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Accordo sul gas tra Israele e Azerbaigian. Cosa può cambiare nel Mediterraneo

Accordo sul gas offshore tra Israele e l’azera Socar, modello di alleanze che può dare cenni di stabilità in un contesto al contempo strategico e altamente permeabile alle influenze esterne

Una novità per il futuro (ma forse anche per il presente) delle politiche energetiche nel mare nostrum si ritrova senza dubbio nell’accordo sul gas offshore tra Israele e l’azera Socar, perché per la prima volta una nazione musulmana decide di co-produrre. In questo senso è possibile immaginare che i legami regionali, attraverso interessi economici condivisi, possano migliorare ulteriormente e contribuire alla strutturazione di una fase del tutto nuova in un settore altamente strategico come il dossier energetico, a cavallo tra due quadranti ultra strategici come quello euromediterraneo e quello mediorientale.

L’accordo

L’accordo prevede che Socar abbia una licenza per l’esplorazione di gas naturale nella zona economica esclusiva di Israele, in collaborazione con vari players di caratura mondiale. Il nuovo blocco offshore in questione è stato messo all’asta nell’ultima gara d’appalto da parte del ministero dell’energia: lì si svolgeranno rilievi sismici, trivellazioni esplorative e studi di fattibilità economica per arrivare alla produzione. Quali conseguenze pratiche ci saranno dopo questa scelta? In primis l’espansione azerbaigiana oltre il mar Caspio e la primizia rappresentata da Israele, che aumenterà la propria influenza geopolitica oltre i suoi confini, in particolare verso l’Iran. Non va dimenticato che dal 2023, il 43% del petrolio importato da Israele proviene dall’Azerbaigian. Inoltre il governo di Baku da due anni è diventato il primo paese a maggioranza sciita ad aprire un’ambasciata in Israele.

Gli effetti dell’ingresso nel mercato israeliano

Punto di partenza è che l’Azerbaigian non è più solo un esportatore di gas (tramite infrastrutture strategiche, come il Tap che serve l’Italia e l’Europa) ma è diventato un partner energetico nel bacino del Mediterraneo. Lo dimostra la decisione di Socar di acquisire il 10% del giacimento di gas israeliano “Tamar”, che ha in pancia riserve stimate in circa 300 miliardi di metri cubi. Il valore della partecipazione è di circa 1,25 miliardi di dollari. I numeri di Tamar ne spiegano anche il peso specifico: situato a 90 chilometri a ovest di Haifa, è stato scoperto nel 2009 e la sua produzione è iniziata nel 2013. Attualmente ha riserve accertate di 291,5 BCM. Tra i principali partner del giacimento figurano Chevron, il colosso energetico statunitense e gestore del sito (25%), e il fondo di investimento Mubadala di Abu Dhabi (11%), oltre a due società israeliane. Per cui dopo la realizzazione del gasdotto Tap, l’Azerbaigian si pone essenzialmente in una fase nuova della programmazione energetica nel Mediterraneo proprio grazie a tale acquisizione.

Scenari

Questa la ragione per cui il ministro israeliano dell’energia Eli Cohen ha definito il settore del gas naturale “una risorsa strategica per lo Stato di Israele, che rafforza la nostra posizione economica e politica nel mondo e in particolare in Medio Oriente”. L’accordo con l’Azerbaigian potrebbe essere replicato e così rappresentare un modello grazie al passo in avanti rappresentato dall’apertura verso players esterni, come appunto il governo di Baku, che tra l’altro sta lavorando anche all’avvio delle esportazioni di gas naturale in Siria attraverso il territorio turco. Una mossa che segue gli accordi raggiunti durante gli incontri tra il presidente della repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e il presidente della repubblica araba siriana per il periodo di transizione Ahmad Al-Shaar, svoltisi l’11 aprile 2025 ad Antalya e il 12 luglio 2025 a Baku.

Si è in questo modo creato un nuovo corridoio che collega il Caucaso meridionale con il Medio Oriente. Anche alla luce di tutto ciò, l’accordo fra Baku e Gerusalemme si candida a diventare un modello di alleanze al fine di dare stabilità in un contesto al contempo strategico e altamente permeabile alle influenze esterne (come quelle cinesi).


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