Tra crisi globali e nuove rivalità, la diplomazia torna al centro del dibattito. La XIV Festival della diplomazia 2025, a Roma dal 14 al 24 ottobre, si interroga sul prezzo da pagare per difendere un ordine mondiale fondato sui valori condivisi. Ambasciatori, accademici e policy maker da tutto il mondo discuteranno di multilateralismo, sfide democratiche e nuovi equilibri geopolitici in una capitale che si afferma come crocevia del dialogo internazionale
In un mondo frammentato in cui sembra prevalere sempre di più la logica della forza, come i recenti scenari internazionali dimostrano, la diplomazia appare come una luce capace di richiamare al dialogo per risolvere conflitti e controversie globali. Ma anche la sua azione è messa a dura prova. Se dalla fine della Seconda guerra mondiale è sembrato che la giustizia e la solidarietà tra Paesi abbiano rappresentato i pilastri del sistema multilaterale, la ridefinizione dell’ordine mondiale pone degli importanti interrogativi sul futuro della governance internazionale.
Quanto vale la democrazia se il suo prezzo è la stabilità economica e la sicurezza nazionale? Quanto può un Paese restare fedele ai propri principi in un ordine internazionale caratterizzato da una crescente frammentazione? Le istituzioni multilaterali, dall’Onu all’Omc, sono ancora in grado di rispondere concretamente alle sfide odierne? Queste sono le domande che guideranno il Festival della diplomazia, in programma a Roma dal 14 al 24 ottobre 2025. Giunto ormai alla sua sedicesima edizione, l’appuntamento annuale si pone l’obiettivo di mettere in luce la vocazione della capitale come la città più internazionale al mondo, grazie alla presenza di oltre 340 ambasciate accreditate presso il Quirinale, la Città del Vaticano e il polo delle Nazioni Unite, 46 istituti e accademie culturali, decine di Ong e università straniere.
“La XVI edizione della manifestazione – spiega Giorgio Bartolomucci, fondatore e segretario generale – si concentrerà proprio su questi temi: quali sacrifici economici, politici e strategici sono richiesti per difendere un ordine mondiale fondato su valori condivisi? È ancora possibile conciliare idealismo e realismo politico in un mondo in cui gli interessi nazionali sembrano prevalere su ogni altra considerazione?”. Il Festival si propone così di stimolare una riflessione collettiva sul prezzo e sul senso della diplomazia nel XXI secolo.
Nel corso della manifestazione, i dibattiti affronteranno le tensioni tra ideali universali e dinamiche geopolitiche contemporanee, con un’attenzione particolare al ruolo di attori chiave come l’Unione europea, le Nazioni Unite e le democrazie liberali. Le democrazie occidentali si trovano infatti sempre più spesso davanti a scelte difficili: difendere i propri principi fondativi o privilegiare il pragmatismo politico ed economico? Dai rapporti con le autocrazie alle decisioni in materia di sicurezza ed energia, il costo del rispetto dei valori democratici si scontra con la necessità di garantire stabilità e competitività.
Gli ambasciatori saranno in prima linea nel confronto sui grandi dilemmi della politica internazionale. Tra i protagonisti di questa edizione figurano Satoshi Suzuki, ambasciatore del Giappone; Vani Rao, ambasciatrice dell’India; Martin Briens, ambasciatore di Francia; Tamara Liluashvili, ambasciatrice della Georgia; Yiorgos Christofides, ambasciatore di Cipro; Lauri Bambus, ambasciatore dell’Estonia; Nita Shala, ambasciatrice del Kosovo; Yerbolat Sembayev, ambasciatore del Kazakistan; ed Esteban Assar Moscosa Bohman, ambasciatore dell’Ecuador.
Accanto ai rappresentanti diplomatici, il Festival ospiterà numerosi esperti e accademici internazionali. Tra questi, John Ikenberry, professore alla Princeton University ; Tony Barber, già redattore e corrispondente estero del Financial Times; Laurie Trautman, direttrice del Border Policy Research Institute presso la Western Washington University; e Daniel W. Drezner, professore di politica internazionale alla Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University.
Tanti protagonisti per un’unica domanda di fondo: in un mondo dove il costo dei principi sembra crescere di giorno in giorno, quanto siamo disposti a pagare per difendere i valori che definiscono la nostra convivenza internazionale?