L’India è insieme alla Cina uno dei maggiori importatori di greggio russo. Con ogni probabilità ridurrà la domanda giornaliera di oro nero, provocando un piccolo buco nelle entrate del Cremlino. Ma anche a Ovest si mette male, con le raffinerie sotto il tiro dell’Ucraina che lasciano l’ex Urss senza carburante. E così Mosca finisce in una morsa micidiale
Uno-due. E peggio di così, per la Russia, non potrebbe andare. Vada per le banche che stanno per saltare a causa delle enormi sofferenze sui prestiti, per i consumi al palo e le patate vendute a peso d’oro. Ma il petrolio, quello proprio no. Se a Mosca era rimasta una fonte di entrate sicura, quella era l’oro nero, venduto ai Paesi cosiddetti amici, Cina ma anche India, dopo che l’Europa ha messo sotto embargo l’intero fianco orientale, avviando la lunga stagione dell’addio al greggio russo. Succede più o meno questo.
Nella notte gli Stati Uniti hanno fatto scattare la tagliola su Nuova Delhi, come peraltro ampiamente previsto dai mercati in seguito al fallimento dei negoziati estivi. Non è poca cosa, le tariffe sulle importazioni (lo scorso anno l’India ha esportato negli Stati Uniti merci per un valore complessivo di oltre 87 miliardi di dollari, circa 75 miliardi di euro) sono salite al 50%, valore molto maggiore di quello imposto ad altri Paesi asiatici e tra i più alti in assoluto in tutto il mondo. Ora, Trump aveva già imposto dazi del 25% sulle importazioni dall’India e a inizio agosto aveva firmato un ordine esecutivo con cui aveva deciso di aggiungere un ulteriore 25%, motivando i nuovi dazi come una ritorsione per gli acquisti indiani di petrolio russo, aumentati dopo l’invasione russa dell’Ucraina, che secondo l’amministrazione Trump starebbero contribuendo notevolmente al finanziamento delle operazioni militari della Russia.
E in effetti è proprio così, il discorso di Trump non fa una piega. Dall’avvio del conflitto nel 2022, Mosca ha fornito all’India a prezzi bassissimi (all’incirca con un prezzo scontato del 5%) il suo greggio. Da allora le esportazioni via mare non hanno fatto altro che aumentare fino a che l’India non è diventata, dopo la Cina, la seconda importatrice di oro nero russo. Tutto questo è un grosso problema per il Cremlino. I dazi americani, infatti, impatteranno sulla bilancia commerciale indiana e anche sullo stesso Pil (si parla, ma sono solo stime, di una perdita quantificabile nello 0,8%). Le conseguenze sono tutte per la Russia. Le raffinerie indiane, prevedono di ridurre i loro acquisti di greggio nelle prossime settimane. Stando ad alcune indiscrezioni raccolte da Bloomberg, si prevede che le raffinerie statali e private indiane, tra cui la grande azienda Reliance Industries, acquisteranno 1,4 milioni di barili al giorno a partire da ottobre, contro una media di 1,8 milioni di barili giornalieri.
Finita qui? No. C’è anche il versante ucraino a tenere sotto scacco Mosca. Ed è sempre il petrolio il filo conduttore. In questi giorni, i prezzi della benzina in Russia hanno raggiunto livelli record. Motivo? L’intensificarsi dei bombardamenti ucraini contro le raffinerie di petrolio russe. Sulla rete, circolano lunghe file di auto e camion in coda alle stazioni di servizio in diverse regioni della Russia e nelle zone occupate dell’Ucraina, evidenziando la portata della crescente crisi. D’altronde, gli attacchi a lungo raggio dei droni ucraini hanno distrutto circa il 13% della capacità di raffinazione del petrolio russa dall’inizio di agosto. E la situazione si sta rivelando particolarmente difficile poiché l’interruzione dell’approvvigionamento causata dagli attacchi aerei ucraini coincide con un periodo di picco della domanda stagionale dovuto ai viaggi estivi e all’imminente stagione del raccolto. L’uno-due è servito.