“L’incontro di Washington tra i leader europei e Trump è servito per scongiurare lo scenario peggiore, e cioè quello di concessioni da parte dell’amministrazione americana alla Russia per porre fine velocemente al conflitto in corso”. Il ruolo italiano? “Può essere decisivo. Fino a quando l’Italia rafforza la linea europea e il messaggio europeo con gli Usa, questo si presenta come un elemento positivo sia per l’Ue in generale sia per la questione ucraina in particolare”. Il commento di Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” e responsabile delle relazioni istituzionali dell’Istituto Affari Internazionali
Nelle ultime ore le dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump hanno suggerito un cambio di approccio, per alcuni temporaneo, nei confronti del conflitto in Ucraina. Ma per alcuni osservatori, dietro questo cambiamento si nasconde l’intenzione del Tycoon di spostare sull’Europa le responsabilità della guerra, così come di un eventuale “fallimento” nella gestione della stessa. Formiche.net ne ha parlato con Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” e responsabile delle relazioni istituzionali dell’Istituto Affari Internazionali.
Quanto e come è coinvolta l’Europa nel “nuovo approccio retorico” e nella nuova narrativa adottati da Trump negli scorsi giorni?
Sicuramente abbiamo visto un cambio di passo per quanto riguarda la narrativa trumpiana sul conflitto ucraino e sulla posizione delle due parti quindi la Russia e l’Ucraina. Il problema è che non sappiamo quanto durerà, e quindi se si possa effettivamente parlare di un nuovo approccio, oppure se questa sia una fase transitoria, come lo sono state altre in passato. Per quanto riguarda l’Europa, non dobbiamo sottovalutare il ruolo giocato dai leader europei negli ultimi mesi rispetto all’amministrazione Trump.
Ci dica di più.
Ho trovato sempre ingenerosi quei giudizi nei confronti dell’Europa che la vedevano assente dal punto di vista diplomatico e di fatto poco influente sulle dinamiche tra Trump e Putin. In realtà l’incontro di Washington tra i leader europei e Trump, che è seguito a quello in Alaska tra Trump e Putin, innanzitutto è servito per scongiurare lo scenario peggiore, e cioè quello di concessioni da parte dell’amministrazione americana alla Russia per porre fine velocemente al conflitto in corso. Sappiamo quanto Trump vorrebbe che la guerra finisse, è la sua priorità. Ma ritengo che la posizione assunta dall’Europa sia servita a mostrare un’unità di intenti e a dar conto di un impegno europeo per la risoluzione del conflitto che sia giusta e soprattutto sia duratura. Non so dunque quanto abbia inciso sulla narrativa specifica adottata alle Nazioni Unite, ma sicuramente il ruolo europeo è stato determinante direi per non arrivare allo scenario peggiore.
Alcuni sostengono che Trump si stia creando una via di fuga dalla situazione ucraina, cercando di scaricare le responsabilità sull’Europa. Lei è d’accordo?
Sicuramente Trump ci tiene a sottolineare che l’Ucraina è principalmente un problema europeo, anche quando dice che tra gli Stati Uniti e la Russia c’è un oceano di mezzo mentre gli europei e l’Unione Europea hanno la guerra in casa. Quindi il suo punto è che l’Europa deve fare di più, lo deve fare in molti modi diversi, sicuramente anche attraverso un impegno militare maggiore, sia per quanto riguarda le spese per la difesa sia per quanto riguarda l’acquisto di armi americane in funzione di sostegno a Kyiv. Quindi questo è un po’ il suo mantra da sempre, e sicuramente anche in questo nuovo approccio narrativo adottato alle Nazioni Unite esiste questo elemento di voler in qualche modo rendere gli europei i principali sostenitori della causa ucraina, con gli Stati Uniti che di fatto perseguono i propri interessi nazionali e quindi vedono la risoluzione del conflitto funzionale alle priorità americane.
Trump ha insistito sull’interruzione dell’acquisto di petrolio dalla Russia da parte dei Paesi europei. Quanto sono realistiche queste prospettive? E come possono essere realizzate?
