L’attacco Houthi al cargo olandese Minervagracht nel Golfo di Aden ha incendiato non solo la nave, ma anche il dibattito sulla sicurezza europea. Il salvataggio dell’equipaggio, condotto dalle fregate della missione Ue Aspides, ha mostrato capacità operative reali, trasformando una minaccia regionale in un test geopolitico per Bruxelles. Ora l’Unione deve decidere se limitarsi a reagire o diventare protagonista nella difesa delle rotte globali
Il Golfo di Aden, già da tempo teatro di tensioni, è tornato al centro delle cronache a seguito dell’attacco al cargo olandese Minervagracht. Colpita da missili Houthi e ridotta in fiamme, la nave è stata evacuata grazie all’intervento delle fregate europee della missione Aspides. Un salvataggio che non racconta solo la sorte di diciannove marittimi, ma trasforma l’aggressione in un test per l’Unione, che si trova ora a misurare la solidità delle proprie capacità di difesa in uno dei passaggi più sensibili del commercio mondiale.
Dai missili al salvataggio. La prova di forza di Aspides
Il cuore della notizia è nei dettagli tecnici, che spesso sfuggono al racconto immediato, ma che aiutano a comprendere la portata dell’accaduto. Lunedì 29 settembre alle 10:22 (Utc) il Minervagracht è stato centrato a circa centoventotto miglia a sud est di Aden da un missile da crociera lanciato dai ribelli Houthi. La nave, già segnalata nei giorni precedenti come possibile obiettivo, è rimasta in fiamme e alla deriva. A bordo diciannove marittimi, due dei quali feriti, uno in modo grave. La missione Aspides ha messo in moto un’operazione Sar (Search and rescue) in cui dieci persone sono state evacuate dalla fregata greca Hs spetsai, altre otto da una fregata francese, mentre un elicottero militare transalpino ha trasferito il ferito più grave a Gibuti. La dinamica è significativa perché dimostra la prontezza operativa europea, capace di reagire in poche ore, coordinando unità di Paesi diversi sotto un unico comando. Non è un dettaglio marginale che la nave non fosse in scorta diretta al momento dell’impatto, elemento che rende ancora più rilevante l’efficacia del soccorso. Ogni passaggio, dalle manovre navali al recupero dei marittimi filippini, russi, ucraini e cingalesi, racconta la complessità di una missione che, fino a ieri, era percepita soprattutto come deterrente simbolico e che oggi mostra un volto operativo, con capacità di intervento reale in un contesto di guerra asimmetrica.
Una sfida geopolitica per l’Ue, oltre il caso Minervagracht
Quello che appare come un episodio circoscritto è in realtà un segnale di trasformazione profonda. I missili Houthi non sono solo strumenti di disturbo, ma leve di pressione geopolitica che ridisegnano le mappe della navigazione commerciale. Se la minaccia si estende dal Mar Rosso al Golfo di Aden, l’Europa dovrà ripensare Aspides ampliandone raggio e risorse. Più fregate, più copertura aerea, più capacità logistiche per operazioni di soccorso complesse. Ogni attacco non resta confinato tra onde e radar, ma produce effetti economici immediati, dall’aumento dei premi assicurativi alla deviazione di intere flotte verso il Capo di Buona Speranza con tempi e costi triplicati. È qui che la vicenda del Minervagracht tocca la politica industriale e commerciale europea, spingendo Bruxelles a confrontarsi con il tema dell’autonomia strategica. Perché non si tratta soltanto di difendere navi e marinai, ma di decidere se l’Unione intende restare un soggetto che reagisce alle crisi o diventare attore in grado di modellare le regole del gioco globale. Il salvataggio riuscito ha mostrato che l’Europa sa agire, la domanda è se saprà farlo con continuità, trasformando l’emergenza in architettura stabile di sicurezza e assumendo quel ruolo geopolitico che la realtà, ancora una volta, impone.