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Per un’Europa del solidarismo

La costruzione dell’integrazione europea e l’accelerazione tendenziale verso un’unione non più di scopo ma politica sta mettendo fine al sistema westfaliano delle sovranità europee. Ne l’esercizio del dominio egemonico ne la forza dell’economia mercantile hanno potuto tanto quanto la cogenza del diritto (e dei diritti) nel far convivere le tante diversità europee. Come già nel XVII secolo una fitta serie di Trattati mise fine a vari secoli di violenti rivolgimenti intraeuropei, anche oggi oltre a quelli fondativi una nuova serie di Trattati intraeuropei sta trasformando irreversibilmente il continente. Il perno del sistema europeo, non a caso, è la Corte di giustizia, l’intermediario centrale che negli anni ha accresciuto il suo scopo, operandosi nella costruzione pregnante di un’unione organica tra individui e collettività, nel rispetto del diritto e per la tutela dei diritti. Diversamente dai sistemi che hanno celato nelle ratifiche formali varie forme di ‘eccezionalismo giuridico’, l’approccio tedesco della costituzionalizzazione del diritto internazionale ed europeo costituisce l’esempio più sofisticato e partecipativo di interiorizzazione dei Trattati nel rispetto di una concezione dell’equilibrio sociale. Infatti, è solo su tali basi che l’Unione europea potrà sviluppare un corretto e concreto approccio al solidarismo, giuridicamente definito e giurisdizionalmente tutelato, perché si superi concettualmente l’egoismo naturale rappresentato dal trilemma economico (bisogni-risorse-rarità) restituendo all’homo-oeconomicus la centralità che gli è propria nello sviluppo delle relazioni e degli scambi. Il solidarismo è un processo tendenziale verso la perfezione, è l’equilibrio centrale che ingloba tutte le diversità che infatti in esso si riconoscono. È proprio la caratteristica intrinseca di centralità del solidarismo che permette la realizzazione dell’unificazione, anche di quella europea.

Il solidarismo, proprio perché centro intermediario indipendente dal tempo, dallo spazio e dalla materia, è l’approccio che, per estensione, permette di dialogare costruttivamente con “l’altro”, identificato, riconosciuto, accettato, e infine preso in carico. Il monito dei migranti morti nel mare di Lampedusa si somma al grido silenzioso delle centinaia di migliaia di vittime civili che da anni cadono attorno al Mediterraneo. Non si può non ricordare l’ispirato esperimento di dialogo internazionale di Giorgio La Pira. La retorica del pietismo e dell’emergenza può fare tristemente notizia, ma oggi è quanto mai urgente costruire nuovi ponti di dialogo per un solidarismo europeo, mediterraneo e mondiale. Non volerlo e non realizzarlo significa non rispettare noi stessi!

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