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Iron Beam, così Israele cerca il vantaggio economico nelle dinamiche belliche

Con la prossima entrata in servizio dell’Iron Beam, Israele aggiunge alle proprie difese un’arma a energia diretta che rilancia il tema dell’efficienza economica in guerra. Neutralizzare minacce con pochi centesimi invece che con missili da centinaia di migliaia significa annullare le strategie di logoramento e preservare la resilienza nazionale

Israele potrebbe essere pronta a schierare Iron Beam, un meccanismo di difesa laser ad alta energia che segna un’evoluzione nel campo della tecnologia militare. Sviluppato da Rafael Advanced Defense Systems, questo sistema è progettato per intercettare e neutralizzare una vasta gamma di minacce aeree a corto raggio, come droni, razzi e proiettili di mortaio. La sua prossima entrata in servizio rappresenta una tappa importante nel passaggio dalle tradizionali armi cinetiche a quelle a energia diretta, un percorso che anche altre nazioni, tra cui Stati Uniti ed Europa, stanno esplorando con propri progetti.

Efficienza e sostenibilità. La logica economica dell’Iron Beam

Ciò che rende l’Iron Beam particolarmente rilevante è il suo principio di funzionamento, basato sull’efficienza economica e operativa. A differenza dei missili intercettori, che hanno un costo elevato e una scorta limitata, l’arma laser opera trasformando l’energia elettrica in un fascio luminoso capace di distruggere i bersagli in pochi secondi. Il costo per ogni colpo è trascurabile, calcolato in pochi centesimi, il che lo rende uno strumento di difesa virtualmente illimitato e sostenibile. Il sistema, con una potenza di 100 kW, è in grado di neutralizzare minacce che si muovono nel suo raggio d’azione di diversi chilometri. Il suo utilizzo previsto è complementare a quello del sistema Iron Dome, con l’Iron Beam che si concentra sulla protezione da minacce a basso costo e ad alta frequenza, liberando l’Iron Dome per bersagli più complessi e costosi.

Il bilancio come arma decisiva nei conflitti

La storia militare dimostra, senza ombra di dubbio, che la guerra non si vince solo con il coraggio o la superiorità tecnologica, ma con la capacità economica di sostenere lo sforzo bellico. Il crollo di un’economia può essere più decisivo di qualsiasi sconfitta sul campo di battaglia. Un esempio emblematico è l’esperienza della Germania nella Prima guerra mondiale. Un esercito numeroso e armamenti tecnologicamente avanzati non bastarono a evitare la resa, che fu causata dal collasso economico interno. L’esaurimento delle risorse materiali e finanziarie impedì al paese di rifornire le truppe e di finanziare la produzione di armi, portando all’inevitabile armistizio. Al contrario gli Alleati con il sostegno economico esterno degli Stati Uniti riuscirono a sostenersi e a vincere la guerra.

Questo principio è oggi più rilevante che mai. Il panorama bellico è cambiato, con minacce ibride e asimmetriche che mettono alla prova la resilienza economica dei paesi. In uno scenario in cui un aggressore può lanciare sciami di droni a basso costo (costando magari poche migliaia di euro l’uno), difendersi solo con missili intercettori che costano centinaia di migliaia di euro non è una strategia sostenibile a lungo termine. La guerra in Ucraina è un chiaro esempio di quanto sia importante il fattore economico. Quasi tutta la difesa di Kyiv si basa su arsenali e fondi provenienti da Europa e Stati Uniti e riuscire a efficientare maggiormente gli aiuti economici potrebbe essere determinante per l’esito del conflitto. È in questo contesto che un’innovazione come l’Iron Beam, e gli altri progetti di armi a energia diretta, acquisiscono un valore inestimabile per affiancare i sistemi tradizionali. Abbattere una minaccia con pochi centesimi non solo neutralizza il pericolo, ma annulla anche l’efficacia della strategia di logoramento economico del nemico, lasciando così alle armi ad alto costo solo obiettivi di più rilevanti. Chi riesce a mantenere un rapporto costo-efficacia favorevole nella difesa, non solo protegge le proprie infrastrutture, ma garantisce anche la propria capacità di resistere nel tempo. La vittoria non dipende soltanto dalla grandezza dell’arsenale, ma sempre più dalla capacità di gestire il proprio bilancio militare. In questo senso, la vera arma non è necessariamente un missile, quanto piuttosto la solidità economica che ne rende possibile l’impiego sostenibile.


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