La spinta delle aziende tecnologiche porta il mercato azionario a livelli storici. Un risultato frutto di anni di pianificazione, basata su investimenti e stimolo interno, che ha portato la superpotenza asiatica a competere sempre più con gli americani. Ma, avvertono gli esperti, potremmo tutti vivere in una bolla
Per spiegare la crescita del mercato azionario cinese bisogna guardare i numeri dell’intelligenza artificiale. È quest’ultima il vero traino, una realtà che fino a poco tempo fa sembrava impossibile. Poi anche Pechino ha compreso l’importanza della tecnologia, adottando una serie di misure – investimenti nelle infrastrutture e supporto alle aziende nazionali – che l’hanno portata a competere con gli Stati Uniti.
I numeri, dicevamo. Come scrive il New York Times in un articolo che analizza la questione, quest’anno i prezzi delle azioni di aziende più importanti hanno conosciuto una crescita significativa: Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC) +180%, Alibaba +120%, Baidu, Tencent e Xiaomi +60% circa. Paragonate alle omologhe statunitensi, fa quasi impressione. Basta prendere quella più importante nell’ecosistema americano, Nvidia, che è crescita solo (si fa per del dire) del 40%. Di conseguenza anche l’indice di mercato ha compiuto un balzo niente male: +40% quello cinese – guidato da Alibaba, Tencent e e Xiaomi che insieme valgono il 30% – contro il 15% americano – in cui Nvidia, Microsoft e Apple valgono appena il 3%.
C’è stato un punto di rottura che ha reso più consapevole la Cina, ovvero il lancio di DeepSeek a inizio anno. Fin dal primo giorno si era parlato di rivoluzione, ma forse questa si è verificata per un motivo diverso rispetto a quello che si credeva. Sicuramente il fatto di realizzare un modello linguistico open source capace di sfidare ChatGPT, spendendo tanto di meno, ha destato grande stupore. Ma soprattutto i cinesi hanno compreso che, pur non avendo tutti gli strumenti degli americani, potevano non solo dire la loro ma anche imporre la propria proposta. Insomma, DeepSeek ha generato ottimismo e fiducia in Cina. Alcune aziende come Alibaba hanno presentato i loro modelli open source, mentre altre come Tencent, ByteDance, Huawei hanno costruito nuove infrastrutture. Dall’alto, il governo centrale di Pechino ha chiesto di comprare materiali fabbricati in casa, stimolando la produttività interna. Un segnale chiaro di quello che a cui vuole arrivare la superpotenza asiatica, intenzionata a costruire un proprio ecosistema.
Certo, pur avendo soldi ed energia dalla sua parte, non ha tutto il know-how necessario. Per questo fa ancora affidamento su alcune aziende americane, che in Cina hanno un ottimo mercato. Anche qui però c’è da precisare un cambiamento registrato negli ultimi mesi. Mentre prima Apple e Nvidia, tanto per dire le due che hanno un grande successo in Oriente, venivano accolte con i tappeti rossi, adesso invece sono sotto stretta osservazione delle autorità. Un segnale che sottolinea come la priorità deve essere made in China.
Il processo parte da lontano (l’improvvisazione non è una caratteristica tipica di quelle parti). In dieci anni la Cina ha spinto le sue aziende a farcela da sole, anche per via dei limiti all’export imposti da Washington, ottenendo i risultati che cercava. Ora produce un terzo dei beni manifatturieri mondiali, è capopopolo per quanto riguarda i veicoli elettrici, così come nei pannelli solari e nelle batterie. Questo successo si è allargato anche alla tecnologia. Portando le sue aziende a crescere di valore.
Tutto questo potrebbe però improvvisamente svanire. Non soltanto la crescita tech della Cina potrebbe un giorno arenarsi, ma anche quella di altri Paesi. A dirlo sono alcuni economisti, che mettono in conto l’effetto bolla che si sta creando. Le valutazioni monstre che vengono date alle aziende rischiano di essere solamente una conseguenza della voglia degli investitori di non perdere questo treno. Ma non è detto che sarà sempre così. Come afferma alla Reuters Bryan Yeo, responsabile degli investimenti del gruppo presso il fondo sovrano di Singapore GIC, “le aspettative del mercato potrebbero essere molto più elevate di ciò che la tecnologia è in grado di offrire”. Sebbene oggi stiamo assistendo a un forte boom degli investimenti nell’IA, tutto questo “maschera alcune delle potenziali debolezze che potrebbero verificarsi nell’economia”.