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Venezuela, gli Usa valutano attacchi aerei sul Paese e Caracas schiera la difesa aerea

Il governo venezuelano ha proclamato lo stato d’emergenza e disposto lo schieramento delle difese aeree intorno a Caracas dopo che gli Stati Uniti hanno ammesso di star valutando attacchi aerei sul Paese sudamericano. A Washington, nel frattempo, si rafforza il fronte degli interventisti guidato da Rubio, che sostiene la necessità di dover portare il presidente Venezuelano davanti alla giustizia americana

La tensione non accenna a diminuire nel mar dei Caraibi. Il Venezuela ha dichiarato lo stato d’emergenza nazionale e il comando della difesa aerea ha schierato i suoi sistemi missilistici BUK-M2E attorno a Caracas. La decisione è stata presa a seguito delle voci, sempre più insistenti, che vorrebbero gli Usa pronti ad attaccare il Paese guidato da Nicolás Maduro. Nella giornata di ieri, la vice-presidente Delcy Rodríguez – in una riunione con i diplomatici stranieri – ha infatti annunciato il decreto che attribuisce al presidente “poteri speciali per agire in materia di difesa e sicurezza” contro le minacce esterne. 

Le tensioni tra Usa e Venezuela sono tornate a crescere dalla metà di agosto, quando Donald Trump ha mobilitato un gruppo navale anfibio e accusato il presidente venezuelano di essere il leader di un cartello della droga internazionale. Da allora, Maduro ha mobilitato i riservisti e le Forze armate, sostenendo che quella degli Usa è un’accusa falsa che mira a fornire un pretesto per forzare un regime change nel Paese. Benché non si sia ancora giunti allo scontro armato – fatta eccezione per le barche di supposti narcotrafficanti colpite dalla US Navy in acque internazionali –, il livello del confronto, e con esso i rischi di escalation, continua a salire.

Le difese di Caracas. Più dimostrative che efficaci

Le immagini raccolte da fonti open source mostrano che le batterie missilistiche sono state posizionate lungo tre direttrici: il corridoio costiero Caracas–La Guaira, la base aerea di La Carlota, nel cuore della capitale, e le alture occidentali che controllano gli accessi urbani. Il Buk-M2E, versione esportata (di qui la E) dell’omonimo sistema russo, è in grado di ingaggiare aerei, elicotteri e missili cruise fino a 45 chilometri di distanza. Acquistato da Caracas a partire dalla fine degli anni dieci del 2000 e affiancato agli S-300VM e ai più datati Pechora-2M, rappresenta la punta (smussata) di diamante della contraerea venezuelana. Negli anni passati, la loro dislocazione si era concentrata sulle aree periferiche e sulle zone costiere. Ora, invece, sono stati schierati intorno al cuore dello Stato venezuelano. Questi sistemi sono datati, legati a una supply chain che si stende per migliaia di chilometri e in molti casi sono persino sprovvisti di radar integrati. In un confronto diretto con le Forze armate americane, che al momento contano almeno 6,500 effettivi pronti all’azione nella regione, le difese aeree venezuelane non potrebbero opporre alcuna resistenza credibile. 

Chi preme negli Usa per usare la forza 

A guidare il fronte degli interventisti a Washington è il segretario di Stato Marco Rubio, a sua volta supportato da diversi membri di spicco dell’amministrazione. Secondo Rubio, Maduro sarebbe un leader illegittimo e il suo ruolo di vertice del traffico internazionale di droga costituirebbe una “minaccia immediata” alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

A fargli eco su questa linea ci sono anche il direttore della Cia, John Ratcliffe, e il consigliere per le politiche domestiche di Trump, Stephen Miller. Se fino a pochi giorni fa la strategia dichiarata di Rubio sosteneva di voler colpire le infrastrutture logistiche dei cartelli per compromettere produzione e smercio degli stupefacenti, adesso si moltiplicano le voci che vorrebbero il Dipartimento di Stato in contatto con diversi membri dell’opposizione venezuelana. Gli incontri avrebbero avuto come tema centrale il futuro del Paese nel caso in cui Maduro dovesse cadere. 

Tali voci non sono state confermate dal DoS, che per mezzo del suo portavoce Tommy Pigott ha dichiarato che “Maduro non è il legittimo leader del Venezuela; è un fuggitivo dalla giustizia americana che mina la sicurezza regionale e avvelena gli americani, e vogliamo che sia assicurato alla giustizia”.

Ogni ulteriore decisione è ora nelle mani di Trump, che al Palazzo di Vetro a New York è tornato ad accusare il presidente venezuelano per la morte di oltre 100.000 americani ogni anno a causa dell’abuso di droghe. “Abbiamo recentemente iniziato a utilizzare la supremazia militare degli Stati Uniti per distruggere i terroristi venezuelani e le reti di traffico illegale guidate da Nicolás Maduro”, ha dichiarato dal podio dell’Assemblea Generale. “Vi spazzeremo via”, ha poi aggiunto. Non esattamente i toni di una de-escalation.


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