una posizione di vantaggio quando i due leader si siederanno al tavolo per discutere di una possibile cessazione delle ostilità.

Tutti gli occhi sull’Alaska

La guerra d’Ucraina passerà alla storia come il primo conflitto ad alta intensità e su vasta scala sul continente europeo dal 1945 — nulla di comparabile, in termini numerici, alle guerre jugoslave. Le sue implicazioni politiche ed economiche continueranno a produrre effetti per i decenni a venire e i suoi sviluppi tattici (l’impiego dei droni, della guerra elettronica, dell’intelligence satellitare, il ritorno dell’uso intensivo dell’artiglieria e dei mezzi corazzati) stanno già oggi rivoluzionando il modo in cui i dispositivi militari mondiali guardano ai conflitti del futuro. L’incontro tra Trump e Putin è la prima occasione concreta di riuscire a porre un freno alle ostilità, ma l’effettivo successo di questa operazione diplomatica (sempre che tale incontro avvenga) rimane un’incognita. Nel frattempo, gli occhi di tutti — non ultimi quelli di ucraini ed europei — restano fissi sull’Alaska.


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