La premier al suo esordio al Meeting da quando guida il governo. Draghi ha ragione, basta dormire in piedi, l’Europa corre veloce verso l’irrilevanza. Ora fare meno ma fare meglio e porre fine alla dipendenza industriale con gli Stati Uniti. Ceto medio al centro dell’agenda, la vera arma contro la crisi demografica è la casa. E la pace in Ucraina è ancora possibile
Forse perché era la sua prima volta da capo del governo. O forse perché la sala era piena all’inverosimile, un sold out in piena regola, con i soli posti in piedi rimasti. Fatto sta che l’esordio da premier di Giorgia Meloni al Meeting di Rimini, giunto alla sua ultima giornata dopo sei giorni di dibattiti e incontri, è cominciato con un accenno di commozione sul viso di Meloni, accolta da due lunghi applausi, uno al suo arrivo al quartiere fieristico, il secondo pochi minuti prima di salire sul palco per dialogare, dodici minuti dopo mezzogiorno, con il presidente della Fondazione per l’amicizia tra i popoli, Bernhard Scholz.
Tanti i temi affrontati (le molte persone rimaste fuori si sono radunate nelle Hall della Fiera di Rimini, dove sono stati allestiti maxischermi per seguire l’intervento, durato meno di un’ora), dalle guerre all’economia, dal ruolo dell’Unione europea fino alle questioni più interne al Paese come la denatalità e il sostegno alle imprese. E numerosi gli esponenti di Fratelli d’Italia seduti in platea, tra i quali Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera, e il ministro all’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Nei giorni in cui i mercati hanno sancito il sorpasso dell’Italia sulla Francia, con il debito di Roma arrivato a costare meno di quello francese (stato dei fatti che ha gettato nel panico il governo transalpino, ormai a un passo dalla crisi), Meloni, reduce da vacanze frazionate dalla trasferta a Washington per tentare con Donald Trump la via della pace in Ucraina, ha toccato i punti più sensibili dell’attualità. A cominciare da quell’Europa che Mario Draghi, intervenuto al Meeting nel primo giorno di rassegna, ha ancora una volta fustigato.
LA SPONDA CON DRAGHI
L’Europa, forse in uno dei frangenti più delicati della sua storia più recente, alla ricerca di una propria identità, stretta tra la pressa cinese a Est e la forza muscolare degli Stati Uniti a Ovest. Per Draghi, “marginale e spettatrice”, inerte dinnanzi ai grandi cambiamenti globali. Ma per Meloni, la partita non è chiusa. Anzi. “L’Occidente ha ancora molto da dire, molto da dare. Ma serve una consapevolezza diversa, di tutto quello che siamo stati e di tutto quello che abbiamo fatto”, ha subito puntellato la premier che pur ha citato Draghi, invitando l’Unione a non “autocondannarsi all’irrilevanza e fare magari meno, ma meglio: L’Unione europea rischia di essere sempre più condannata all’irrilevanza geopolitica, incapace di rispondere alle sfide della competitività, come giustamente rilevato da Draghi”.
“Molte critiche all’Ue”, ha chiarito la premier, “le condivido così tanto che le ho dette negli anni. Siamo in una fase di enormi mutamenti, sono saltati i paradigmi su cui costruire, autocrazie ciniche ci sfidano, ma abbiamo anche una grande opportunità che sapremo cogliere solo se sapremo riscoprire la nostra anima e radici anche culturali e religiose colpevolmente negate anni fa. Se non sai chi sei, non puoi neanche definire il tuo ruolo nel mondo, la tua missione nella storia”.
Insomma, a conti fatti, l’Ue deve “ripartire dalla politica, dalla visione, ridurre la burocrazia soverchiante, sostenere la competitività delle imprese, mettere l’uomo e non l’ideologia al centro della natura, affrontare il problema demografico altrimenti tra qualche decennio non ci sarà alcuna civiltà europea da difendere. Dobbiamo costruire un proprio modello di sicurezza, delineare un’Europa del pragmatismo e del realismo, andando oltre il dibattito stantio. l’Europa faccia meno e meglio, non annulli le identità ma le sublimi”.
UNA DIFESA FATTA IN CASA
Altro tema, la sicurezza e la fine della dipendenza europea dagli Stati Uniti, in materia di difesa. L’Europa, che ancora cerca la quadra sull’emissione di debito comune senza il quale sarà impossibile finanziare la difesa continentale. “La burocrazia non ci porterà fuori dalla tempesta, la politica può farlo, ma dobbiamo sapere che tornare protagonisti della propria storia e del proprio destino non è facile, indolore, gratis” perché “per decenni abbiamo appaltato agli Usa la sicurezza europea” e questo comporta una “inevitabile dipendenza politica. La mia parte politica lo ha sempre detto, abbiamo parlato dell’esigenza di una colonna europea della Nato quando questi temi non erano di moda. Mi fa sorridere che coloro che oggi rivendicano la necessità di emanciparsi dagli Usa si oppongono a una politica di difesa e sicurezza perché le due cose non stanno insieme”.
