La politica industriale a base di sussidi messa a terra dal governo di Xi Jinping in materia di auto, si è rivelata fallimentare. Byd ha disintegrato un intero mercato e provocato un crollo dei prezzi. A farne le spese è anche l’Europa. Ora il rischio di una bolla si fa più concreto, con il costruttore di Shenzhen che ha perso 45 miliardi in Borsa in quattro mesi
C’è qualcosa di profondamente oscuro nell’ascesa di Byd. Il colosso dell’auto elettrica cinese ha ormai superato dal rivale Tesla, per vendite e fatturato (107 miliardi, contro i 97 del costruttore americano). Ma questo solo grazie al fiume di denaro pubblico che, per generosa concessione di Pechino, ha permesso alla casa di Shenzhen di abbassare i prezzi delle auto e irrobustire le sue linee produttive, arrivando a un ritmo di produzione che l’Occidente non aveva mai visto prima. Tutto questo ha avuto, essenzialmente, due effetti, ambedue distorsivi.
Primo, la concorrenza in Cina è stata pressoché azzerata, con tutti gli altri concorrenti nazionali di Byd, da Geely a Great Wall, prossimi a cadere come birilli. Secondo, essendo ormai monopolista in patria, le forze di Byd si sono inevitabilmente concentrate all’estero, prendendo d’assalto i mercati occidentali, a cominciare da quello europeo. E con i prezzi che applica il costruttore, è quasi impossibile reggere la concorrenza. Ma proprio sul primo aspetto si è focalizzato un recente studio di Reuters, che dà la cifra dei danni collaterali causati al mercato cinese proprio da Byd.
“La Cina ha troppe auto. Anni di sussidi e altre politiche governative hanno dato alla Cina un’energia automobilistica globale al leader mondiale dei veicoli elettrici. Il risultato è che oggi la Cina ha pochi costruttori che producono più auto di quanto il più grande mercato automobilistico del Pianeta possa assorbire”, si legge nel rapporto. Tradotto, Byd e quei pochi produttori rimasti, producono più veicoli di quanto i cinesi ne abbiano bisogno. “Ciò rende il profitto quasi impossibile per quasi tutte le case automobilistiche, dal momento che il mercato è completamente saturo”.
E “anche la maggior parte dei commercianti cinesi di auto non può fare soldi: i rivenditori hanno infatti tagliato i prezzi, vendendo auto a prezzi stracciati. Queste pratiche insolite sono sintomi di un mercato ampiamente sovraccaricato, e indicano un potenziale shakeout (fase di consolidamento di un settore o mercato, che comporta la chiusura di attività o l’acquisizione di imprese a causa di difficoltà economiche o eccessiva espansione, ndr) che rispecchia le turbolenze nel mercato immobiliare cinese”. La conclusione di Reuters è abbastanza impietosa: la politica industriale cinese ha fallito su tutta la linea. Perché “ha guidato la crescita esplosiva dell’auto, che sta causando perdite su tutta la catena”.
La domanda a questo punto è: prima o poi questa bolla di Byd esploderà? Qualcosa, in effetti, scricchiola. Negli ultimi quattro mesi, il valore delle azioni del gruppo cinese è crollato di oltre il 30% a Hong Kong. Il colosso cinese deve ripristinare la fiducia degli investitori dopo una vendita di azioni pari a 45 miliardi di dollari. Un brusco stop che ha aperto interrogativi profondi sulla strategia del colosso di Shenzhen. Complice la sua politica di forti sconti per guadagnare quote di mercato, secondo Bloomberg, le valutazioni negative degli analisti hanno raggiunto il livello più alto dal 2022. Kevin Net, responsabile azionario per l’Asia di Financière de l’Echiquier, riassume così il sentiment del mercato: “Gli investitori mantengono una visione positiva nel lungo periodo, ma nel breve la strategia di Byd sta penalizzando margini e ricavi, soprattutto ora che il governo sta contrastando l’involuzione competitiva del settore.”