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Trump trova i Modi per parlare con Xi

Trump prova a tenere insieme India e Cina con un approccio transazionale fatto di dazi, telefonate e negoziati, usando commercio e tecnologia come leve politiche. Ma tra il dossier TikTok, i miti sulla “Cina secolare” e le tensioni nello Stretto di Taiwan, la competizione resta aperta su più fronti

Donald Trump ha telefonato a Narendra Modi per fare gli auguri di compleanno al leader indiano, un gesto che ha segnato una pausa dopo settimane di tensioni commerciali tra Stati Uniti e India. La stessa settimana, a Madrid, si è aperto un nuovo round di negoziati con la Cina, che ha riportato in primo piano il dossier TikTok e si concluderà con una chiamata tra Trump e il leader cinese, Xi Jinping. Mosse che raccontano lo stile transazionale di Trump: durezza sui dazi e messaggi di forza, ma sempre con la porta aperta a nuovi accordi.

Questa sovrapposizione di contatti mostra come Washington stia cercando di muoversi su più fronti: mantenere saldo il rapporto con l’India, fondamentale per bilanciare la Cina, e allo stesso tempo testare la possibilità di un’intesa con Pechino. È un gioco a tre — Stati Uniti, India e Cina — che riflette la natura multipolare della fase geopolitica in corso. Dietro le dichiarazioni ottimistiche, restano però fragilità e tensioni: con l’India pesa il dossier energia e il colpo dei dazi americani; con la Cina la partita si intreccia a tecnologia, sicurezza e competizione industriale.

Non a caso, il primo banco di prova nei rapporti con Pechino riguarda TikTok: la piattaforma è diventata il simbolo di una contesa che non è solo commerciale ma anche politica e culturale. Il tentativo di trovare un accordo per mantenerla attiva negli Stati Uniti mostra come Trump voglia piegare il dossier tecnologico ai propri obiettivi, trasformando una minaccia di ban in leva negoziale e strumento di consenso interno.

Parallelamente, sul fronte del dibattito americano resta forte la tendenza a proiettare sulla Cina un’immagine di potenza che “pensa in secoli”. Lo dimostra anche un recente post di Trump su Truth Social, che rilancia un cliché vecchio di decenni. In realtà, più che di strategie millenarie, si tratta di un sistema caratterizzato da aggiustamenti rapidi, improvvise inversioni di rotta e grande flessibilità. Eppure questo mito continua a esercitare fascino, alimentando la narrazione di una Cina monolitica e implacabile che giustifica politiche eccezionali da parte di Washington.

Infine, mentre si parla di accordi e di commercio, la realtà strategica rimane quella delle navi che incrociano nello Stretto di Taiwan. Qui la scorsa settimana hanno transitato insieme unità navali americane e britanniche, provocando la reazione di Pechino. È un promemoria tangibile che la competizione tra potenze non si gioca solo ai tavoli negoziali, ma anche sul mare, lungo la linea di faglia più delicata del Pacifico.

Per approfondire questa danza a tre tra le principali potenze del mondo c’è “Indo-Pacific Salad”.


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