Sappiamo che gli Stati europei hanno fatto uno sforzo davvero ingente per rendersi indipendenti dalla Russia, a cui avevamo legati mani e piedi dal punto di vista energetico, soprattutto alcuni dei Paesi europei come l’Italia e la Germania. Questa transizione verso l’autonomia ha indubbiamente dato i suoi frutti. Allo stesso tempo ci sono alcuni Paesi europei, in particolare Slovacchia e Ungheria, che ancora sono fortemente dipendenti dal petrolio russo e che minano di fatto il raggiungimento dell’autonomia europea. L’Ungheria lo fa anche su altri fronti diversi, sappiamo che è il Paese che ha cercato ripetutamente di bloccare sia le sanzioni alla Russia sia le tappe per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Ma per quanto riguarda il petrolio c’è stata un po’ questa volontà degli europei di credere che una pressione maggiore su Budapest da parte di Trump potesse in qualche modo convincere questi Paesi a cambiare strada. Non credo che questo sarà così automatico per una serie di ragioni, sia interne a questi Paesi sia legate a dinamiche interne europee, ma senz’altro la pressione di Trump dà un’assist importante alla Commissione e agli altri Paesi membri da questo punto di vista. E riporta il tema al centro del dibattito.
Macron ha reagito positivamente alle dichiarazioni di Trump. È un nuovo tentativo di ribadire una primazia francese o c’è altro?
La Francia di Macron ha sempre cercato fin da prima che scoppiasse il conflitto di porsi come un protagonista anche dal punto di vista politico-diplomatico. Ricordiamo le iniziative di Macron nei confronti di Putin, anche molto criticate, come ad esempio il suo viaggio a Mosca. Un comportamento che in realtà ha radici lontane, ricordiamoci che la Francia era stata anche tra gli artefici di Minsk. Comunque, c’è stata senz’altro una volontà di rimanere al centro della scena sia in ambito europeo sia rispetto alle relazioni con gli Stati Uniti. Quindi l’apprezzamento di Macron può essere interpretato come una volontà di ribadire che questo tipo di narrativa va nella giusta direzione, che è quella preferita dall’Unione Europea, e in primis anche dalla Francia. Una linea che è sempre stata molto ferma e molto netta riguardo al sostegno all’Ucraina, riguardo alle responsabilità del conflitto, e soprattutto riguardo alle prospettive di una pacificazione giusta e sostenibile.
Politico sottolinea la solidità del rapporto tra von der Leyen e Trump. Crede il rapporto personale tra i due leader possa essere un canale preferenziale?
Politico ha ragione quando sottolinea la non conoscenza da parte di Trump dei meccanismi europei delle dinamiche dell’Unione Europea. Lui ha negoziato un accordo sui dazi con von der Leyen, e quindi von der Leyen è diventata il suo punto di riferimento per l’Unione Europea in questo momento, ovviamente insieme ad altri leader nazionali con cui ha più familiarità. Non so però quanto questa relazione sia destinata a durare. Von der Leyen si muove un po’ sulle uova con Trump e da parte di Trump sappiamo che non c’è certezza. Vediamo ad esempio come è cambiato il suo atteggiamento nei confronti di Zelensky o in altri casi simili. Per adesso von der Leyen gode di un certo credito nei confronti di Trump che potrebbe in qualche modo essere sfruttato anche maggiormente dal punto di vista politico, se non commerciale, visto che in realtà la frittata per quanto riguarda l’accordo sui dazi è stata fatta. Ma soprattutto per l’Ucraina potremmo pensare di prendere questo come una delle leve a nostra disposizione per avere un’interlocuzione costante con il Presidente americano che è una cosa che sembra contare parecchio per influenzare anche la sua percezione di quello che succede e di quale deve essere la posizione degli Stati Uniti in merito ad alcune questioni.
Meloni ha mostrato di sapersi collocare in linea con l’amministrazione Trump, mantenendo una coerenza europea. In tutto questo quale potrebbe essere il ruolo del governo italiano?
Il ruolo italiano può essere decisivo, ma sempre in un contesto di unità europea. Fino a quando l’Italia rafforza la linea europea e il messaggio europeo con Donald Trump, questo è un elemento positivo sia per l’Unione Europea in generale sia per la questione ucraina in particolare. Se invece ci sono spinte a una ricerca di rapporti privilegiati a livello bilaterale da parte italiana, così come da parte di altri governi in Europa, questo non fa che danneggiare la traiettoria della relazione transatlantica in un momento delicato di ridefinizione dell’alleanza stessa, e anche rispetto al tentativo, deliberato a questo punto, dell’amministrazione americana di portare avanti una strategia di divide et impera che fino a questo momento non ha funzionato.