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Investimenti industriali e acquisto di armi. Così Kyiv vuole blindare l’impegno Usa alla sua sicurezza

Il piano da 150 miliardi di dollari suggerisce la nuova strategia del governo ucraino, che con contratti industriali e joint venture cerca di garantire che l’impegno americano sulla sua sicurezza sia una scelta strutturale e non reversibile

Nella discussione politica riguardo alle garanzie di sicurezza che i Paesi occidentali dovranno fonrire all’Ucraina per arrivare alla risoluzione del conflitto in corso, sembra che anche l’aspetto economico svolga un ruolo preminente, in particolare in relazione all’apparato industriale-militare. Un documento ucraino a cui il quotidiano britannico Financial Times ha ottenuto l’accesso conterrebbe una serie di punti che Kyiv avrebbe discusso con gli alleati europei nel corso delle riunioni precedenti agli incontri diplomatici tenutisi a Washington la sera di lunedì 18 agosto, tra cui spuntano due questioni inerenti proprio all’industria militare.

Il primo dei due punti riguarderebbe la volontà di Kyiv di acquistare, grazie ai finanziamenti europei (secondo quanto previsto dallo schema promosso dal presidente Usa Donald Trump nelle scorse settimane), sistemi d’arma di produzione statunitense per un valore totale di circa 100 miliardi di dollari. Il documento non specifica quali armi l’Ucraina intenda acquistare nell’ambito dell’accordo, ma Kyiv ha chiaramente espresso il desiderio di acquistare almeno 10 sistemi di difesa aerea Patriot di fabbricazione statunitense per proteggere le proprie città e le infrastrutture critiche, oltre ad altri missili e attrezzature. L’altro punto sarebbe invece relativo ad un accordo da circa 50 miliardi di dollari per la produzione congiunta di sistemi unmanned da parte di aziende ucraine e statunitensi (anche se non si specifica con chiarezza quale percentuale di questa cifra sia destinata all’acquisizione di asset e quale invece ad investimenti più strutturali).

Non è certo difficile capire quale sia il razionale dietro alle due questioni. Con la dichiarazione di acquistare armi statunitensi Kyiv andrebbe a ratificare il cambio di approccio promosso dall’amministrazione americana negli ultimi mesi, che prevede la sostituzione del rifornimento “gratuito” di sistemi d’arma ai Paesi partner con delle vere e proprie transazioni commerciali. Un cambio d’approccio ribadito dallo stesso Trump che, ad una domanda postagli lunedì in merito a ulteriori aiuti militari statunitensi all’Ucraina, ha risposto: “Non stiamo dando nulla. Stiamo vendendo armi”. Parole che parrebbero suggerire una ricezione positiva della proposta di Kyiv da parte della Casa Bianca.

Diversa, ma altrettanto importante, la questione dell’accordo sui droni. Da una parte, anni di guerra hanno fornito tanto alle forze armate quanto all’industria bellica ucraina un prezioso know-how di impiego e produzione dei sistemi unmanned, che già dai primi giorni del febbraio del 2022 hanno assunto un ruolo da protagonista nelle dinamiche belliche; questa rilevanza ha fatto sì che importanti risorse venissero destinate allo sviluppo di nuovi sistemi e al perfezionamento di quelli esistenti sulla base delle esigenze di carattere tattico-operativo. Dall’altra, Le impellenti necessità belliche degli ultimi quaranta mesi hanno spinto l’apparato militare-industriale ucraino ad adattarsi ed efficientarsi in modo costante, trasformando la propria struttura e le proprie logiche di funzionamento in modo da essere in grado di garantire non solo una produzione stabile, ma anche a sviluppare la flessibilità necessaria a sostenere i continui cambiamenti richiesti dai sempre più rapidi processi di adattamento registrati al fronte.

Le preziose lezioni apprese nel contesto bellico fanno sì che l’Ucraina disponga ad oggi di un sistema alquanto avanguardistico per quel che riguarda la produzione di droni, non solo riguardo alla qualità del singolo asset ma anche rispetto al funzionamento dell’ecosistema nel suo complesso. E gli attori occidentali, Stati Uniti in primis, hanno tutto l’interesse ad adattare i propri apparati così da renderli il più efficienti possibili per le sfide del futuro. Un risultato, questo, facilmente raggiungibile con lo sviluppo di joint venture e partnership commerciali, che implicano un trasferimento di capacità e conoscenze tra le parti coinvolte nell’accordo. Non stupisce dunque che questa opzione sia stata sfruttata dal governo ucraino come “regalìa” da portare in dono al partner americano.

Ma dietro alla scelta di Kyiv potrebbero esserci anche altre motivazioni. In passato (e in particolare rispetto alla questione dell’accordo sui minerali) il presidente Trump ha più volte ribadito, forse in modo strumentale, forse no, come le migliori garanzie di sicurezza per l’Ucraina fossero lo sviluppo di interessi diretti statunitensi sul suo territorio. Nel quadro dell’accordo sui droni, Kyiv potrebbe promuovere lo sviluppo di impianti congiunti di produzione (ma anche di ricerca e sviluppo) su territorio ucraino, così da ancorare ulteriormente gli interessi di Washington all’Ucraina. Mirando così a rafforzare ulteriormente il committment del partner americano alla sua difesa futura.


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