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Rheinmetall si tuffa (anche) nella cantieristica. Cosa racconta sulle priorità di Berlino

Con l’acquisizione della divisione navale di Lürssen, il colosso tedesco della Difesa punta ad affermarsi anche nel dominio marittimo. La Germania si prepara così a sfidare le consolidate industrie cantieristiche mediterranee. Il tutto in nome del rafforzamento europeo, ma con i piedi ancora ben piantati in un’ottica prevalentemente nazionale

Rheinmetall punta a imporsi come la più grande industria della difesa in Europa in tutti i domini. Il colosso tedesco della difesa, fino a oggi sinonimo di eccellenza nel campo dei sistemi terrestri, delle artiglierie e del munizionamento, ha infatti  raggiunto un accordo con il gruppo Lürssen per rilevare la divisione Naval vessel (Nvl), specializzata in unità militari. Un miliardo di fatturato, oltre duemila dipendenti, quattro cantieri nel nord della Germania e una lunga esperienza nella costruzione di corvette, pattugliatori e navi di supporto. Questa la dote che entra nel portafoglio del gruppo di Düsseldorf. Così facendo, Rheinmetall non si limiterà più unicamente a fornire sensori e singoli sistemi d’arma da montare sulle navi, ma potrà presentarsi come un prime contractor in grado di coprire internamente l’intero ciclo produttivo, dalla progettazione alla messa in mare. 

Se da un lato questa mossa sembra proiettare il gruppo tedesco verso un’operatività full spectrum nel settore, dall’altro sorgono dubbi riguardo i rapporti futuri con gli altri campioni europei e sul rischio di un’altro, ennesimo, episodio di frammentazione.

Un attore frammentato ma con grande potenziale

La Germania non è mai stata assente dalla partita navale, ma il suo settore è rimasto a lungo frammentato. Da una parte c’è ThyssenKrupp Marine Systems (Tkms), celebre nel settore dei sottomarini convenzionali, con il marchio storico HDW di Kiel e una reputazione internazionale di lungo corso. Le sue linee di prodotto, dalla classe 212 alla 214, sono state esportate in più continenti, dalla Corea del Sud alla Turchia, fino a Israele. Persino l’Italia impiega una versione all’avanguardia (e costruita su licenza da FIncantieri) del suo sottomarino U212 Nfs. Tkms si sta inoltre muovendo in un delicato processo di spin-off, con ThyssenKrupp che ne ha separato il perimetro societario per facilitare alleanze e aperture di capitale. 

Accanto a Tkms, fino a oggi, c’era Lürssen con NVL, specializzata nelle unità di superficie leggere e medie, dalle corvette ai pattugliatori. Con l’ingresso di Rheinmetall, questo ramo cambia dimensione e diventa parte di un conglomerato più grande, in grado di offrire pacchetti completi. “Con la nuova acquisizione, stiamo compiendo un passo decisivo verso il consolidamento dell’industria della difesa in Germania e in Europa”, ha detto il Ceo di Rheinmetall, Armin Papperger. “In combinazione con l’esperienza di Rheinmetall, stiamo creando un importante polo tedesco per la produzione di navi all’avanguardia. Le capacità combinate di Rheinmetall e Nvl genereranno una crescita reciproca e rafforzeranno così la posizione della nostra società nel settore navale”, ha aggiunto.

I punti di forza nel settore navale non mancano in Germania: competenze tecnologiche avanzate, cantieri moderni, una base industriale con manodopera qualificata, e un portafoglio ordini in crescita trainato dall’aumento delle spese per la difesa (a cui si aggiungeranno presto le nuove commesse delle Forze armate). 

Un settore già affollato

Benché il gruppo tedesco sia leader incontrastato sul continente per quanto concerne i sistemi terrestri, sul mare la competizione con gli altri Paesi è ben più serrata. Quasi inutile citare Fincantieri, campione italiano del settore, con commesse e ordini che spaziano dalle fregate Fremm ai pattugliatori Ppa, fino al programma Constellation per la US Navy. Una versatilità che lo rende uno dei pochi cantieri europei in grado di coprire l’intero spettro produttivo, dai sommergibili alle grandi unità di superficie, e che negli anni ha consolidato una reputazione estremamente solida sui mercati internazionali. Oltralpe, la Francia può contare su Naval Group, player statale di peso strategico nonché unico attore cantieristico europeo che può vantare la costruzione di navi ad alimentazione nucleare (almeno per adesso).  La Spagna, con Navantia, occupa il gradino più basso del podio. Le sue fregate sono entrate in servizio non solo a Madrid, ma anche in Australia e Norvegia, dimostrando la capacità del gruppo spagnolo di essere competitivo anche sui mercati esteri. Una presenza meno ingombrante rispetto ai giganti italiani e francesi, ma comunque significativa nel quadro di una cantieristica europea diversificata.

Negli ultimi anni Berlino non ha esitato a blindare i propri asset industriali, anche a costo di rinunciare a possibili sinergie europee. È il caso di Tkms: durante le trattative per la cessione del ramo sottomarini, Fincantieri aveva manifestato interesse a un’integrazione che avrebbe potuto rafforzare l’asse italo-tedesco e dare corpo all’idea di un vero campione navale continentale. Ma il governo federale ha preferito fermare l’operazione, giudicando troppo rischioso aprire un settore considerato strategico a un partner straniero.

Per guidare l’Europa, la Germania ne aumenterà la frammentazione?

È passato quasi un anno dalla pubblicazione del Rapporto Draghi e, benché tra gli addetti ai lavori lo si citi quasi al pari del Vangelo, le sue raccomandazioni continuano a rimanere poco ascoltate. Nel suo documento per il futuro della competitività europea, Mario Draghi e il suo team raccomandano la creazione di campioni industriali continentali, capaci di fondere non solo le loro singole dimensioni produttive, ma anche (e soprattutto) le risorse destinate a ricerca e sviluppo. Se fino a poco tempo fa si era ipotizzato che l’industria europea potesse muoversi verso un’armonizzazione basata su singole specializzazioni (ad esempio la Germania nel terrestre, l’Italia nel navale ecc.), la mossa del gruppo di Düsseldorf racconta invece una storia diversa, una in cui la Germania si rende autonoma e capace di provvedere ad ogni esigenza delle proprie Forze armate direttamente in casa. Obiettivo chiaramente indicato dallo stesso Papperger: “In futuro saremo un attore di rilievo sulla terraferma, in acqua, nell’aria e nello spazio”. 

Il mantenimento di industrie nazionali indipendenti non è necessariamente incompatibile con una maggiore armonizzazione continentale. Laddove piattaforme e assetti venissero standardizzati, ogni industria potrebbe mantenere la propria indipendenza pur contribuendo all’obiettivo di avere una produzione unica e uniforme in Europa. Tuttavia, il mantenimento di attori nazionali distinti ha inevitabilmente dei contro, dalle tempistiche prolungate per il raggiungimento di accordi di cooperazione alla dispersione dei fondi dedicati alla ricerca e allo sviluppo. Un lusso che l’Europa poteva forse permettersi in passato, ma che ora mostra il fianco dinanzi ai più recenti sconvolgimenti geopolitici. La Germania si è più volte fatta interprete della volontà di guidare il rilancio industriale del continente, tuttavia le sue recenti mosse in tal senso rivelano una chiara lista di priorità, dove il rafforzamento europeo sembra più una conseguenza che una concausa del rilancio nazionale. Nuovi attori, vecchi schemi.


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