Il sottosegretario ieri a Washington. Una presenza che racconta tutta la densità sul dossier Kyiv. Molto ascoltate anche le voci di Fitto, Fidanza, Saggio, che compongono pezzi di una piramide ben delineata, grazie a contorni solidi e a intrecci che non si sovrappongono. Ovvero voci con cui il vertice ha una simbiosi intellettuale, un rapporto di massima fiducia e con cui può confrontarsi partendo da una competenza certificata
“Non v’è nemico peggiore del cattivo consiglio”, scrisse Sofocle in Elettra. Tesi che tutti i governanti della storia hanno ben scolpita in mente, perché foriera di crolli o trionfi a seconda del portato del suggeritore di turno. Lo sanno bene anche i leader che ieri si sono seduti nello Studio Ovale, consci che sono queste ore decisive per una partita davvero complicata, giocata ben oltre i tempi regolamentari.
Tempi e proposte. Queste le due frecce che ogni arciere ha da scoccare, con l’auspicio di non sbagliare mira. Ciò che sta emergendo nella politica estera italiana è un gioco di squadra silenzioso ed efficace che anima Palazzo Chigi. C’è senza dubbio un vertice, il Presidente del Consiglio, che ha una propria visione politica, che guida la macchina del governo, in primis le relazioni internazionali. Accanto a lei, non mancano le figure che rendono la navigazione più stabile ed efficace. Fra loro c’è un Richelieu che non si limita alle nomine o alla strategia comunicativa.
Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, dietro le quinte, non ha mancato in questi mesi di offrire il suo supporto al Presidente del Consiglio anche sui temi di politica estera e, proprio sul versante del conflitto in Ucraina, ha offerto un contributo strategico e tattico.
Lo dimostra il costante ancoraggio alla dimensione politica dell’unità dell’Occidente, la graniticità del governo nel non cedere alla propaganda russa sfidando così il Cremlino come mai prima accaduto in Italia, ed il ruolo tutt’altro che marginale che Roma ha svolto nel promuovere (non solo ospitare) il summit per la ricostruzione dell’Ucraina. In tutti questi passaggi, il Sottosegretario è stato un punto di riferimento solido ed efficace. Non è stato certamente ininfluente nella definizione della proposta di offrire al blocco europeo il modello articolo 5 della Nato, ovvero l’idea di mettere sul tavolo degli alleati solide garanzie per la sicurezza di Kyiv.
Passaggio che ieri è stato a lungo caldeggiato da più fronti e che ha incassato l’interesse dei partner presenti alla Casa Bianca, a partire dagli Stati Uniti. Uno spunto che nasce non ieri, e che è stato messo in risalto da Giorgia Meloni anche in occasione del Consiglio europeo straordinario del marzo scorso, quando sottolineò che sarebbe “meglio pensare a soluzioni più durature, estendere l’articolo 5 della Nato sarebbe una soluzione duratura”.
In quei giorni di marzo, così come oggi, era di estrema attualità il tema delle garanzie di sicurezza, ovvero chi dovrà intervenire e come nel caso in cui una delle parti, la Russia, venisse colta dalla tentazione di non rispettare il cessate il fuoco. Qualcuno pensò anche di aggiungere alla proposta Meloni l’estensione dell’ombrello nucleare francese in Europa, opzione presto scartata. Restò in piedi l’idea italiana, la stessa che è stata protagonista del summit di Washington, dove il sottosegretario è stato per la prima volta a fianco di Meloni fuori dai confini nazionali.
Un segno, anche esterno, del ruolo svolto riservatamente in questi mesi.
Consigli e consiglieri, dunque: un doppio jolly che va giocato al momento giusto. Molto ascoltato dalla premier è anche il Consigliere Diplomatico Ambasciatore Fabrizio Saggio, capace di essere punto di riferimento al contempo autorevole e lontano dai riflettori. Così come l’eurodeputato Carlo Fidanza, capodelegazione di FdI al Parlamento europeo e vicepresidente di Ecr, tra l’altro a suo agio nel mare dei partiti conservatori europei e nel partito repubblicano Usa.
Restando all’Europa il punto di riferimento principale è certamente Raffaele Fitto, vicepresidente esecutivo della Commissione europea, che nell’esperienza da ministro degli affari Ue (ma anche prima) ha incarnato un modus di fare il ministro sinceramente apprezzato dalla presidente del Consiglio: anche nel suo caso, molto lavoro e poche interviste. Senza dimenticare l’apporto culturale che, con massima discrezione, riesce ad essere offerto dal prof. Renato Cristin (intervistato su queste colonne).
La piramide appare dunque ben delineata, grazie a contorni solidi e a intrecci che non si sovrappongono. Ovvero voci con cui il vertice ha una simbiosi intellettuale, un rapporto di massima fiducia e con cui può confrontarsi con riservatezza e prospettive.
Così si incastrano i pezzi del puzzle.