LA CASA ARMA CONTRO LA CRISI DEMOGRAFICA
La premier ha poi ristretto il campo, focalizzando il proprio ragionamento sull’Italia, anche in vista della prossima manovra, che proprio in questi giorni i tecnici del Tesoro cominceranno a scrivere. Il punto di partenza è la crisi demografica che vive l’Italia, ma anche un po’ tutto l’Occidente. “Credo che sia arrivato il momento di un grande piano per la casa. Perché ci lamentiamo che non si fanno figli, che la famiglia è in crisi. E allora io dico che non c’è famiglia senza casa”, ha spiegato Meloni. Serve “un clima culturale nuovo intorno alla famiglia e alla genitorialità. stiamo lavorando con il ministro delle Infrastrutture (Matteo Salvini, ndr) ad un Piano casa a prezzi calmierati per giovani coppie, perché senza casa non si può costruire una famiglia”.
Ma ha avvertito come “tutto rischia di essere vano senza un clima culturale nuovo che dobbiamo costruire insieme. Per troppo tempo cattivi maestri hanno detto che la genitorialità era un concetto vecchio, arcaico, patriarcale, ma non c’è nulla di moderno nell’affittare un utero, o nel dire che i figli non vanno messi al mondo perché inquinano. Solo l’ignoranza può sostenere queste tesi deliranti e con l’ignoranza non si può costruire nessuna modernità”.
TRA ENERGIA E CETO MEDIO
E non c’è famiglia senza ceto medio, vera spina dorsale dell’economia italiana. Il governo è pronto a ridurre ancora il peso delle tasse sulle famiglie e sulle imprese, attraverso una nuova sforbiciata all’Irpef. Soldi permettendo, naturalmente. “Ora intendiamo concentrare l’attenzione sul ceto medio per creare un sistema più equo e incentivante per chi produce reddito e il governo vuole continuare a sostenere le imprese”, ha spiegato Meloni. Tirando in ballo anche gli enormi costi per l’elettricità. “L’obiettivo principale e ambizioso è l’abbassamento strutturale del costo dell’energia che pesa come macigno su competitività italiana”.
IMPRENDITORI E LAVORATORI ITALIANI UNITEVI
L’altro grande obiettivo, per rimanere sempre nel campo delle imprese, è un nuovo patto tra datori di lavoro e lavoratori, per una nuova stagione di relazioni industriali. Sul lavoro i “dati positivi che stiamo registrando ci incoraggiano a proseguire nella direzione che ha permesso di creare un milione di posti di lavoro, gran parte dei quali a tempo indeterminato. L’obiettivo è ricostruire su basi nuove le dinamiche tra lavoratori e datori di lavoro, una dinamica che non può che essere fondata sulla condivisione e non sullo scontro perché non ho mai conosciuto un imprenditore che non considerasse i dipendenti la sua principale risorsa”, ha sottolineato la premier.
Riservando al Movimento Cinque Stelle un nuovo attacco al reddito di cittadinanza. “Per troppo tempo chi ha governato l’Italia ha confuso il diritto al lavoro con il diritto al reddito rifugiandosi nell’assistenzialismo per evitare di impegnarsi al compito di creare condizioni perché il lavoro sia un diritto effettivamente garantito. Sussidi come il reddito di cittadinanza deresponsabilizzano la società e atrofizzano le persone: la vera ricchezza di una nazione e di un popolo risiede nel lavoro”.
LA VIA DELLA PACE IN UCRAINA (E IN MEDIO ORIENTE)
Non poteva mancare, poi, un passaggio sull’Ucraina. La pace sembra essere ancora lontana, nonostante gli sforzi di Washington e il gioco di sponda con i Paesi alleati. “Dopo tre anni e mezzo in cui la Russia non aveva dato nessun segnale di dialogo si sono aperti spiragli per un percorso negoziale in Ucraina grazie all’iniziativa di Trump e soprattutto all’eroica resistenza del popolo ucraino e al compatto sostegno garantito dall’Occidente, dall’Europa e dall’Italia, nonostante un’opinione pubblica non sempre convinta. In questa opportunità dobbiamo credere fortemente portando contributo idee e proposte”.
E dunque, servono “robuste garanzie di sicurezza per l’Ucraina, è il punto di partenza, il presupposto non scontato stabilito a Washington. La proposta italiana su un meccanismo basato sull’articolo 5 (del trattato Nato, ndr) è attualmente la principale sul tavolo, un possibile contributo che la nostra nazione ha dato di cui dobbiamo essere fieri”. Un discorso, quello sull’Ucraina, che ha chiamato in causa anche l’altro fronte bollente, quello medio-orientale. E qui Meloni si è rivolta anche a Israele. “Noi non abbiamo esitato un solo minuto nel sostenere il diritto alla sicurezza e all’autodifesa di Israele dopo il massacro del 7 ottobre compito da terroristi che da troppo tempo si fanno scudo dei civili, ma non possiamo tacere ora di fronte ad una reazione di Israele andata oltre il principio di proporzionalità, mietendo troppe vittime innocenti, arrivando a colpire anche le comunità cristiane che sono fattore di equilibrio nella Regione e che ora sta mettendo a repentaglio la prospettiva storica di due popoli e due Stati”.