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Soldi subito. L’Europa prova il colpo di mano sugli asset russi

Nonostante le remore legali di molti Paesi sugli oltre 200 miliardi di beni russi messi sotto chiave nel Vecchio continente, Bruxelles rilancia la monetizzazione forzata dei fondi. Ed è pronta ad aumentare i profitti da essi generati, anche per mitigare gli effetti del maxi-deficit ucraino

La politica, a volte, va più veloce della realtà. Succede, per esempio, nel caso degli asset russi messi sotto chiave dall’Europa all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. A Bruxelles hanno deciso che è tempo di dare un altro giro di manovella, perché quei 200 miliardi, miliardo più, miliardo meno, fanno troppo comodo a Kyiv, specialmente ora che il disimpegno americano è, in parte, conclamato. E così, nel giro di poche ore sono arrivate nuove indicazioni circa la volontà di imprimere un’accelerazione allo smobilizzo degli asset congelati e detenuti presso le finanziarie europee. Parole, certo, le quali stridono e non poco con i timori, quelli certamente reali, di molti Paesi membri, per una violazione del diritto internazionale, con ripercussioni sull’umore dei mercati e degli investitori.

Se, infatti, fin qui, solo una minima parte degli interessi maturati sugli asset sotto chiave è stata girata all’Ucraina (l’ultimo assegno, staccato ad agosto, recava la cifra di 1,6 miliardi) è perché molti governi temono che una monetizzazione massiccia e coatta possa mettere in fuga quei capitali che ancora si fidano dell’Europa e le sue regole. Ma la Commissione europea non ha intenzione di indietreggiare. Proprio in queste ore, all’indomani dell’incidente piuttosto oscuro accaduto all’aereo di Ursula von der Leyen, il capo dell’esecutivo comunitario ha chiarito ancora una volta la linea. “Stiamo riflettendo sui prossimi passi e sul miglior utilizzo di queste risorse, perché una cosa è molto chiara: la Russia, il predatore, deve essere ritenuta responsabile per ciò che ha fatto e deve pagare. Deve pagare per i danni e per l’aggressione. Questo deve essere il principio. E quindi, stiamo valutando un ulteriore utilizzo dei profitti inattesi degli asset russi immobilizzati”.

“Come sapete, ciò che facciamo in questo momento è prelevare i profitti straordinari derivanti dalle attività russe immobilizzate e li incanaliamo direttamente in Ucraina, per questioni di difesa o per misure di ricostruzione. Finora, 3,7 miliardi di euro sono stati generati da profitti straordinari e altri ne seguiranno regolarmente, ma stiamo anche riflettendo sui prossimi passi e sul miglior utilizzo di queste risorse”. Parole che nei fatti, aprono la strada al 19esimo pacchetto di sanzioni contro la Russia, dentro il quale potrebbero finire i nuovi propositi dell’Ue sui beni di Mosca.

Ad aprire a un colpo di mano sugli asset era stata comunque, tre giorni fa, l‘Alta rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri, Kaja Kallas, la quale ha dichiarato che i beni congelati non saranno restituiti alla Russia a meno che Mosca non paghi i risarcimenti all’Ucraina. “Non possiamo immaginare che, in caso di cessate il fuoco o di un accordo di pace, questi beni vengano restituiti alla Russia se non sono state pagate le riparazioni”, ha affermato l’Alto rappresentante. Fin qui, per l’appunto, la politica. Ma quale il piano? Le ultime indiscrezioni parlano di spostare i beni russi verso investimenti più rischiosi, che potrebbero generare maggiori profitti per l’Ucraina e aumentare la pressione sulla Russia. E dare una mano all’Ucraina. Che si stima dovrà affrontare un deficit di bilancio di 8 miliardi di euro nel 2026. Mica spiccioli.


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