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Il caccia franco-tedesco non decolla, anzi rischia di schiantarsi. I dettagli

Non sembra esserci più niente da fare per risanare le fratture tra Francia e Germania sul caccia di sesta generazione attualmente in sviluppo insieme a Madrid. L’atteggiamento delle parti francesi, giudicato eccessivamente assertivo, sarebbe ormai un ostacolo insormontabile per la riuscita della collaborazione. Berlino starebbe infatti già valutando Svezia o Regno Unito come potenziali sostituti

Il caccia franco-tedesco di sesta generazione fatica a decollare. Anzi, potrebbe non vedere mai la luce. Secondo quanto riportato da Politico, la Germania starebbe valutando di sganciarsi dalla Francia per sviluppare il suo futuro velivolo di sesta generazione, magari sostituendo Parigi con Stoccolma o Londra. 

Sempre secondo Politico, Berlino sarebbe ormai ai ferri corti con i partner francesi nelle trattative per sul progetto congiunto che ricade sotto il nome di Fcas (Future combat air system). Il programma, avviato formalmente nel 2017, ha finora mancato di produrre risultati concreti e non si è mai mosso dalla fase di definizione. Il risultato è che, a otto anni dal lancio del programma, l’Fcas rimane poco più di una sigla. Nessun dimostratore e nessuna roadmap all’orizzonte, solo una lunga sequenza di trattative politiche e industriali altalenanti. 

Il nodo, come spesso accade nei grandi programmi congiunti, è la ripartizione del workshare. Dassault rivendica la leadership sul progetto e (parrebbe) un controllo pressoché esclusivo sulla proprietà intellettuale, mentre Airbus Defence & Space (appendice tedesca del consorzio tra Francia e Germania) spinge per un approccio più condiviso. A questa frattura si sommano inoltre le resistenze francesi a concedere maggiore spazio a Madrid, considerato partner minoritario del progetto.

Quali alternative a Parigi?

L’estate sarebbe dovuta essere il momento della verità per risolvere i dissapori e trovare la quadra, ma a quanto pare così non è stato. Adesso, Berlino starebbe valutando nuovi partner con cui sviluppare il suo futuro sistema di sesta generazione. La rosa dei potenziali candidati sarebbe attualmente ristretta a Svezia e Regno Unito, entrambi Paesi con comprovata esperienza nel settore aeronautico. La Svezia è infatti patria di Saab, l’azienda che ha sviluppato e prodotto il Gripen, uno dei caccia leggeri di quarta generazione più apprezzati al mondo. Il Paese scandinavo era già parte del progetto Tempest (evolutosi poi nel Gcap), prima che Stoccolma abbandonasse l’idea. Londra, dal canto suo, è attualmente impegnata proprio nello sviluppo del Global combat air programme con Italia e Giappone, il cui percorso, al contrario dell’Fcas, procede a velocità sostenuta. Secondo le previsioni, un primo prototipo dovrebbe prendere il volo già nel 2027.

Dunque, se la Germania confermasse la sua intenzione di mettere definitivamente un punto alla sua partecipazione nell’Fcas, dove è più probabile che vada a rivolgersi? Per quanto vantaggiose possano essere le proposte di Berlino, è difficile che Londra si impegni contemporaneamente su due programmi sostanzialmente identici. Più facile sarebbe semmai valutare l’inclusione della Germania nel Gcap. Anche in questo caso, però, Berlino rischierebbe di doversi accontentare di un ruolo secondario, almeno per quanto concerne la fase di progettazione. La forza del programma anglo-italo-nipponico sta infatti nell’equilibrio paritario raggiunto dai tre partner. Inserire adesso un quarto partecipante causerebbe non pochi problemi e ritardi. Certo, Berlino potrebbe partecipare in qualità di acquirente privilegiato (opzione ipotizzata anche per l’Arabia Saudita), ma questo la porrebbe automaticamente al di fuori di ogni aspetto decisionale. Diversamente, con la Svezia ci sarebbero i margini per valutare un programma totalmente ex novo, che però contribuirebbe ulteriormente ad aumentare la frammentazione europea nel settore.

Cosa ne sarà dell’Fcas senza la Germania? 

Guardando la questione dall’altro lato, cosa succederebbe all’Fcas qualora la Germania dovesse sganciarsi? È altamente probabile che il ritiro tedesco causerebbe l’implosione dell’intero progetto. Da sola, Madrid si ritroverebbe inevitabilmente all’angolo rispetto ai partner francesi e potrebbe valutare di seguire l’esempio di Berlino, rivolgendosi ad altri Paesi. Non si può neanche escludere che sia la stessa Parigi a dichiarare defunto il programma. D’altronde, la Francia mantiene un atteggiamento fiducioso nei confronti della propria industria nazionale, forte dei risultati ottenuti con il Rafale, risultato dell’abbandono del consorzio per l’Eurofighter Typhoon. L’Eliseo non ha mai completamente abbandonato l’idea di poter fare da sé e, benché concorde sul fatto di dover ridurre la frammentazione industriale in Europa, è sempre più sotto pressione a causa del fattore tempo. Il Rafale rimane un caccia di primissimo livello, ma non reggerà al lungo il confronto con gli assetti di sesta generazione quando questi ultimi faranno la loro comparsa. Di conseguenza, volente o nolente, Parigi potrebbe optare nuovamente per un progetto nazionale. 


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