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Mosca riunisce il Golfo per mostrarsi meno isolata

La riunione a Sochi tra Russia e Consiglio di Cooperazione del Golfo racconta di come i Paesi della regione pensino al multi-allineamento, ma usino prudenza con Mosca. Per Putin, photo-opportunity anti-occidentale

Il segretario generale del Consiglio di cooperazione del Golfo (Gcc), Jasem Mohamed Albudaiwi, ha elogiato la posizione russa sugli sviluppi in Medio Oriente, con particolare riferimento a Gaza. L’occasione è stata la riunione, a Sochi, dell’ottava sessione del dialogo strategico Russia–GCC, un formato lanciato nel 2011 per rafforzare la cooperazione politica, economica e di sicurezza. Nel comunicato finale, le parti hanno parlato di “approfondire le relazioni fino a più ampi orizzonti”, mentre al-Budaiwi ha sottolineato la condanna da parte di Mosca della recente operazione israeliana condotta in territorio qatariota, definita “una pericolosa escalation”. Il Golfo è contro Israele, e la Russia ha saputo sfruttare la situazione, muovendosi con fluidità, ha allentato il rapporto complesso con lo Stato ebraico durante questi due anni di guerra, per privilegiare le istanze dei paesi arabi. È una scelta vantaggiosa, anche perché cavalca l’anti-occidentalismo strategico — dato come Usa e Ue hanno dato sostegno a Israele.

Il segnale che esce dalla riunione russo-araba va oltre la cronaca. Indica come, nonostante la guerra in Ucraina e la perdita imbarazzante di un alleato cruciale come Bashar al-Assad (attorno a cui Mosca aveva proiettato forza nella regione), la Russia non sia marginalizzata in Medio Oriente, ma anzi stia cercando di ridefinire il proprio ruolo. Le monarchie del Golfo – su tutte Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar – guardano a Mosca non soltanto come partner economico, ma anche come attore utile in un contesto regionale sempre più multidimensionale, tendenzialmente multi-polare in cui dunque è necessario un multi-allineamento secondo le loro percezioni.

La trasformazione della postura russa in Medio Oriente è iniziata con le sanzioni occidentali del 2022, dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina, che spinsero il Cremlino a dirottare commercio e investimenti verso Asia e mondo arabo. Il rapporto con l’Iran è diventato quasi un’alleanza strategica, cementata dalla cooperazione militare e dall’accordo di partenariato globale firmato a gennaio. L’International North-South Transport Corridor renderà possibile un nuovo flusso commerciale fra Russia, Golfo e India. Il dialogo nel sistema Opec+ si è consolidato nell’ottica di necessità comuni — quelle che hanno portato Riad a scelte sui flussi produttivi di petrolio molto più vicine a Mosca che a Washington. Gli emirati della regione ospitano gli oligarchi e i loro cerchi magici, che hanno lasciato la Russia per evitare di essere bloccati dalle sanzioni.

Il quadro è poi cambiato bruscamente con la caduta del regime di Assad nel dicembre 2024. L’uscita di scena dell’ex presidente siriano ha privato Mosca di una piattaforma mediterranea chiave e ha reso incerta la sorte delle basi di Tartus e Khmeimim, utilizzate non solo per proiettare influenza in Medio Oriente ma anche come collegamento logistico verso Africa e Sahel. La perdita della Siria ha indebolito la capacità russa di bilanciare Turchia e Iran, e ha incrinato la percezione di Mosca come garante regionale agli occhi delle monarchie del Golfo.

Per compensare, il Cremlino ha però avviato una strategia di diversificazione. Oltre al dialogo con il Gcc, ha intensificato i contatti con Oman e Sudan, con ipotesi di una base navale sul Mar Rosso, e continua a coltivare legami stretti con Qatar ed Emirati. Nel Maghreb, ambiente geopolitico collegato al Medio Oriente, Mosca mantiene rapporti privilegiati con Algeria e con la Cirenaica di Khalifa Haftar in Libia, mentre cerca aperture anche con il governo di Tripoli. Sono mosse che riflettono l’obiettivo di restare presente nel Mediterraneo-Allargato, nonostante i limiti imposti dalla guerra in Ucraina e dalle perdite siriane.

Il contesto regionale, caratterizzato dalla logica della multi-alignment, favorisce questo approccio. Molti Paesi arabi, pur privilegiando relazioni strette con Stati Uniti e Unione Europea, considerano utile mantenere aperto un canale con Mosca, sia per ragioni legate al mondo dell’energia (dove la Russia resta un attore di primo piano) che per la fornitura di armamenti. La disponibilità russa a sostenere la causa palestinese, come emerso nella riunione con il Gcc, aggiunge un ulteriore elemento di attrattiva.

Nonostante le difficoltà, dunque, Vladimir Putin non appare in ritirata dal Medio Oriente. E la foto del ministro Sergei Lavrov, capo della diplomazia putiniana, in mezzo agli inviati del Gcc, è un’ulteriore opportunità per dire alla parte di mondo che osserva esternamente lo scontro tra Russia e Occidente, che Mosca non è isolata. Piuttosto, sta attraversando una fase di transizione, in cui cerca di compensare la perdita di vecchi alleati con nuove convergenze. Ma ma la riunione con il Golfo dimostra anche come quei Paesi stiano gestendo con prudenza e maturità la relazione: in molti hanno infatti evitato di inviare figure di primo piano, preferendo come messi viceministri e figure di sotto-governo.


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