Per quanto ardita e completamente falsa, questa equivalenza potrebbe trovare consensi nella realtà in cui viviamo, così vulnerabile alla disinformazione. L’auspicio è che ci sia finalmente una effettiva capacità di contrastare questo tipo di narrazioni, che potrebbero creare nuovi ostacoli al processo di pace appena avviato. Il commento di Marco Mayer
Mentre il piano di pace di Trump sta muovendo i primi passi, Hamas sta già cercando di reagire alla sua sconfitta militare ed al suo inedito isolamento politico. Nonostante il piano preveda il totale disarmo delle brigate Al Qassam e la sua esclusione da ogni futuro governo della Striscia, Hamas sta cercando di garantirsi, in nuove forme, la sua sopravvivenza come organizzazione politica.
Il terreno prescelto è ancora una volta quello della comunicazione pubblica, dimensione in cui l’organizzazione terroristica ha dimostrato di avere notevoli capacità prima e soprattutto dopo il 7 ottobre. Dalle fonti pubbliche disponibili si intuisce che sono due le direzioni delle iniziative di propaganda avviate in questi giorni cruciali. La prima è rivolta a reclutare una nuova generazione di fondamentalisti palestinesi (soprattutto giovani) per riorganizzare la resistenza e ai quali promettere l’eterno paradiso dopo l’eventuale martirio. In questo ambito la comunicazione in arabo punta a diffondere il pensiero e l’azione dei più importanti combattenti che hanno sacrificato la loro vita. Il tentativo è di creare e diffondere un nuovo pantheon di eroi dedicato ai leader che hanno combattuto e sono stati uccisi dopo il 7 ottobre 2023. Si tratta della creazione di un falso mito che nasconde le responsabilità di chi ha usato i civili palestinesi come scudi umani secondo quella che è una vera e propria ideologia della morte. Un esempio recentissimo di questo primo livello di comunicazione è rappresentato dall’esaltazione delle parole pronunciate dal portavoce delle Brigate Quassam Abu Obeida ucciso dalle Idf alla fine di agosto 2025.
Accanto alla campagna tesa a creare nuove forme di adesione e consenso nella società palestinese Hamas sta cercando di far passare in modo sottile e sofisticato un nuovo messaggio all’opinione pubblica internazionale e a quella europea in particolare. Lo scopo è nobilitare le proprie attività terroristiche (7 ottobre compreso) per accreditare una idea positiva dell’organizzazione. Ciò avviene in parte sfruttando il network Pro-pal nonché una parte (influente, ma reputo minoritaria) della vasta rete della Fratellanza Mussulmana presente in Europa e negli Stati Uniti. Ma l’aspetto più insidioso è il nuovo messaggio veicolato da diversi canali televisivi e social media e, innanzitutto, da Al Jazeera. A questo proposito è emblematico il programma “Inside Story” andato in onda venerdì (What’s next for the Palestinian resistance movements? | Israel-Palestine conflict News | Al Jazeera).
Qual è il messaggio? In sostanza si vuol far passare l’idea che Hamas equivale ad altre organizzazioni di resistenza armata che una volta cessate le ostilità si sono trasformate in movimenti e partiti politici come, ad esempio, è accaduto con Nelson Mandela in Sud Africa. Per quanto ardita e completamente falsa, questa equivalenza potrebbe trovare consensi nella realtà in cui viviamo, così vulnerabile alla disinformazione. L’auspicio è che ci sia finalmente una effettiva capacità di contrastare questo tipo di narrazioni, che potrebbero creare nuovi ostacoli al processo di pace appena avviato.