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OpenAI-Microsoft, seconda fase. Le due amiche-nemiche tornano a intendersi?

Le aziende hanno comunicato di aver raggiunto un’intesa preliminare “non vincolante” per procedere nella loro partnership. Niente di scontato, viste le turbolenze dell’ultimo periodo. Ma qualcosa di estremamente necessario a Sam Altman per trasformare la sua azienda in società a scopo di lucro, nonostante i tanti ostacoli che ha di fronte a sé

I dettagli sono ancora tutti da enunciare, ma basta già l’annuncio a rendere la notizia importante. Microsoft e OpenAI hanno raggiunto un accordo preliminare sulla “fase successiva” della loro collaborazione. “Niente di vincolante”, fanno sapere le due società che continuano a “lavorare attivamente per finalizzare i termini contrattuali in un accordo definitivo”. Superate le difficoltà iniziali, la partnership andrà quindi avanti per permettere alla start up di Sam Altman di quotarsi in borsa e trasformarsi in una società a scopo di lucro. Sebbene non si sa ancora bene con quali riserve, il fatto che Microsoft abbia acconsentito a procedere nella collaborazione è il primo passo che serviva a OpenAI.

Le due aziende stavano vivendo un periodo piuttosto turbolento. La loro partnership è partito quasi dieci anni fa, nel 2016, quando il gigante di Redmond ha dato un grandissimo contributo allo sviluppo della start up. Le ha messo a disposizione grandi data center e anche parecchi miliardi di dollari, partendo da 1 miliardo nel 2019 per arrivare a 13 miliardi in totale. In cambio, Microsoft aveva l’esclusiva sul cloud concesso e ha potuto integrare gli strumenti tecnologici della piccola e promettente società senza scopo di lucro. I rapporti hanno iniziato a incrinarsi nel modo più classico di tutti, ovvero quando l’allievo ha superato il suo maestro. Nel momento in cui OpenAI ha lanciato ChatGPT, Microsoft ha capito che il livello si era alzato. In sintesi, le due alleate sono diventate improvvisamente rivali. OpenAI ha compreso di potere diventare qualcosa di più rispetto a ciò che era (ed è ancora), quale un laboratorio di ricerca, manifestando l’intenzione di raccogliere altri fondi aggiuntivi e di poter vendere i suoi prodotti ad altri provider di cloud. Anche perché la necessità di nuovi investimenti appare vitale per poter finanziare le enormi ambizioni che si è posta. Va da sé che tutto questo non andava bene all’azienda di Satya Nadella, che sta iniziando a guardarsi altrove (è da leggere in questo senso l’approfondimento delle relazioni con Anthropic e xAI).

Ora però tutto sembra tornare sui binari giusti. Secondo alcune fonti a conoscenza del memorandum preliminare ascoltate dal Wall Street Journal, Microsoft dovrebbe detenere una quota tra il 20% e il 30% della nuova società commerciale mentre OpenAI (quella non a scopo di lucro) otterrebbe una dotazione da 100 miliardi di dollari, un quinto rispetto ai fondi privati che sta cercando sul mercato per ottenere una valutazione da 500 miliardi. Di fatto, diventerebbe una delle organizzazioni filantropiche più potenti al mondo – ma, sottolinea il Wsj, non è chiaro quanto tempo ci vorrà per racimolare questi investimenti.

Quello di Microsoft non è l’unico ostacolo che OpenAI ha davanti a sé per diventare una società lucrativa. Ad approvare la nuova struttura devono essere i procuratori del Delaware e della California, che stanno portando avanti le loro indagini per assicurarsi che tutto sia a norma di legge. A dargli manforte sono ovviamente i rivali di Sam Altman. Non solo Meta, ma soprattutto Elon Musk, uno dei co-fondatori di OpenAI, che ha fatto causa alla sua vecchia creatura per la decisione di cambiare natura.

Molto però passa dall’accordo con Nadella. Anche i termini della chiusura dell’accordo con Altman sono incerti, fatto salvo che si vorrebbe chiudere entro la fine dell’anno. Ad avere questa urgenza è soprattutto OpenAI: se non dovesse cambiare pelle entro il 2025, dovrà pagare una penale da 19 miliardi di dollari.


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