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Difesa, i 12 miliardi vanno trasformati in sicurezza per i cittadini. Intervista a Minardo

Il dibattito sulle spese per la Difesa entra nella manovra economica, con nuove risorse previste per i prossimi anni in risposta a un contesto internazionale sempre più complesso e caratterizzato da nuove sfide per la sicurezza europea. L’intervista di Airpress ad Antonino Minardo, presidente della IV Commissione difesa della Camera

Nel documento programmatico di finanza pubblica il governo ha inserito la proposta di destinare circa 12 miliardi di euro aggiuntivi alla Difesa entro il 2028, una scelta legata sia agli impegni assunti in sede Nato sia alla necessità di rafforzare la sicurezza nazionale. Airpress ne ha parlato con Antonino Minardo, presidente della IV Commissione difesa della Camera.

Presidente Minardo, il documento di finanza approvato dal governo e comunicato alle Camere prevede che l’Italia aumenti le spese per la Difesa di 12 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Ritiene che questa cifra sia un buon punto di partenza, soprattutto di fronte a uno scenario internazionale sempre più fosco, che ha obbligato anche l’Europa a rivedere la propria strategia per la Difesa e alle minacce che continuano ad allarmare i Paesi del vecchio continente?

La cifra stanziata rappresenta indubbiamente un passo significativo nella giusta direzione. In un contesto internazionale caratterizzato da crescente instabilità e da minacce che toccano direttamente la sicurezza dei cittadini e delle infrastrutture strategiche, l’Italia non può sottrarsi alla responsabilità di rafforzare la propria capacità difensiva.

Va però sottolineato che la Difesa oggi non riguarda soltanto l’ambito militare in senso stretto, ma coinvolge un insieme molto più ampio di dimensioni: dalla protezione delle filiere produttive alla cybersicurezza, dalla tutela delle rotte energetiche fino alla salvaguardia della stabilità politica ed economica del Paese.

I 12 miliardi previsti nei prossimi tre anni costituiscono quindi una base importante, ma vanno letti in un’ottica di programmazione a medio-lungo termine, in coerenza con gli impegni assunti dall’Italia sia in ambito europeo sia nell’Alleanza Atlantica. È fondamentale che queste risorse si traducano in un rafforzamento effettivo delle capacità operative, in una modernizzazione delle forze armate e in un investimento strutturale in innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo industriale. Tutto ciò, oltre a garantire maggiore sicurezza, avrà ricadute positive anche sul sistema economico e occupazionale nazionale.

Non basta stanziare risorse: serve una strategia chiara e duratura che trasformi questo investimento in maggiore sicurezza per i cittadini e in nuove opportunità per il Paese.

L’aumento della spesa militare è legato anche agli impegni assunti in sede Nato sul 5% del Pil per la difesa entro il 2035. L’Italia parte da una soglia bassa  crede che riesca a raggiungere questa soglia nei tempi previsti?

L’Italia ha già dimostrato di saper rispettare gli impegni assunti con i partner internazionali, raggiungendo l’obiettivo del 2% del Pil destinato alla Difesa. Questo è un segnale di serietà che rafforza la nostra credibilità in sede Nato ed europea. Il passo successivo, quello di arrivare al 2,5% e poi al 3% entro il 2035, è sfidante ma alla portata del nostro Paese.

Va però chiarito un punto: l’aumento delle risorse per la Difesa non andrà a discapito di altri comparti strategici, a partire dalla sanità, che rimane al centro delle priorità del governo. L’impegno dell’esecutivo è quello di mantenere un equilibrio tra sicurezza esterna e sicurezza sociale, entrambe indispensabili per i cittadini.

La condizione è naturalmente quella di uscire dalla procedura per disavanzo eccessivo avviata dalla Commissione europea lo scorso anno. Su questo fronte, i dati sono incoraggianti: le nuove stime macro-economiche contenute nel Documento programmatico di finanza pubblica approvato ieri dal Consiglio dei ministri indicano che già entro fine anno il deficit tornerà entro il parametro europeo del 3%.

Siamo quindi sulla buona strada per coniugare serietà finanziaria, credibilità internazionale e difesa dell’interesse nazionale, valori che Forza Italia e l’intera maggioranza guidata da Giorgia Meloni sostengono con convinzione.

L’iter legislativo prevede che ora la palla passi al Parlamento, che tipo di discussione si aspetta in aula, anche di fronte alle divisioni evidenti tra maggioranza e opposizione sugli scenari di politica estera più delicati? Pensa che le cifre saranno oggetto di un braccio di ferro con l’opposizione?

In Commissione Difesa abbiamo sempre lavorato in un clima sereno e improntato alla disponibilità al confronto. Non abbiamo vissuto gli scontri aspri che talvolta hanno caratterizzato la politica, perché su temi come la sicurezza e la difesa dovrebbe prevalere il senso di responsabilità e la ricerca della massima unità possibile.

Credo ci sia oggi una larga convergenza sul fatto che la mutata situazione geopolitica abbia già imposto di cambiare il paradigma che, dopo la fine della guerra fredda, aveva portato a una contrazione di spese e investimenti in difesa. La vera chiave del confronto non è più se spendere, ma come farlo, con quali priorità e su quali settori puntare.

In questo senso il dibattito parlamentare potrà essere stimolante. Le indagini conoscitive che abbiamo già svolto in Commissione Difesa ci hanno fornito elementi preziosi per orientare le scelte: dal rafforzamento della cybersicurezza all’innovazione tecnologica, fino alla tutela delle filiere industriali strategiche.

Mi auguro che la sicurezza nazionale venga sottratta alla diatriba politica e diventi un terreno di responsabilità condivisa, perché si tratta di un tema che riguarda l’interesse generale del Paese e la tutela dei nostri cittadini.

Tra poco sarà pubblicato il Dpp della Difesa, con gli impegni più urgenti e le priorità. Quali ambiti dovremo andare a irrobustire,  a suo avviso?

Guardi, prima di tutto credo che il nuovo Dpp debba affrontare con decisione la questione del personale. È un tema prioritario: mezzi e tecnologie non hanno senso senza organici adeguati. Da tempo registriamo una carenza di uomini e un’età media troppo alta, con particolare sofferenza per Marina e Aeronautica. È necessario pianificare una revisione dei numeri e intervenire anche sul piano economico, perché spesso proprio la retribuzione e le prospettive di carriera incidono sulla difficoltà di reclutamento e di permanenza. Su questo stiamo lavorando e continueremo a farlo, mantenendo alta l’attenzione insieme ai sindacati e a tutto il personale.

Accanto a questo, restano priorità già note e acquisite, come il rinnovo della componente corazzata delle forze terrestri. Ma sarà altrettanto importante mettere un focus sulla difesa aerea, in particolare sulle capacità antidrone, da sviluppare con un corretto rapporto costi/benefici, e sulla componente underwater, che sta diventando sempre più strategica per la sicurezza delle nostre infrastrutture e delle rotte marittime.

Solo con un equilibrio tra valorizzazione del personale e modernizzazione dei mezzi potremo garantire Forze Armate realmente pronte alle sfide di oggi e di domani.


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