Il regno è un partner indiano nello sviluppo della connettività indo-mediterranea, co-firmatario di progetti come Imec, e per questo per l’India è complicato gestire la relazione tra Arabia Saudita e Pakistan se prende forme di rafforzamento così esplicite e importanti. Anche perché, nell’ottica di New Delhi, Islamabad è vista adesso come un proxy di Pechino, considerato il vero competitor globale
La firma di un accordo di difesa reciproca tra Arabia Saudita e Pakistan introduce un elemento inedito negli equilibri regionali. La clausola chiave, che considera un’aggressione contro uno dei due Paesi come un’aggressione contro entrambi, consolida un’alleanza storica ma proietta nuovi interrogativi sugli equilibri di sicurezza in Asia meridionale. L’India ha reagito con cautela, annunciando che studierà le implicazioni dell’intesa, ma l’episodio cade in un momento di forte tensione nei rapporti tra New Delhi e Islamabad, pesando anche sullo sviluppo strategico dell’Indo-Mediterraneo.
L’accordo di Riad
Il 17 settembre, durante la visita ufficiale del primo ministro pakistano, Shehbaz Sharif, accolto dal principe ereditario e factotum del regno, Mohammed bin Salman, Arabia Saudita e Pakistan, hanno firmato un Strategic Mutual Defense Agreement. Si tratta del passo più avanzato finora nella cooperazione tra i due Paesi, legati da decenni di intese militari, finanziarie ed energetiche. Secondo il comunicato diffuso a margine della firma, il patto mira a rafforzare la cooperazione militare bilaterale, sviluppare programmi di addestramento congiunto e coordinare la risposta a minacce comuni, con l’obiettivo dichiarato di contribuire alla stabilità regionale e alla sicurezza del Golfo.
La reazione indiana
Da New Delhi, il portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato che il governo era già a conoscenza della trattativa, sottolineando che “valuterà le implicazioni di questo sviluppo per la sicurezza nazionale, così come per la stabilità regionale e globale”. La risposta è stata calibrata, senza condanne esplicite né toni allarmistici. Ma il messaggio di fondo è chiaro: l’India intende preservare i propri interessi strategici e monitorare da vicino la nuova architettura difensiva che si va costruendo tra Riad e Islamabad.
Una clausola ambigua
La novità più rilevante è nella clausola che definisce ogni aggressione contro uno dei due Paesi come un’aggressione contro entrambi. È un impegno che, almeno sul piano formale, si avvicina agli articoli di mutua difesa formalizzato in molte alleanze militari. Per l’India la domanda è diretta: se Nuova Delhi lanciasse nuove operazioni cinetiche contro obiettivi in Pakistan – come avvenuto con l’Operazione Sindoor dopo l’attentato di Pahalgam – Riad sarebbe chiamata a considerarle un atto ostile anche contro l’Arabia Saudita? La formulazione lascia spazio a interpretazioni, ma il solo fatto che l’ipotesi possa essere avanzata contribuisce ad aumentare l’incertezza strategica e il grado di deterrenza dell’intesa.
Rapporti in tensione
Elementi che complicano ulteriormente un contesto fragile. Dopo l’attentato di aprile a Pahalgam, costato la vita a 26 civili, Nuova Delhi ha accusato il Pakistan di complicità con il gruppo Lashkar-e-Taiba, autore materiale dell’attacco secondo le accuse di Nuova Delhi, e ha reagito con l’avvio di una serie di operazioni militari sul territorio pakistano (l’Operazione Sindoor) e con la sospensione di commercio e contatti. Un episodio apparentemente minore avvenuto nei giorni scorsi – il rifiuto dei giocatori indiani di stringere la mano agli avversari pakistani dopo la vittoria all’Asia Cup a Dubai – assume in questo contesto un forte valore simbolico: segnale che persino la tradizionale cricket diplomacy ha smesso di funzionare, figurarsi come patti con Islamabad possono essere recepiti. A maggior ragione se si considera che l’India ha già subito obtorto collo le iniziative congiunte di Usa e Pakistan, evitando di polemizzare eccessivamente con Washington visto il contesto sensibile delle relazioni in questo momento.
Un quadro più ampio
Il patto tra Riad e Islamabad si inserisce dunque in una doppia cornice: da un lato la politica saudita di diversificazione delle alleanze militari, dall’altro una fase di rapporti indo-pakistani che non trova spazi di distensione. Il rischio per l’India è che il Pakistan utilizzi il sostegno di un partner come l’Arabia Saudita per rafforzare la propria posizione negoziale e strategica. La cautela con cui New Delhi ha reagito riflette la consapevolezza che la partita non si gioca solo sul terreno bilaterale, ma dentro una competizione regionale in cui il Golfo e l’Asia meridionale stanno diventando sempre più interconnessi – un esempio è l’Imec, dove Riad è co-firmatario con l’India del progetto. Tutto da considerare con il ruolo di vettore cinese che l’India attribuisce al Pakistan – vedendo la Cina come reale rivale strategico.